I punti fermi: la multipiattaforma, cioè la tendenza della radio a presidiare più piattaforme eterogenee distributive dei propri contenuti per esigenze contingenti (progressiva scomparsa dei ricevitori FM stand-alone) e strategiche (opportunità bisensoriali); la radio ibrida, ovvero l’impiego di più vettori per garantire il raggiungimento dell’utenza in attesa del carrier unico in un ambiente totalmente IP, presumibilmente non prima di 15 anni.
Ma nel mentre, se l’atteggiamento degli editori radiofonici che possiamo dividere in negazionisti (quelli che si oppongono a priori a qualsiasi ipotesi di alterazione del modello radiofonico esistente, sia quanto a piattaforma diffusiva, sia in relazione al “concept” radiofonico) ed evoluzionisti, che ammettono la necessarietà di differenti stadi evolutivi del medium, quale è il pensiero dei produttori di apparecchiature di alta frequenza, probabilmente i più toccati sul piano dei cambiamenti tecnologici?Ne parliamo con Gianluca Busi, responsabile di Elenos, uno dei più importanti brand italiani quanto ad apparecchiature broadcast: “Premetto che noi seguiamo e sperimentiamo tutti gli standard per la veicolazione della radio. Per esempio, negli USA e nel Messico, come noto, esiste uno standard che convive con la modulazione di frequenza: si chiama IBOC (o HD Radio, ndr) e consente di veicolare insieme ad un contenuto analogico uno o più contributi digitali. Tale sistema avrebbe avuto grandissimi limiti ad affermarsi da noi, per tutta una serie di vincoli di natura tecnica (mancata pianificazione preventiva) e commerciale (indifferenza dei produttori di ricevitori), senza considerare che anche se garantisce una sopravvivenza della FM nell’era digitale, nell’immediato importa limiti contenutistici, in quanto la capacità trasmissiva per prodotti digitali è limitata dalla co-presenza della componente analogica. In Canada ed in India è stato invece sposato il DRM, soluzione per certi versi affine all’IBOC, così come in Cina, dove dal 2014 è in funzione il CDR (Cina Digital Radio)”.Quest’ultimo opera sotto la sigla GY/T 268.1-2013 ed il relativo studio applicativo è stato pubblicato dalla “State Administration of Press, Publication, Radio, Film and Television of the People’s Republic of China (SAPPRFT)”. Il modello radiofonico digitale cinese utilizza algoritmi LDPC per la correzione degli errori, che, secondo gli ideatori, sono da considerarsi molto più potenti di altri sistemi FEC usati su altri standard radio (circostanza che ridurrebbe di molto il problema della soggezione ai fenomeni interferenziali), mentre la compressione audio è basata sullo schema di codifica cinese DRA.
Nella modulazione di frequenza (l’ambito tipico del formato), il format CDR impiega sottobande di 100 kHz (con un bitrate che può variare da 36 a 356.4 kbps ed una efficienza spettrale massima di 3.56 bit/Hz) ed ogni broadcaster può impiegare da 200 a 800 kHz (nella trasmissione ibrida analogico/digitale sono richiesti 400 kHz) per la veicolazione di 4 o più canali. Un singolo canale di 200 kHz può quindi portare un bitrate da 72 a 712.8 kbps con un rapporto C/N inferiore di 2 dB rispetto a sistemi DRM comparabili. Secondo i cinesi, che stanno sperimentando tre reti a Beijing, Guangzhou (con apparati GatesAir da 5, 10 e 20 kW) e Shenzhen (con un upgrade in 560 città per fine 2016), a 24 kbps la qualità è “quasi FM”, a 48 kbps è “migliore dell’FM e a 64 kbps è comparabile con l’MP3 a 128 kbps”. SAPPRFT ha spiegato che per la ricezione è già pronto un set di chip al silicio per radio FM, che avranno una SD card reader e porte USB. Con un mercato potenziale di oltre un miliardo di ascoltatori e l’imprimatur del governo cinese, il CDR potrebbe affermarsi come uno standard alternativo ad altri formati, ancorché limitato a paesi con una FM non certamente congestionata come quella italiana (anche se la circostanza che il modello non sottrae o condivide risorse spettrali con altri servizi ed assegna un interessante sfruttamento della FM in una fase post analogica lo rende meritevole di approfondimento). “Credo molto nella radio ibrida: vedo un futuro prossimo con le automobili che definiscono in autonomia la piattaforma più opportuna in quel momento sulla base di una serie di valutazioni subordinate (es. presenza del segnale più “economico”; migliore qualità audio; garanzia di continuità di fruizione, ndr). Una convergenza prima o poi avverrà. Dopo l’esperienza europea del DVB-T ora aggiornato a T2 si è compreso che lo switch off ha fatto molti danni. E molti paesi mostrano la propensione a far convivere per lunghi periodi l’analogico ed il digitale con formule di dualcast”, continua Busi.
“Dall’altra parte stiamo seguendo con molto interesse ogni sviluppo relativo alle auto interconnesse, investendo nel nostro aggregatore FM World (attraverso la nostra società 22HBG) e nella realizzazione di app evolute, sulle quali presto avremo delle novità in relazione ad una release sperimentale per la test station NBC Milano – frutto della joint venture con Consultmedia per lo sviluppo della radio ibrida. Credo che i prossimi due/tre anni, con l’avvento del 5G, l’abbattimento dei costi di connessione, lo sviluppo degli algoritmi per favorire la contemporaneità di ascolti, la radio ibrida, che è già sostanziale con il connubio FM/DAB+, avrà uno sviluppo notevole. Ed Elenos vuole anticipare la risoluzione dei problemi tecnici che tale scenario comporterà”. (E.G. per NL)
foto antenne di Floriano Fornasiero |