Secondo la maggior parte degli osservatori qualificati, tra il 2030 e il 2035 la radiofonia affronterà un significativo declino FM, spostando quasi completamente i contenuti sulle piattaforme digitali (DAB, DTT, SAT e soprattutto IP).
Questa transizione, inevitabile, rappresenta una sfida per le piccole e medie emittenti, che dovranno affrontare costi elevati per gestire tecnologie e tendenze emergenti, competendo con le grandi realtà del settore.
Mentre la modulazione di frequenza diventa un asset legacy, la digitalizzazione offre opportunità di innovazione, permettendo una maggiore personalizzazione dei contenuti; ma al contempo presuppone capacità di gestire metadati e infrastrutture complesse, spesso richiedendo l’esternalizzazione verso strutture specializzate per rimanere competitive in un mercato in evoluzione.
La consultazione pubblica avviata nei giorni scorsi da Agcom sottolinea l’importanza di prepararsi a questa rivoluzione tecnologica che sta già ridefinendo il panorama radiofonico.
Sintesi
In un range temporale di 5 anni, tra il 2030 ed il 2035, la radiofonia italiana potrebbe vedere un rapido declino delle trasmissioni in FM, con un passaggio pressoché completo (ancorché in assenza di uno switch-off cogente) verso piattaforme digitali spesso integrate (DAB, DTT, SAT e IP nelle varie forme d’impiego).
Tuttavia, inevitabilmente, la transizione sarà articolata e complicata, soprattutto per le piccole e medie emittenti, che dovranno affrontare sfide economiche significative legate alla gestione delle tecnologie e degli standard emergenti. Come peraltro si sta verificando negli ultimi mesi, con la complessità di presidio, indicizzazione, catalogazione di flussi streaming, codici PI e metadati nelle banche dati che intermediano la somministrazione in auto (streaming e DAB) e sui device connessi (smart speaker, smartphone, smart tv, ecc.).
La rapida digitalizzazione della radio
D’altra parte, è evidente come la radiofonia stia vivendo una rivoluzione tecnologica a livello globale e l’Italia non faccia – ovviamente – eccezione. Circostanza confermata dal fatto che anche Agcom ha dato atto con l’avvio della consultazione pubblica sull’assetto della radio digitale.
2030-2035
Entro il 2030-2035, è altamente probabile che le emissioni in FM subiranno una drastica riduzione, se non la totale dismissione, come già avvenuto in Norvegia, Svizzera ed in procinto di avvenire in Francia.
L’esempio delle onde medie
Il processo in corso determina la progressiva qualificazione dei diffusori FM come asset legacy radiotelevisivi, cioè risorse tecnologiche o infrastrutturali superate, ancorché operative, che richiedono alti costi di manutenzione ed offrono prestazioni inferiori rispetto ai nuovi standard, (la cui gestione comporta scelte strategiche tra mantenimento e aggiornamento) e lo spostamento dei budget destinati ad essi verso la R&D (ricerca & sviluppo).
Onde medie
Un inter molto simile a quello che, negli anni scorsi ha interessato le onde medie.
Declino FM: una questione di tempo
Sebbene in Italia non sia prevista una data di dismissione della FM – né, con ogni probabilità, ci sarà, considerato che la successione analogico/digitale sarà volontaria e naturale (per questo preferiamo parlare di declino FM, in quanto i diffusori in modulazione di frequenza saranno spenti perché mantenerli in esercizio non sarà giustificato dal volume d’ascolto da essi generato) -, è ormai chiara la progressiva erosione degli ascolti da parte delle piattaforme digitali.
Piccole emittenti a rischio nella transizione
Tuttavia, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la transizione al digitale lungo il declino FM non comporterà necessariamente un vantaggio per le piccole e medie emittenti radiofoniche.
Investimenti notevoli
La gestione delle piattaforme digitali, in particolare quelle disintermediate (IP), richiede infatti investimenti economici e tecnici che molte stazioni potrebbero non essere in grado di sostenere e comunque difficilmente condurre in autonomia, stante la necessità di una visione d’insieme impossibile da conseguire singolarmente.
Terze parti
Come più volte evidenziato su queste pagine, le spese legate alla gestione di un’interazione articolata e costante con terze parti (banche dati, aggregatori, sistemi integrati dell‘automotive) sono destinate ad aumentare e a sostituire quelle rivolte al funzionamento delle reti di distribuzione terrestre (FM e DAB).
Costi di gestione delle piattaforme IP
Il presidio di piattaforme IP richiede un investimento continuo in ricerca e sviluppo (R&D), nonché nella gestione quotidiana di tecnologie in continua evoluzione e terze parti che operano su dati da aggiornare e/o integrare, come nel caso delle banche dati per l’automotive, gli aggregatori di flussi streaming, le applicazioni mobile, le smart TV e gli smart speaker.
Competizione
Questo significa che le piccole emittenti dovranno essere un grado di affrontare costi significativi per mantenere una presenza efficace su queste piattaforme. La competizione con le grandi emittenti, più organizzate e dotate di maggiori risorse economiche, sarà sempre più accesa e per le emittenti medio-piccole (le radio locali) emergere e mantenere una presenza significativa sarà sempre più difficile.
La radio ibrida
La transizione verso il totally IP passa dalla hybrid radio, che combina il broadcast con lo streamcast, attraverso sistemi complessi per una distribuzione armonizzata dei contenuti (come RadioDNS).
Complessità gestionale
Ciò, come è intuibile, comporta un’ulteriore complessità gestionale, poiché ogni piattaforma richiede un approccio differente in termini di contenuti e tecnologia, come attestato dalle piattaforme automobilistiche connesse ed integrate nel dashboard, Android Auto e Apple CarPlay; presidi sempre più importanti, ma che richiedono interazioni complesse e costose, che molte emittenti potrebbero non essere in grado di implementare e gestire in house.
Innovazione e nuove opportunità
Nondimeno, la digitalizzazione della radiofonia offre anche nuove opportunità per innovare e raggiungere un pubblico più ampio. Le piattaforme digitali consentono infatti una maggiore personalizzazione dei contenuti e un’interazione più diretta con gli ascoltatori, attraverso l’integrazione di funzioni come i contenuti laterali on demand (podcast, catch-up) oppure accessori (audio/video integrati od esclusivi).
La necessità di un approccio professionale e specializzato
Affidarsi a strutture qualificate per la gestione di questi aspetti è fondamentale, poiché presuppone competenze specialistiche che permettono di affrontare le complessità tecniche legate all’integrazione attraverso una visione d’insieme, per garantire la presenza continuativa e competitiva delle emittenti su più piattaforme.
La gestione dei metadati e l’indicizzazione accurata
“Strutture tecnologiche specialistiche di supporto offrono una gestione esperta dei metadati, essenziali per garantire che i contenuti delle emittenti siano facilmente accessibili e correttamente indicizzati su piattaforme come Android Auto e Apple CarPlay”, spiega Massimo Rinaldi, ingegnere e ceo di Com-Nect (gruppo Consultmedia), società di ibridazione broadcast-broadband nata proprio con la finalità di erogare questo tipo di servizi in collaborazione con player internazionali come Pluxbox.
Visibilità compromessa
“Una catalogazione inefficiente o errata potrebbe compromettere la visibilità delle stazioni, riducendo il potenziale di ascolto in un mercato dove la concorrenza tra i player è sempre più intensa”, annota Rinaldi.
Riduzione dei costi e dell’onere tecnologico
D’altra parte, “esternalizzare questi servizi permette alle emittenti di ridurre l’onere tecnologico e i costi associati alla gestione in-house di infrastrutture digitali complesse“, osserva l’ingegnere.
Monitoraggio costante dell’ecosistema
Che ricorda come “le piattaforme IP e i sistemi di ibridazione, come RadioDNS, richiedono aggiornamenti costanti, competenze tecniche elevate e un monitoraggio continuo, elementi che sarebbero difficili da gestire internamente, soprattutto per le realtà più piccole”.
Integrazione
“Le strutture esterne offrono anche l’opportunità di innovare attraverso l’uso di tecnologie all’avanguardia, facilitando l’integrazione dei contenuti su diverse piattaforme e dispositivi.
Vantaggio competitivo e innovazione
Questo non solo migliora l’esperienza dell’utente finale, ma assicura anche che le emittenti possano mantenere un vantaggio competitivo in un mercato radiofonico in rapida trasformazione“, conclude Rinaldi. (E.G. per NL)