Il notturno, parte oscura, in tutti i sensi, del palinsesto radiofonico dell’era analogica, al quale peraltro abbiamo già dedicato attenzione nei mesi scorsi.
Nell’epopea variopinta e articolata delle prime radio libere la diffusione musicale notturna è stata croce e delizia dei pionieri, anche se alcune emittenti, finita la programmazione in diretta, spesso spegnevano il trasmettitore sia per risparmiare sul consumo energetico che per salvaguardare il funzionamento di attrezzature in certi casi non idonee a restare costantemente accese.
Pratiche e prove di sopravvivenza in un periodo in cui tutto si inventava e si scopriva passo dopo passo.Per coloro che sin dagli albori si cimentavano nella programmazione h 24, una volta esauriti i furori e gli entusiasmi che spesso facevano allungare le dirette sino all’alba si poneva il problema di mettere in onda della musica preregistrata che facesse compagnia ai nottambuli e, in alcune occasioni, anche di giorno nel caso di forfait di qualche speaker.
Ma il problema era di non facile soluzione in quanto non tutti disponevano di registratori a bobine consoni alle esigenze. Quindi, spesso si ovviava con piastre a doppia cassetta, a volte anche autoradio prestate all’uso, nei casi di amatoriali allo stato puro di frequente anche cassette rotative con il jingle dell’emittente o fischi e sirene per occupare la frequenza e nello stesso tempo disturbare quella altrui e neanche di sale di registrazione ove realizzare il tutto, quindi spesso si lavorava in presa diretta stando ben attenti a non compiere il minimo errore che poi sarebbe rimasto impresso sul nastro magnetico, non sempre facile da riprendere senza eventuali sbavature.L’incubo della puntina che si incantasse sul disco o di eventuali salti dovuti all’usura del vinile o a casuali sbalzi dovuti a movimenti errati erano sempre dietro l’angolo e rendevano l’esercizio ancora più temerario una volta ultimato il lavoro che somigliava parecchio ad un dj set in discoteca senza però la miscelazione più idonea per il ballo ma in ogni caso con una sequenza studiata brano per brano che rendeva alla fine il lavoro una vera opera unica in cui trasudava tutta la competenza e il gusto di chi l’aveva realizzata.
Il compenso alle tante ore di preparazione e realizzazione dell’atto erano le successive attestazioni di stima degli ascoltatori e il massimo risultato di sentirlo in giro per locali o riconoscerne la sequenza uscire fuori da qualche autoradio o locale notturno.L’angoscia del notturno, sempre dietro l’angolo, era che il registratore non facesse il reverse. Nell’epopea variopinta e articolata delle prime radio libere la diffusione musicale notturna è stato tripudio e dannazione di pirati e poi ex corsari, tasto dolente di molti di quegli apparecchi, o che il nastro si inceppasse il qualche punto spesso per eccessiva usura e capitava di frequente che a turno si corresse in radio anche in ore desuete per riavviarlo, abitudini folli in un periodo che aveva comunque poco di consueto.Verso metà degli anni 80, dopo l’avvento delle regie automatiche analogiche Cepar, Semprini, Munter e Azeta (di derivazione americana) che pilotano i leggendari registratori a bobine Teac, Aiwa, Akai, Revox (che però non era autoreverse), alternandoli attraverso segnali inudibili (i cd. bip), che consentivano di creare sequenze sempre diverse, la Sony (evolvendo un precedente esperimento della Lenco) affianca un riproduttore di cassette (MTL-10) capace di leggerne sino a 10, facendo pure il reverse, così soddisfacendo con una soluzione tecnologicamente più evoluta e duttile le esigenze del notturno (lo scambio delle cassette contributiva in parte ad alterare successioni ripetitive, anche se l’alternanza riguardava le singole cassette e non il singolo brano come per le regie col bip).
Rispetto alla bobina con i brani sequenziali le regine automatiche offrivano la possibilità di variare la sequenza della programmazione in modo da non mettere in onda sempre la stessa e, soprattutto nella logica delle repliche dei programmi, il Sony MTL-10 rendeva anche più facile la registrazione di diverse puntate in momenti differenti (note dolenti rimanevano l’inceppamento, il reverse e il blocco dell’apparato con conseguente temutissimo vuoto in caso di sbalzi di corrente elettrica, oltre alla lentezza del cambio da un lato all’altro e ancora di più da una cassetta all’altra).
Finito l’entusiasmo iniziale per un prodotto nuovo ma problematico l’innamoramento per questo marchingegno finisce presto e si arriva all’utilizzo dei videoregistratori che uniscono il vantaggio della fedeltà audio delle bobine ma con un minor costo dei nastri e soprattutto pochissimi problemi durante la riproduzione, rimane il problema del tempo di attesa durante il riavvolgimento del nastro al quale si poteva comunque ovviare collegando due apparecchi in sequenza.
A metà anni 90 cominciano ad arrivare i primi software di automazione che mettono la parola fine a quelle opere di arte e ingegno che erano le diffusioni musicali realizzate alla ”vecchia maniera”, il computer a questo punto comincia ad essere il cuore di tutto e le sequenze dei dischi e i tanto studiati abbinamenti vengono soppiantati da settaggi e parametri.Si guadagna sicuramente in praticità e rapidità ma si perde indiscutibilmente il tocco umano che non può essere mai sostituito da una macchina, anche nel caso di una sequenza impostata brano per brano, che tra l’altro richiederebbe notevoli tempi di programmazione impensabili per molte emittenti, e che, in ogni caso, non ricreerebbe la stessa magia di due canzoni che si sovrappongono tra loro unite da una mano sapiente.
E’ ovviamente il progresso con i suoi enormi benefici che comunque manda in pensione e archivia nella cantina dei ricordi un pezzo di storia della modulazione di frequenza fatto di notti trascorse a registrare nastri e di un periodo in cui la passione era sempre più forte di qualsiasi ostacolo. (U.F. per NL)