Siamo al delirio: per (tentare di) risolvere il problema dell’insufficienza delle frequenze per lo sviluppo della radiodiffusione sonora in tecnica digitale terrestre (DAB+), Giacomelli inventa la riassegnazione della banda VHF aprendo la porta ad un ginepraio di ricorsi giudiziari da parte di network provider DTT che nell’ultimo quadrimestre 2016 si sono visti assegnare proprio le frequenze che lui vorrebbe ora ridistribuire.
Ma andiamo per ordine. Ricevuto il prevedibile “non se ne parla nemmeno” dal Ministero della Difesa relativamente all’inutilizzato ma indisponibile (visti i chiari di luna militari) canale 13 (che peraltro sarebbe stato comunque insufficiente a risolvere la migrazione sul DAB+ anche dei soli programmi esistenti in FM), il sottosegretario al Mise Antonello Giacomelli, ponendo la questione DAB+ in correlazione con la riassegnazione dei canali sub 700 MHz prevista entro il 2020 (ma più probabilmente per il 2022) ha così affermato: “Nel nostro sistema, a regime, le frequenze in Vhf saranno destinate esclusivamente a Rai 3 e Dab+, attraverso una road map che l’Italia intende intraprendere per mantenere gli impegni europei in tema di coordinamento radioelettrico con i paesi confinanti” (cioè l’annosa questione delle interferenze internazionali). Il punto di partenza è l’efficace sfruttamento delle risorse scarse, cioè il pieno utilizzo di ogni frequenza, perché lo spettro radioelettrico deve essere come il maiale, di cui non si butta via niente. “Non ci possono essere mux sottoutilizzati”, ha sottolineato il sottosegretario, anticipando la volontà di relegare le diffusioni regionali DTT di Rai 3 in VHF, creando spazio tra i canali VHF 5-11 per altri mux DAB+. Una soluzione che certamente non piacerà a RAI e nemmeno agli utenti, che dovranno intervenire nuovamente sui sistemi di ricezione tv che, nelle aree dove non erano più presenti emissioni in VHF – come gran parte della Lombardia, del Piemonte, della Marche e del nord della Puglia – sono prive di antenne in banda III sui tetti. Tuttavia, per Giacomelli “è difficile immaginare che nel processo di riorganizzazione delle frequenze non venga chiamato in causa, oltre a soggetti privati, anche il soggetto pubblico”. Non solo, il Ministero dello S.E. ha recentemente disposto, con determine DGSCERP, l’approvazione delle graduatorie per il rilascio dei diritti d’uso di frequenze attribuite a livello internazionale all’Italia – c.d. frequenze coordinate – non assegnate ad operatori di rete nazionali per il servizio televisivo digitale terrestre, a conclusione delle procedure avviate con i bandi pubblicati il 02/05/2016. Le frequenze sono state aggiudicate esclusivamente da operatori di rete in ambito locale, collocati utilmente in graduatoria, secondo le modalità disposte dalla legge di stabilità 2015 (L. 190/2014, art. 1, comma 147). E a seguito di tale procedura sono stati attribuiti in Lombardia, Abruzzo, Campania, Puglia e Basilicata proprio alcune risorse tra i pianificati canali 6, 7 e 11 VHF. Come possa essere possibile coordinare trasmissioni DTT e DAB+ su frequenze adiacenti negli stessi territori o in aree estremamente limitrofe è il consueto mistero da ministero. La sensazione è che si voglia passare la patata bollente, ancora una volta, alla magistratura amministrativa coi risultati che il DTT ci ha fin qui mostrato. (M.L. per NL)