FNAC e Unieuro inseriscono nei loro cataloghi le radio digitali di Pure Italia, che però rischiano di rimanere oggetti assai misteriosi per i consumatori italiani, stante la quasi totale assenza di informazioni sull’esistenza e la consistenza delle emittenti che trasmettono in tecnica numerica.
Mettere in circolazione in tutta Italia apparecchi che, nella più ottimistica delle previsioni (quella presente sul sito di RayWay) saranno in grado di ricevere programmi solo sul 40% del territorio nazionale, appare un’operazione abbastanza azzardata. Pare crederci però l’ARD (Associazione per la radio digitale in Italia – non cercate il sito internet perché incredibilmente risulta essere ancora in costruzione…), che ha anche lanciato una classificazione dei ricevitori tramite “bollini” ricalcata in maniera evidente sull’analoga iniziativa di DGTVi per gli apparecchi che ricevono la TV digitale terrestre. Il sospetto a questo punto è che si voglia sfruttare il traino delle campagne comunicative sulla digitalizzazione della TV, con tutto il loro potenziale retorico incentrato sulle mirabili prospettive oltre lo switch-off, per far credere che qualcosa di simile si stia svolgendo contemporaneamente anche per la radio. Tutta l’operazione insomma sa molto di marketing e poco di rispetto per i consumatori. Chiunque abbia seguito e segua le vicende della radio digitale in Italia sa che siamo ben lontani dall’aver definito una qualsivoglia pianificazione in termini di sviluppo della copertura e dei servizi. E per il momento nessuno osa pensare che si possa sostituire la vecchia e gloriosa FM con il DAB, DAB+, DRM, T-DBM o HD Radio che sia. Del resto nel nostro paese, fin dall’inizio delle sperimentazioni, la scelta è stata chiaramente quella di far coesistere il vecchio e il nuovo, attraverso l’uso per la diffusione digitale di bande di frequenza ben diverse da quelle in uso per l’analogico. E poi che dire del canale web, anch’esso digitale, attraverso i quali la radio si sta ritagliando nuovi e sempre più importanti spazi? Significativo è il fatto che la maggior parte degli apparecchi ora in commercio siano dotati anche di sintonizzatore FM e, in misura minore, di collegamento a internet via wi-fi per ricevere le web-radio. Insomma, la vera e propria radio digitale via etere sembra essere una caratteristica accessoria per eccentrici appassionati più che il vero e proprio “cuore” di questi ricevitori, che rischiano di naufragare nell’oceano dell’offerta, stante anche il differenziale di prezzo che i consumatori difficilmente capiranno. Il settore dove invece gli standard del digital broadcasting potrebbero fare veramente la differenza è quello del mobile ad alta velocità (leggasi auto), dove la concorrenza di FM e internet potrebbe essere facilmente surclassata in termini di disponibilità e qualità. Una possibilità che però attualmente il mercato sembra non voler considerare. (E.D. per NL)