Pur tra grandi difficoltà collegate alla già segnalata difficoltà degli ascoltatori a metabolizzare la nuova tecnologia digitale, procede la digitalizzazione della radio da parte della Norvegia (già all’attenzione della cronaca tecnologica in queste settimane per la costruzione del più grande data center del mondo).
Il processo posto in essere in questa forma per la prima volta in Europa, ha permesso all’utenza di accedere ad un’offerta più ampia, cosicché la radio pubblica NRK e i player commerciali possono, per la prima volta, offrire gli stessi contenuti in luoghi remoti come Senja esattamente come accade ad Oslo.
“Per il medium radiofonico si tratta del cambiamento tecnologico più grande mai affrontato da industria ed ascoltatori (nemmeno la transizione da AM e FM fu così impattante, ndr) ed è nella logica delle cose che ci siano problemi contingenti”, spiega a Radio World Ole Jørgen Torvmark, CEO di Digital Radio Norway (foto).
“Non si può semplicemente aspettarsi che la popolazione subisca la transizione senza discussioni ed anzi siamo felici nel vedere l’interesse verso la radio, che ne sottolinea la posizione nella vita delle persone”, annota Jørgen Torvmark, buttando acqua sul fuoco dello scarso gradimento denunciato dalle associazioni di utenti norvegesi nella iniziale fase dello switch-over (solo il 24% si dichiarava soddisfatto). “Il problema maggiore fin qui riscontrato risiede nei convertitori in sede di montaggio: gli adattatori richiedono un’attenzione elevata in fase di installazione”.
Al momento NRK garantisce il raggiungimento del 99,7% della popolazione norvegese, mentre i canali commerciali si attestano al 92,8%, con 1.8 milioni di norvegesi che ascoltano la radio tramite DAB su un complesso di 2,8 milioni di fruitori del medium.
“Tuttavia il connubio ideale – continua Ole Jorgen – del DAB e con l’IP: i due vettori, infatti, interagiscono e si integrano perfettamente. Le piattaforme radio Internet di NRK, P4 e Radio Norway offrono servizi di qualità e dispongono di alcune delle migliori piattaforme in Europa. È un’offerta che da molti anni è attiva e che viene regolarmente aggiornata con nuove funzionalità”.
L’esperienza norvegese costituisce un importante banco di prova da cui trarre importanti indicatori su un processo che inevitabilmente interessare anche inoi, anche se difficilmente con le stesse modalità, per tutta una serie di pecualirità di natura territoriale, demografica, tecnica e politica. Sul piano territoriale, sebbene la superficie della Norvegia sia di 385.248 km2 (quella italiana è di 301.340), la popolazione è infatti meno di un decimo della nostra (5.142.000 abitanti contro 60.589.445 italiani), mentre su quello tecnico tutte le automobili vendute in Norvegia sono già fornite di ricevitore radio digitale DAB. Inoltre, molti tunnel sono attrezzati per consentire la ricezione dei programmi in tecnica numerica (così come di connessione IP), così che non vi è soluzione di sintonizzazione. Sul piano contenutistico, poi, l’offerta in DAB è corposa: la radio pubblica dispone di 25 canali, contro i 5 presenti in FM e i mux ospitano tutte le radio commerciali, anche con formule di brand-bouquet (quindi il passaggio ha comportato un valore aggiunto ulteriore per gli utenti).
Ma vi è di più: sul piano tecnico-strategico la migrazione è stata coordinata e concordata con le telco, interessate a sfruttare il DAB+ come tappa intermedia per il passaggio alla radio IP in mobilità; i gestori delle reti 4G (ed in prospettiva 5G), sperano infatti di conquistare nuovi utenti con l’ascolto in streaming. Va infatti tenuto conto che la tecnologia DAB+ è pressoché ad uso esclusivo automobilistico e quindi chi volesse fruirne indoor o comunque non in macchina dovrà fare impiego di altre piattaforme (smartphone, tv, pc), anche in considerazione della già osservata progressiva scomparsa dei ricevitori stand-alone DAB+ (e IP), così come avvenuto per l’FM.
“Solo se si terrà conto di tutte queste considerazioni la radio potrà finalmente evolvere verso il numerico anche da noi. L’errore di fondo, del resto, sta nel considerare DAB+ e IP come alternativi: sono invece piattaforme diffusive complmentari, almeno per i prossimi 10-15 anni, cioè in coincidenza con la presumibile vita della modulazione di frequenza analogica nei paesi sviluppati“, spiega Massimo Rinaldi, ingegnere di Consultmedia (struttura di competenze a più livelli collegata a questo periodico) che ha realizzato una joint venture con primari operatori del settore per la sperimentazione in Italia della radio ibrida (cioè lo sviluppo radiofonico su piattaforme distributive di contenuti eterogenee).
““Crediamo molto nell’ibridizzazione del medium, processo che dappertutto si sta consolidando – spiega Gianluca Busi di 22HBG, partner della j.v. –. E la dimostrazione sta nel progetto FM-World che ha condotto allo sviluppo (frutto di 5 anni di studio ed investimenti in ricerca) del primo aggregatore “tricolore” ibrido (consente attraverso lo smartphone di ascoltare un bouquet costituito dalle principali radio FM e Web con commutazione dalla modulazione di frequenza all’IP e viceversa, ndr) di cui a breve rilasceremo la nuova release“. (E.G. per NL)