Ne parlavamo prima delle vacanze: l’I-Phone avrebbe costituito la radio digitale ad immediata fruibilità. Piuttosto che lanciarsi in improbabili sperimentazioni dirette, destinate a territori ristretti e senza parco utenti, posta l’assenza di ricevitori in commercio, gli editori radiofonici italiani dovrebbero concentrarsi di più sul patrimonio impiantistico diretto (la modulazione di frequenza, cui gli ultimi studi hanno aumentato notevolmente l’aspettativa di vita analogica) e sul prodotto editoriale, indirizzando la colonizzazione in ambiente digitale a partnership con carrier dalla consolidata presenza (in termini di utenza in grado di ricevere i programmi veicolati), che peraltro sono e saranno sempre più alla ricerca di fornitori di contenuti di spessore. D’altra parte, la regola classica non cambia: sono gli operatori a doversi adattare alle tecnologie dominanti, senza pretendere ad ogni costo di imporne di nuove. Allo stato, sembra che l’esperienza del DAB-T abbia insegnato qualcosa solo ad Alberto Hazan, che ha compreso che, a volte, anche il ruolo di mero content-provider (ma di qualità) può essere vantaggioso, se l’alternativa è quella di fungere da carrier a vuoto (nel senso di “senza utenti”). I dati diffusi a riguardo dell’ascolto radio attraverso I-Phone confermano quanto supposto: Virgin Radio e Radio 105 Classics hanno totalizzato rispettivamente 104.822 e 66.767 download, mentre Radio 105 38.978, RMC 20.590 e RMC2 25.589. Di queste 33.940 applicazioni di Virgin Radio Italy e 29.321 di Radio 105 Classics “The only vintage station” provengono dagli USA, a sottolineare la qualità dei prodotti italiani che riescono a sfondare in un mercato radiofonico altamente competitivo. E’ forse il caso che i concorrenti si sveglino.