Radio digitale, Francia: switch-over nel 2012. Anzi no

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Un post di Andrea Lawendel, del 1°settembre, su Radio Passioni rivisita un articolo apparso sul Corriere della Sera del giorno precedente, a opera di Edoardo Segantini, sul futuro della radio digitale, in Francia e, di riflesso, in Italia e nel resto del mondo.

Lawendel esordisce definendo il pezzo di Segantini “un articolo al chiaroscuro”. L’errore di fondo risiederebbe  nell’errata interpretazione del calendario che, nel prossimo futuro, porterà la Francia (così come il resto d’Europa) allo switch off della televisione analogica, ossia al suo definitivo spegnimento. Secondo il Corriere, il governo francese avrebbe fissato per il 2012, di pari passo con l’addio al vecchio standard televisivo, anche lo switch over (senza, cioè, l’addio alla radio analogica, ma con un’iniziale coabitazione) radiofonico, con l’introduzione del nuovo standard T-DMB (che, a detta di alcuni esperti, andrebbe a discapito delle piccole emittenti). In realtà si tratta di un’imprecisione e Lawendel riporta, in proposito, la testimonianza di Albino Pedroia, docente della Sorbona di Parigi e grande esperto in materia. Pedroia avrebbe, infatti, ricevuto l’assicurazione da parte di David Kessler, il delegato da parte del governo francese all’esplorazione del futuro della radiofonia digitale, che non esiste ancora alcun tipo di calendario per un eventuale switch over radiofonico. “L’ho incontrato – scrive – e mi ha confermato che a fine settembre pubblicherà un "raport d’étape" il cui scopo è di testare alcune ipotesi di soluzioni/proposte. Dopo questa prima pubblicazione riceverà di nuovo gli attori del mercato per raccogliere le loro reazioni. A fine novembre pubblicherà il rapporto finale con le sue raccomandazioni. Quindi fino a fine novembre il CSA non farà niente, evidentemente. Quindi niente appalti, nessun calendario, ecc.”. Non esistono calendari già prestabiliti, quindi, mentre per quanto riguarda la tv tutto è già stato deciso. Passando all’Italia, poi, l’articolo del Corriere (dal titolo “Il futuro di nonna radio) sostiene che il programma stilato dall’Agcom imponga alla radio di seguire, da brava sorella minore, la road map della televisione, convertendosi così al digitale nei medesimi tempi di quest’ultima. Inoltre, riporta le parole di Alberto Morello, direttore del centro ricerche Rai di Torino, che parla di una nuova tecnologia per la radio digitale. “Entro la prima metà del 2011 – dice – definiremo una tecnologia per la radio e la televisione mobile di nuova generazione, il cosiddetto Dvb-Ngh (Digital video broadcasting – Next generation handheld, ndr). Questo sistema avrà capacità di molto superiori all’ attuale Dab-Dmb, che già garantisce qualità audio simile al cd”. Una radio, secondo queste parole, sempre più, quindi, in competizione con gli altri media, new e tradizionali e sempre più spogliata delle proprie prerogative che, a distanza di un secolo, continuano e permetterne l’esistenza e la – più o meno – buona salute. Anche in questo caso il post di Radiopassioni esprime il proprio disaccordo, sottolineando come il Dvb-Ngh di cui parla Morello non sia altro che l’evoluzione del sistema DVB-H, “di stampo prettamente televisivo” e che già in passato ha ottenuto un fiasco dal punto di vista commerciale. A questo punto, meglio lo standard francese del T-DMB che, seppur anch’esso molto “televisivo”, meglio si adatta, secondo Lawandel alla trasmissione dei dati audio. In sostanza, secondo l’esperto di Radiopassioni, che continua a essere scettico circa un futuro digitale della radio, bisognerebbe piantarla con la rincorsa alla concorrenza televisiva o, ancor peggio, a quella di internet: la radio non ne sarà mai un sostituto, né tanto meno un surrogato. La radio, analogica o digitale che sia (e, in entrambi i casi, con i propri pro e i propri contro), non può prescindere dal continuare e restare se stessa, cercando piuttosto di migliorarsi dal punto di vista dei contenuti, dei palinsesti, piuttosto che da quello degli standard tecnologici. Solo così potrà preservare quello che Lawandel chiama “principio di biodiversità mediatica” e quindi costruirsi un futuro nella giungla dei media. (G.M. per NL)

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