E’ guerra tra due delle più grandi piattaforme di flussi streaming del mondo: TuneIn (il più grande aggregatore al mondo, con un target medio tempore di 150.000 stazioni veicolate) e Pandora (piattaforma di radio cucite su misura dell’utente attraverso un algoritmo che cerca brani simili a quelli segnalati dall’interessato).
Alla base della diatriba, un contratto sottoscritto lo scorso anno da Pandora per la vendita del digital audio di TuneIn nel corso del 2017 con tanto di minimo garantito.
TuneIn, insieme ad AccuRadio (altro webcaster musicale personalizzato con 1000 radio online, 1 mln di utenti unici al mese e 500.000 ore di ascolto al giorno, che da dieci anni collabora con Pandora), aveva aderito al progetto Harmonic Audio Network, una piattaforma adv realizzata da Pandora per gli inserzionisti in streaming audio nata con l’ambizioso obiettivo di fare ordine in un settore in grande crescita ma con margini di incertezza sui dati ancora troppo elevati.
“L’Harmonic Audio Network di Pandora fornirà agli inserzionisti la scala e la semplicità a cui sono abituati, oltre alla qualità di cui necessitano per pianificare acquisti di rete più efficaci”, aveva dichiarato il Chief Revenue Officer di Pandora, John Trimble, a margine della presentazione del progetto. “I clienti ci riferivano che il mercato delle pubblicità audio in streaming era diventato un Far West e quindi necessitavano strutture in grado di fornire garanzie sui dati”. Il target del resto è appetibile: negli USA una quota estremamente rilevante dei 25-54enni (cioè il pubblico ideale per la gran parte delle aziende che investono in pubblicità) è costante fruitrice delle radio online, ascoltate soprattutto sui posti di lavoro, in sottofondo. Per dare un’idea del mercato, nel 2015 il traffico di AccuRadio è cresciuto dell’80% (e non si tratta di una misura d’esordio, posto che il player è attivo da oltre quindici anni), rendendolo il webcaster musicale personalizzato in crescita più rapida negli Stati Uniti.
Sennonché, già nel primo trimestre di quest’anno Pandora avrebbe maturato l’impossibilità di raggiungere gli obiettivi fissati, determinando recriminazioni da parte di TuneIn, secondo il quale il fallimento dell’operazione sarebbe meramente da ricondurre alla scarsa profusione di competenze professionali. “Siamo delusi che Pandora non abbia investito le risorse promesse per favorire l’affermazione del nostro bouquet”, ha dichiarato in un comunicato il CEO di TuneIn John Donham a margine del deposito dell’atto di citazione avanti ad un Tribunale della California per far accertare l’inadempimento contrattuale della concessionaria. Secondo TuneIn, nei primi tre mesi del 2017, Pandora avrebbe venduto appena il 13,9% delle 888.000.000 impression dell’aggregatore (nel contesto della pubblicità online l’impression è la concreta visualizzazione dell’annuncio pubblicitario attraverso un’azione senziente non robotica), a fronte di performance ben superiori delle precedenti strutture di vendite, che sviluppavano la vendita del 60-70% degli spazi disponibili. Tenuto conto che l’aspettativa di TuneIn era di arrivare vicini al 100%, ben si comprende la posizione dell’aggregatore. Per contro, Pandora sostiene che TuneIn non l’avrebbe concretamente posta nelle condizioni di sviluppare il business, tanto che a marzo aveva inviato un preavviso di risoluzione anticipata del contratto. (E.G. per NL)