Come illustrato in precedente articolo, con la delibera 602/14/CONS pubblicata nei giorni scorsi sul sito dell’Agcom, è stata approvata l’estensione del piano provvisorio di assegnazione delle frequenze per il servizio radiofonico digitale).
Il provvedimento, si ricorderà, ha esteso nelle Regioni Valle d’Aosta e Umbria, ciascuna delle quali costituenti un bacino d’utenza, e nelle Province di Torino e Cuneo, formanti un bacino di utenza unico, la pianificazione delle frequenze per il servizio radiofonico digitale, ai sensi del Regolamento di cui all’Allegato A della delibera n. 664/09/CONS. Nei bacini di cui sopra, sono stati pianificati provvisoriamente per il servizio di radiodiffusione sonora terrestre in tecnica digitale i blocchi di frequenze della banda 174-230 MHz (banda VHF-III), come definiti dalla canalizzazione internazionalmente adottata, secondo il seguente schema: in Val d’Aosta i blocchi 12A, 12B, 12C alla Rai-Radiotelevisione Italiana e alle reti nazionali; il 12D alle reti locali; nelle province di Torino e Cuneo i blocchi 12A, 12B, 12C alla Rai-Radiotelevisione Italiana e alle reti nazionali e i blocchi 12D, 10A, 10B, 10C, 10D alle locali; in Umbria, i blocchi 12A, 12B, 12C alla Rai-Radiotelevisione Italiana e alle reti nazionali, mentre i blocchi 12D, 10A, 10B, 10C, 10D alle locali. Le reti saranno realizzate in tecnica isofrequenziale mentre i blocchi di frequenze dovranno essere utilizzabili nel rispetto dei vincoli radioelettrici che assicurano la compatibilità con le utilizzazioni dei Paesi confinanti in conformità dell’Accordo di Ginevra 2006 ed assicurando, altresì la compatibilità con le utilizzazioni degli altri bacini. Le condizioni di utilizzo dei blocchi di frequenze in ciascun bacino potranno essere riviste a seguito della successiva pianificazione di bacini radioelettricamente confinanti. Analizzando a fondo il provvedimento, emergono, essenzialmente dal preambolo, elementi di interesse per valutare le concrete conseguenze dell’applicazione della delibera e i probabili sviluppi tecnico-amministrativi della questione. Anzitutto, in sede di consultazione preventiva con gli operatori, è stato sottolineato come nella situazione attuale "la radiofonia digitale abbia già raggiunto un buon livello di diffusione, superando il punto critico di non ritorno per lo sviluppo della radiofonia digitale, come sarebbe reso evidente dalle seguenti cifre prospettate da alcuni: i) copertura nazionale raggiunta del 65%, con un servizio che copre oltre 3.500 km di autostrade; ii) 90 programmi ricevibili in Alto Adige, dove tradizionalmente il servizio ha visto una estesa penetrazione tra gli utenti; iii) 1200 punti vendita in Italia che commercializzano ricevitori digitali con almeno 100.000 ricevitori venduti; iv) circa 120 modelli di auto con ricevitore DAB+ in optional e circa 30 modelli di auto con ricevitore DAB+ di serie". In tale sede va da subito osservato come sia sollecitata dai network provider una pianificazione di altre aree territoriali, a partire, ad es. da Friuli Venezia Giulia, Toscana, Liguria e Lazio per poter servire il più rapidamente possibile almeno il 70% – 80% della popolazione nazionale e le più importanti arterie autostradali, tenendo conto che la modalità di fruizione prevalente della radiodiffusione sonora digitale è da autoradio (il tutto auspicando la definizione di un calendario generale di pianificazione del territorio di tutto il Paese, anche triennale, al fine di dare certezze agli operatori e all’industria interessata alla radiofonia digitale). In sede di consultazione, è stato poi fatto presente come il mercato italiano stia assumendo una notevole rilevanza nel contesto europeo ed è di notevole interesse anche per le imprese manifatturiere, mentre è ritenuta anacronistica, vista la esigua disponibilità di risorsa spettrale, la previsione di garantire agli operatori di rete locali privati fino a 11 blocchi di diffusione, al fine di soddisfare le richieste dei fornitori di contenuti di cui all’articolo 3, comma 14, del Regolamento. L’eventuale competizione comparativa tra i consorzi delle emittenti locali, alla stessa stregua di quanto già fatto per i consorzi delle emittenti nazionali in Trentino-Alto Adige, è stata valutata positivamente al fine di avviare comunque il servizio anche nelle aree in cui, in ragione di una presenza di soggetti operanti esuberante rispetto alle risorse disponibili, non si possa garantire agli operatori di rete locali gli 11 blocchi suddetti. Nondimeno, alcuni operatori hanno annotato come una piccola percentuale di emittenti, stimata approssimativamente al 10% del totale di 900 emittenti operanti in tecnologia analogica nella banda di frequenze 87,5-108 MHz (c.d. banda FM) su base locale, voglia investire sulla radiofonia digitale, ragion per cui è stato chiesto "che il processo di digitalizzazione non si arresti per la mancanza di risorse, consentendo a chi intende investire di dare un ulteriore impulso allo sviluppo del mercato della radiofonia digitale". È stata poi proposta l’abrogazione dell’art. 12, comma 6, del Regolamento, riguardante la concessione dei diritti di uso delle frequenze in ambito locale esclusivamente a consorzi che presentino le caratteristiche previste dallo stesso comma, norma ritenuta inapplicabile per diverse motivazioni. Da parte di alcuni player è stato proposto, in considerazione della situazione esistente nell’analogico, di pianificare la banda FM, delineando altresì un calendario di switch-off, per avviare l’utilizzo in tale banda di altre tecnologie, in ogni caso, chiedendo di prevedere che le emittenti nazionali, così come le emittenti a copertura regionale, irradino in analogico in isofrequenza, tecnica che razionalizzerebbe la distribuzione degli impianti sul territorio con un consistente risparmio di risorse radioelettriche e costi di gestione della rete. Da tutti i partecipanti alle consultazioni preventive è stato invece espresso l’auspicio che venga finalmente attribuito al servizio di radiodiffusione sonora la banda di frequenze 230-240 MHz (il c.d. canale 13 VHF). Diversi network provider hanno quindi sottolineato come l’attuale situazione economica abbia inciso negativamente sui bilanci delle emittenti, che hanno registrato una riduzione degli introiti di oltre il 40%, lamentando nel contempo la mancanza di iniziative da parte del Governo che prevedano un adeguato sostegno allo sviluppo del servizio attraverso lo stanziamento di fondi da elargire alle emittenti, auspicando la creazione di un tavolo tecnico, aperto a tutte le istituzioni, che abbracci tutte le problematiche di settore. Diverse emittenti hanno domandato la revisione dell’obbligo di assegnare a ciascun fornitore non meno di 72 Capacity Unit (CU), di cui all’art. 14 (Obblighi dell’operatore di rete) del Regolamento, in considerazione del fatto che la tecnologia consente maggiore flessibilità di utilizzo delle CU con una qualità più elevata rispetto alla diffusione in tecnica analogica, con conseguente possibilità di diffusione di nuovi programmi nativi digitali. Per conto proprio, la RAI ha evidenziato "il grande interesse dell’azienda per la radiofonia digitale, con significative risorse economiche stanziate per lo sviluppo del servizio DAB+" e quindi la propria adesione alla proposta di estensione del servizio in ulteriori aree territoriali, auspicando un percorso sistematico basato sull’allargamento delle aree di servizio per bacini limitrofi, in particolare orientato ad assicurare primariamente la copertura delle grandi direttrici di mobilità, tenuto conto delle modalità prevalenti di fruizione del servizio. La Rai ha però espresso "qualche preoccupazione sui tempi, che debbono essere considerati un aspetto assolutamente cruciale per il successo della radiofonia digitale, osservando che da quando l’Autorità ha adottato il Regolamento, il servizio è stato pianificato solo in due Province". In proposito, la concessionaria pubblica ha sostenuto la necessità di dare una prospettiva certa all’assetto a lungo termine del sistema radiofonico nazionale dato che potrebbero non esserci le condizioni economiche necessarie per sostenere la prolungata coesistenza di due piattaforme tecnologiche (quella analogica in FM e quella digitale in DAB+) utilizzate per trasportare contenuti sostanzialmente identici. Anche la mancanza di certezze sulle risorse frequenziali effettivamente disponibili a regime per il servizio radiofonico digitale rischia, secondo la concessionaria pubblica "di orientare in maniera conservativa le scelte industriali dell’azienda". Nei riguardi del coordinamento internazionale, la Rai ha evidenziato la presenza di criticità in alcune aree di confine, in particolare zone costiere ad alta affluenza turistica, e rammenta come il blocco 12B, destinato alle emittenti nazionali, non risulti coordinato sull’intero territorio italiano e anche ove ciò si verificasse, risulterebbe tutta da verificare la possibilità di realizzare una rete SFN con programmazione articolata a livello regionale. Per quanto riguarda invece gli aspetti relativi all’uso efficiente delle risorse frequenziali, la Rai ha rinnovato "il proprio impegno a utilizzare le più moderne tecnologie disponibili, comprese le reti SFN, senza tuttavia dimenticare come gli obblighi derivanti dal contratto di servizio pubblico in termini di qualità di ricezione e regionalizzazione del servizio, impongano la disponibilità di una quantità adeguata di risorse". Un ente esponenziale ha invece espresso il proprio disaccordo sull’ipotesi di estensione della pianificazione prospettata dall’Autorità. L’associazione ritiene che ai sensi del Regolamento "debbano essere preventivamente definiti i bacini di utenza e debbano essere individuate le risorse radioelettriche disponibili sull’intero territorio nazionale. Le sperimentazioni in corso non paiono, peraltro, a parere dell’associazione, conformi alle previsioni di cui all’art. 21, comma 3, del Regolamento e hanno, in alcuni casi, una composizione dei multiplex difforme da quanto previsto da tale delibera (presenza, in alcuni casi, di contenuti che non costituiscono simulcast dell’analogico, secondo le definizioni della delibera stessa)". In questo quadro, sostiene l’associazione, "proseguire nello sviluppo del servizio radiofonico digitale con l’estensione del servizio a ulteriori aree di territorio non farebbe altro che cristallizzare per un tempo indefinito una situazione non conforme alla normativa vigente. Estendere il servizio in modo parziale alle sole aree dove sono disponibili, peraltro solo teoricamente, risorse, ad avviso dell’associazione significa relegare ad operare in poche aree del territorio italiano le radio locali, che, in alcuni casi, nelle loro zone hanno ascolti superiori alle radio nazionali e alla stessa Rai. Da un punto di vista formale, l’associazione rileva che la convocazione in audizione di soggetti diversi dalla concessionaria pubblica e dalle associazioni nazionali di categoria maggiormente rappresentative, non è prevista dal Regolamento". A parere dell’associazione, la procedura da seguire deve prevedere innanzitutto la definizione dei bacini di utenza per l’intero territorio nazionale e la quantificazione delle risorse disponibili, bacino per bacino. Inoltre, una volta accertata l’insufficienza delle risorse rispetto alle previsioni del Regolamento, si dovrebbe procedere al reperimento di eventuali risorse aggiuntive quali, ad esempio, i blocchi del c.d. canale 13 VHF, prima di procedere alla definitiva pianificazione ed alla concessione dei diritti d’uso. Preso atto delle osservazioni avanzate, Agcom ha evidenziato alcuni aspetti che attengono alla vigilanza sul rispetto degli atti autorizzatori e di concessione dei diritti d’uso. Anzitutto, la scelta delle aree alle quali estendere la pianificazione è generalmente condivisa dai soggetti sentiti, i quali tuttavia avrebbero preferito un’estensione per aree contigue. Allo stato delle risorse disponibili, le aree indicate presentano una situazione favorevole in relazione alle esigenze del servizio televisivo e delle attività di coordinamento internazionale, necessario per il pieno utilizzo delle risorse ed infine anche in relazione al numero di emittenti radiofoniche presenti nei bacini individuati dalla presente pianificazione. Infatti dagli elenchi dei fornitori di servizi radiofonici locali concessionari, pubblicati sul sito del Ministero dello sviluppo economico, risultano presenti 5 soggetti in Valle d’Aosta, 18 soggetti in Umbria e un totale di 65 soggetti in tutta la Regione Piemonte. Parimenti condivisa da Agcom è la proposta di identificazione come singoli bacini di utenza delle Regioni Valle d’Aosta e Umbria e dell’unione delle Province di Torino e Cuneo (che per la digitalizzazione del servizio televisivo erano state identificate come Area tecnica Piemonte Occidentale). L’indicazione di favorire la copertura delle grandi direttrici di traffico automobilistico nel programma di estensione graduale della pianificazione è senza dubbio meritevole di attenzione, secondo l’ente di garanzia, che ha sottolineato, peraltro, come "seguendo tale criterio possano già ipotizzarsi estensioni in aree posizionate all’interno del territorio nazionale che presentano minori criticità nei confronti del coordinamento internazionale (si pensi, ad esempio, alle Province di Arezzo, Siena, Firenze Prato, Pistoia, Bologna, Modena, Reggio Emilia, o anche il Sud Lazio, la Campania e così via)". Condivisibile per Agcom è certamente l’indicazione di accelerare per quanto possibile la pianificazione sull’intero territorio nazionale, stabilendo anche un cronoprogramma che offra uno scenario di certezze agli operatori e all’industria impegnati nello sviluppo della radiofonia digitale. In proposito, ha spiegato l’Autorità, "occorre rilevare che al momento sussistono numerose questioni aperte nel campo della televisione digitale (che condivide la banda VHF-III con la radiofonia), questioni che non consentono ancora una valutazione accurata delle risorse che saranno disponibili e delle tempistiche. È tuttavia presumibile che nel corso del 2015, auspicabilmente nella prima metà dell’anno, il panorama regolamentare e di mercato sarà maggiormente definito. Va rammentato infatti che se da un lato l’esito della gara per la concessione di diritti d’uso per reti nazionali DVB-T ha lasciato liberi i canali VHF 6, 7 e 11, tuttavia le procedure comunitarie che hanno interessato tale gara non sono ancora concluse e pertanto le risorse non possono considerarsi disponibili. Inoltre, non sono giunti a un sufficiente grado di definizione i coordinamenti internazionali sulla banda VHF-III, in base ai quali si determinano le ripartizioni di risorse con i Paesi confinanti". Va tuttavia osservato, ha spiegato l’ente, "che per quanto riguarda la Valle d’Aosta, le esigenze possono essere soddisfatte dal solo canale 12 VHF ed in ogni caso la Regione è radioelettricamente schermata rispetto ai Paesi esteri. Parimenti schermata si presenta la Regione Umbria, la quale, peraltro, viene considerata al di fuori della area di reciproco interesse sia sul versante tirrenico (con la Francia), sia dal lato adriatico con i Paesi balcanici. Il bacino del Piemonte occidentale, certamente schermato dal lato francese, è suscettibile di impatti con le utilizzazioni svizzere, ma si ritiene che si possa assicurare il servizio nel bacino assicurando al contempo il rispetto dei vincoli di coordinamento internazionale". In merito alla eventuale impossibilità di realizzare una rete SFN sull’intero territorio nazionale per indisponibilità del medesimo blocco di diffusione, Agcom ha osservato "che la tecnologia isofrequenziale ben può, anzi deve, essere impiegata per macro-aree di diffusione, della maggiore estensione possibile, ma che non esistono prescrizioni rigide che impongano ad una rete nazionale di impiegare il medesimo blocco su tutto il territorio. Inoltre, nei riguardi delle possibili criticità paventate dalla Rai per la regionalizzazione dei programmi, si rammenta che, seppure tale regionalizzazione appaia un intento ragionevole, non risulta dal Contratto di servizio un obbligo specifico in tal senso per la diffusione in digitale ed, in ogni caso, il Regolamento prevede la riserva di un singolo blocco di frequenze". L’esiguità delle risorse disponibili suggerisce di prendere in considerazione la destinazione alla radiofonia digitale anche della banda 230-240 MHz (c.d. canale 13 VHF), attualmente attribuita dal Piano Nazionale di Ripartizione delle Frequenze (PNRF) al servizio fisso e mobile e gestita dal Ministero della Difesa e nel quale potrebbero essere reperiti sino a sei blocchi di trasmissione DAB+. Al riguardo l’Autorità ritiene "opportuna una sollecitazione al Ministero dello sviluppo economico, affinché si faccia carico di interloquire con il Ministero della difesa per valutare ogni possibilità in tal senso, eventualmente limitando l’impiego di tale canale, o di solo alcuni blocchi dello stesso, esclusivamente nelle aree in cui maggiori sono le necessità". Meritevoli di approfondimento sono state ritenute da Agcom le proposte di rivedere le disposizioni del Regolamento alla luce degli sviluppi successivamente intervenuti sia in tema di risorse di spettro e sulla base delle prime esperienze nelle procedure di assegnazione previste dal Regolamento stesso. In particolare, ha spiegato l’Autorità, "ci si riferisce all’ipotesi di prevedere, all’occorrenza, procedure concorsuali anche per gli operatori locali, laddove si verifichi uno sbilanciamento tra blocchi da assegnare e numero di soggetti pretendenti. Peraltro, va rammentato che il Regolamento è stato adottato per disciplinare la fase di avvio del mercato, pertanto è insita la sua natura transitoria e di rivedibilità via via che la sua implementazione concreta ne mostra l’esigenza. In ogni caso, la eventualità di revisione del Regolamento non può essere definita in questa sede, ma richiederà ulteriori approfondimenti e lo svolgimento di un apposto procedimento. Lo sviluppo della radiofonia digitale, cioè l’apertura di un nuovo mercato per il servizio di radiodiffusione sonora, potrà altresì favorire, si ritiene, un riassetto del settore che potrà interessare anche la banda FM, la quale presenta una situazione sostanzialmente “congelata”. Infatti ai sensi dell’art. 42 comma 10 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, come modificato dal decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 44, “l’Autorità adotta il piano nazionale di assegnazione delle frequenze radiofoniche in tecnica analogica successivamente all’effettiva introduzione della radiodiffusione sonora in tecnica digitale e allo sviluppo del relativo mercato”. Come noto, la banda FM è affetta da notevoli problemi di qualità del servizio dovuti alla congestione di utilizzazioni. Pertanto una eventuale pianificazione di detta banda, come da più parti invocata, potrà essere valutata con maggiore concretezza, salvo che un intervento legislativo non modifichi le disposizioni sopra richiamate, solo una volta che si realizzi lo sviluppo concreto del relativo mercato della radiofonia digitale In ogni caso, allo stato, l’Autorità, pur condividendo la necessità in prospettiva di un intervento di pianificazione nella banda FM, per i vincoli legislativi richiamati non può adottare alcun provvedimento al riguardo". Non appare invece fondata per Agcom la pretesa di non procedere alla pianificazione graduale del territorio per attendere la disponibilità in ogni bacino di risorse adeguate, attesa che sarebbe subordinata anche alla disponibilità del c.d. canale 13 VHF (come detto, attualmente non attribuito dal PNRF alla radiodiffusione) vista l’insufficienza di risorse considerata come certa dalla stessa associazione. "Il Regolamento – osserva l’ente – non esplicita alcun vincolo a procedere in tal senso, anzi, al contrario, facendosi carico di promuovere lo sviluppo della radiofonia digitale si esprime in termini di gradualità, laddove al comma 2 dell’art. 13 dispone che l’Autorità individui “le frequenze assegnabili nelle aree territoriali nelle quali si è concluso il passaggio definitivo alla trasmissione televisiva digitale”, processo che, come noto, si è svolto gradualmente sul territorio, sulla base di un calendario stabilito con decreto ministeriale. Pertanto l’Autorità avrebbe ben potuto pianificare le risorse sul territorio per la radiofonia digitale in modo parallelo rispetto alla pianificazione per la televisione digitale, seguendo lo stesso calendario". Non condivisibile per Agcom, e anzi opposta alle pressanti sollecitazioni provenienti dalle altre associazioni e dalla Rai, appare altresì la pretesa di congelare il sistema e quindi la possibilità di concreto sviluppo del servizio, finché non ci sarà disponibilità dell’intera quantità di risorse di spettro che l’associazione ritiene necessarie (e che però fin d’ora ritiene non disponibile). Come noto, l’intera attività di pianificazione delle bande di frequenza attribuite ai servizi di radiodiffusione, finalizzata a favorire un’ordinata transizione e sviluppo delle tecnologie digitali, si inserisce in un complesso processo che si è svolto in un arco temporale di durata notevole ed è tuttora in corso, via via adattandosi ad esigenze di varia natura, sia nazionali sia di coordinamento internazionale. "Quanto mai singolare (e invero in contrasto con una delle missioni più importanti dell’Autorità e cioè favorire l’apertura dei mercati e l’innovazione tecnologica a favore dell’industria e degli utenti) – continua l’autorità indipendente – sarebbe la scelta di bloccare le iniziative delle imprese di radiodiffusione e manifatturiere in attesa di un quadro stabile e certo che allo stato non è ancora possibile delineare compiutamente, anche alla luce degli sviluppi regolamentari a livello internazionale. Occorre, altresì, chiarire un ulteriore rilevante aspetto del Regolamento. La disposizione di cui all’art. 13, comma 5, lettera d), che indica di “garantire agli operatori di rete locali privati fino ad 11 blocchi di diffusione al fine di soddisfare le esigenze dei fornitori di contenuti”, non può certo interpretarsi in senso perentorio, quanto piuttosto come una disposizione di carattere programmatico, di stima della quantità massima di risorse di spettro che in talune aree potrebbe essere necessaria per la diffusione in tecnica digitale dell’intero ammontare dei programmi locali diffusi in tecnica analogica nelle medesime aree. Significativo, da questo punto di vista, è l’uso dell’espressione “fino a” che indica evidentemente un tetto massimo e non certo un requisito minimo. Costituirebbe d’altro canto una singolare inversione di logica stabilire a priori la quantità da “garantire” di una risorsa scarsa. Nella gestione dello spettro, invero, la quantità di risorsa disponibile per un determinato servizio è un dato di partenza, derivato da un bilanciamento complessivo, anche a livello internazionale, di diverse esigenze, nel quale vanno ricondotte le richieste del mercato per l’effettivo uso di tale risorsa per quel servizio. Si rammenti che il Codice delle comunicazioni elettroniche prevede la possibilità di limitare il numero dei diritti d’uso delle frequenze, qualora ciò sia necessario (art. 27) e stabilisce le procedure da adottare in tale evenienza (art. 29)". (M.L. per NL)