Il percorso della radio digitale terrestre in Europa è cominciato da diversi anni, e da almeno altrettanto si discute dell’opportunità o meno di prevedere una data per lo switch-off, analogamente a quanto compiuto per la TV.
In realtà, dato che le bande di frequenza interessate dalle nuove tecnologie di norma (fa eccezione il formato HD Radio/IBOC) sono diverse da quella della classica FM, analogico e digitale possono tranquillamente coesistere (soluzione infatti adottata dalla maggioranza dei paesi più attivi in questo settore). L’assenza di una data precisa di abbandono delle vecchie tecnologie ha però inciso sull’effettiva diffusione delle nuove, tanto che ormai la radio digitale terrestre sembra aver assunto lo status di perenne sperimentazione. Durante l’interminabile (e di fatto ancora in corso) fase di transizione, che ha visto anche l’affermazione e successiva decadenza di più di uno standard, hanno fatto prepotentemente il loro ingresso nel mercato le web-radio, il cui sviluppo ora minaccia seriamente il broadcasting, old o new-fashion che sia. Senza contare che le compagnie di telecomunicazioni, sempre più affamate di spettro radio, rivendicano l’assegnazione dell’appetitosa banda L (da sempre dedicata al digitale terrestre radiofonico) rimarcandone l’effettivo scarso utilizzo. Nei paesi dove la nuova radio si è più sviluppata, peraltro, come Svizzera e Germania, si sono effettivamente aperte nuove possibilità per le stazioni emergenti di conquistarsi spazio in termini di copertura e bacini di utenza. Anche grazie alla rapida diffusione di apparecchi riceventi concepiti sia per l’uso fisso che per il mobile, si è verificato almeno in parte quell’effetto virtuoso, dovuto alla moltiplicazione dei canali e dell’offerta, che è stato ampiamente sbandierato ma raramente si è visto all’opera nel digitale terrestre televisivo. Caso particolare è quello della Francia, dove il processo di digitalizzazione sembra essere ormai giunto a una svolta decisiva. A causa dell’esitazione delle autorità nel rilasciare le autorizzazioni per la radio digitale, si sta creando un’inedita contrapposizione tra i grandi gruppi radiofonici privati e le piccole emittenti indipendenti. I primi sostengono che il passaggio al digitale ha costi troppo elevati e pochi vantaggi per gli utenti, anche se il fondato sospetto è che temano l’apertura del mercato e l’erosione delle proprie posizioni dominanti nell’analogico, sul satellite e su internet. Le seconde, invece, puntano proprio sul digitale terrestre per scardinare l’oligopolio, sostenendo la superiorità del broadcast sul broadband in termini di accesso gratuito e diffuso. Un processo inverso, insomma, a quello che si sta verificando nel nostro paese dal lato TV. La differenza, ovviamente, sta tutta nelle premesse, che nel caso della Francia sono rappresentate da un etere assai più regolamentato e assai meno sovraffollato del nostro, dove però la moltiplicazione dei canali ha paradossalmente prodotto la decimazione delle emittenti. (E.D. per NL)