Il giornale norvegese Dagbladet ha recentemente commissionato alla società di ricerca Ipsos un’indagine sul gradimento dell’utenza a seguito dello switch-over radiofonico da analogico (FM) a digitale (DAB).
I risultati non sono apparentemente incoraggianti: solo il 24% degli intervistati si è dichiarato soddisfatto del passaggio al DAB, a fronte di un 60% che ha espresso un parere negativo sugli effetti della migrazione e di un 16% che si è dimostrato incerto.
Secondo i broadcaster norvegesi il risultato non dimostrerebbe, tuttavia, una bocciatura tout court della radio digitale, quanto la preferenza di una convivenza tra FM e DAB+ ed in generale una propensione verso la multipiattaforma (tendenza misurata ormai in tutti i paesi tecnologicamente evoluti, dove la radio tende, ove possibile, a declinarsi su FM, IP, DAB+, DTT, sat, smart tv).
Andando a fondo dell’indagine norvegese si scopre tuttavia che il problema principale è di natura logistica. “Molti hanno trovato fastidioso installare un adattatore o altre apparecchiature di conversione”, ha spiegato Ole Jørgen Torvmark, direttore della Digital Radio Norway.
Mentre il periodo di transizione continua, l’emittente pubblica NRK si è impegnata ad implementare la copertura: “Stiamo installando nuovi trasmettitori per migliorare l’illuminazione”, ha spiegato il direttore di NRK, Petter Hox, tra coloro che hanno guidato la Norvegia nel rivoluzionario processo di traduzione in tecnica numerica delle emissioni FM. E ciò nonostante la rete DAB di NRK copra almeno il 99,7% della popolazione a fronte di un requisito normativo del 99,5%.
Ricordiamo che la Norvegia è stata la prima nazione al mondo ad abbandonare le trasmissioni in FM per passare interamente al DAB+ attraverso un processo di siwth-over iniziato l’11/01/2017, alle ore 11.11.11 nella contea del Nordland, integrato il 08/02/2017 nel restante territorio, il tutto secondo una time-map che si concluderà con lo switch-off del 13/12/2017.
Chi volesse trarre dei parallelismi con il mercato italiano dovrà però tener conto di alcune sostanziali differenze: 1) sebbene la superficie della Norvegia sia di 385.248 km2 (quella italiana è di 301.340), la popolazione è meno di un decimo della nostra (5.142.000 abitanti contro 60.589.445 italiani); 2) tutte le automobili vendute in Norvegia sono fornite di ricevitore radio digitale DAB; 3) molti tunnel sono attrezzati per consentire la ricezione dei programmi in tecnica numerica (così come di connessione IP) così che non vi è soluzione di sintonizzazione; 4) l’offerta in DAB è corposa: la radio pubblica dispone di 25 canali, contro i 5 presenti in FM e i mux ospitano tutte le radio commerciali, anche con formule di brand-bouquet, quindi il passaggio ha comportato un valore aggiunto ulteriore per gli utenti; 5) la migrazione è stata coordinata e concordata con le telco, interessate a sfruttare il DAB+ come tappa intermedia per il passaggio alla radio IP in mobilità: i gestori delle reti 4G (ed in prospettiva 5G), sperano infatti di conquistare nuovi utenti con l’ascolto in streaming. Va infatti tenuto conto che la tecnologia DAB+ è pressoché ad uso esclusivo automobilistico e quindi chi volesse fruirne indoor o comunque non in macchina dovrà fare impiego di altre piattaforme (smartphone, tv, pc). “L’errore di fondo, del resto, sta nel considerare DAB+ e IP come alternativi: sono invece piattaforme diffusive complmentari, almeno per i prossimi 10-15 anni, cioè in coincidenza con la presumibile vita della modulazione di frequenza analogica nei paesi sviluppati“, spiega Massimo Rinaldi, ingegnere di Consultmedia (struttura di competenze a più livelli collegata a questo periodico) che ha realizzato una joint venture con primari operatori del settore per la sperimentazione in Italia della radio ibrida (cioè lo sviluppo radiofonico su piattaforme distributive di contenuti eterogenee).
“Crediamo molto nell’ibridizzazione del medium, processo che dappertutto si sta consolidando – interviene Gianluca Busi di 22HBG, partner della j.v. -. E la dimostrazione sta nel progetto FM-World che ha condotto allo sviluppo (frutto di 5 anni di studio ed investimenti in ricerca) del primo aggregatore “tricolore” ibrido (consente attraverso lo smartphone di ascoltare un bouquet costituito dalle principali radio FM e Web con commutazione dalla modulazione di frequenza all’IP e viceversa, ndr) di cui a breve rilasceremo la nuova release“. (M.L. per NL)
I risultati non sono apparentemente incoraggianti: solo il 24% degli intervistati si è dichiarato soddisfatto del passaggio al DAB, a fronte di un 60% che ha espresso un parere negativo sugli effetti della migrazione e di un 16% che si è dimostrato incerto.
Secondo i broadcaster norvegesi il risultato non dimostrerebbe, tuttavia, una bocciatura tout court della radio digitale, quanto la preferenza di una convivenza tra FM e DAB+ ed in generale una propensione verso la multipiattaforma (tendenza misurata ormai in tutti i paesi tecnologicamente evoluti, dove la radio tende, ove possibile, a declinarsi su FM, IP, DAB+, DTT, sat, smart tv).
Andando a fondo dell’indagine norvegese si scopre tuttavia che il problema principale è di natura logistica. “Molti hanno trovato fastidioso installare un adattatore o altre apparecchiature di conversione”, ha spiegato Ole Jørgen Torvmark, direttore della Digital Radio Norway.
Mentre il periodo di transizione continua, l’emittente pubblica NRK si è impegnata ad implementare la copertura: “Stiamo installando nuovi trasmettitori per migliorare l’illuminazione”, ha spiegato il direttore di NRK, Petter Hox, tra coloro che hanno guidato la Norvegia nel rivoluzionario processo di traduzione in tecnica numerica delle emissioni FM. E ciò nonostante la rete DAB di NRK copra almeno il 99,7% della popolazione a fronte di un requisito normativo del 99,5%.
Ricordiamo che la Norvegia è stata la prima nazione al mondo ad abbandonare le trasmissioni in FM per passare interamente al DAB+ attraverso un processo di siwth-over iniziato l’11/01/2017, alle ore 11.11.11 nella contea del Nordland, integrato il 08/02/2017 nel restante territorio, il tutto secondo una time-map che si concluderà con lo switch-off del 13/12/2017.
Chi volesse trarre dei parallelismi con il mercato italiano dovrà però tener conto di alcune sostanziali differenze: 1) sebbene la superficie della Norvegia sia di 385.248 km2 (quella italiana è di 301.340), la popolazione è meno di un decimo della nostra (5.142.000 abitanti contro 60.589.445 italiani); 2) tutte le automobili vendute in Norvegia sono fornite di ricevitore radio digitale DAB; 3) molti tunnel sono attrezzati per consentire la ricezione dei programmi in tecnica numerica (così come di connessione IP) così che non vi è soluzione di sintonizzazione; 4) l’offerta in DAB è corposa: la radio pubblica dispone di 25 canali, contro i 5 presenti in FM e i mux ospitano tutte le radio commerciali, anche con formule di brand-bouquet, quindi il passaggio ha comportato un valore aggiunto ulteriore per gli utenti; 5) la migrazione è stata coordinata e concordata con le telco, interessate a sfruttare il DAB+ come tappa intermedia per il passaggio alla radio IP in mobilità: i gestori delle reti 4G (ed in prospettiva 5G), sperano infatti di conquistare nuovi utenti con l’ascolto in streaming. Va infatti tenuto conto che la tecnologia DAB+ è pressoché ad uso esclusivo automobilistico e quindi chi volesse fruirne indoor o comunque non in macchina dovrà fare impiego di altre piattaforme (smartphone, tv, pc). “L’errore di fondo, del resto, sta nel considerare DAB+ e IP come alternativi: sono invece piattaforme diffusive complmentari, almeno per i prossimi 10-15 anni, cioè in coincidenza con la presumibile vita della modulazione di frequenza analogica nei paesi sviluppati“, spiega Massimo Rinaldi, ingegnere di Consultmedia (struttura di competenze a più livelli collegata a questo periodico) che ha realizzato una joint venture con primari operatori del settore per la sperimentazione in Italia della radio ibrida (cioè lo sviluppo radiofonico su piattaforme distributive di contenuti eterogenee).
“Crediamo molto nell’ibridizzazione del medium, processo che dappertutto si sta consolidando – interviene Gianluca Busi di 22HBG, partner della j.v. -. E la dimostrazione sta nel progetto FM-World che ha condotto allo sviluppo (frutto di 5 anni di studio ed investimenti in ricerca) del primo aggregatore “tricolore” ibrido (consente attraverso lo smartphone di ascoltare un bouquet costituito dalle principali radio FM e Web con commutazione dalla modulazione di frequenza all’IP e viceversa, ndr) di cui a breve rilasceremo la nuova release“. (M.L. per NL)