Radio. Dati di ascolto TER 1° semestre 2023. Paura confronto con esterno aumenta la distanza dalla realtà di un medium che non lo merita

Luigi XVI, dati di ascolto

Da circa un anno NL non riporta i proclami degli editori all’indomani (anzi, ormai nell’ora stessa) della pubblicazione dei dati di ascolto TER, l’indagine ufficiale sull’ascolto radiofonico.
E ciò anche perchè – forse gli estensori di comunicati (che progressivamente sono diventati sovrapponibili a certe imbarazzanti dichiarazioni dei partiti dopo le elezioni) non l’hanno capito – non li legge nessuno, come facilmente desumibile dalle analisi di Google, indicatore un po’ più affidabile di un giro di telefonate.

Massimo supporto. Al medium

Ma a questa tornata dei dati di ascolto, abbiamo deciso di non rimanere silenti nei confronti di alcune derive che stanno pregiudicando la credibilità del mezzo radiofonico, che, viceversa, merita il massimo supporto.

Il peso delle sensibilizzazioni alle dichiarazioni di ascolto

Beninteso, in questa specifica occasione, non dare risalto a celebrazioni prive di qualsiasi autocritica (e motivi per farla ce ne sarebbero tanti), non significa appoggiare la tesi RAI, secondo la quale i risultati dell’ultimo semestre della rilevazione sull’ascolto radiofonico condotta dal Tavolo Editori Radio s.r.l., società partecipata esclusivamente da editori che rilevano loro stessi, sarebbero stati falsati dalle azioni di sensibilizzazione dell’utenza a rispondere alle chiamate degli intervistatori.

Assolto per insufficienza di prove

Sul punto conveniamo col presidente del TER, Federico Silvestri, che su NL ha dichiarato che non ci sono (ancora) elementi sufficienti per giungere a questa conclusione.

Sistema (in)credibile?

E’ sulla parte restante delle critiche all’attuale modello di rilevazione che non diamo torto a Flavio Mucciante, vicedirettore vicario di Radio RAI, che ha ereditato la guerra (perché tale è divenuta) di Roberto Sergio dopo la nomina ad a.d. RAI: l’attuale sistema di misurazione degli ascolti sta pericolosamente distaccando la radio dalla realtà.

Spotify cresce, YouTube cresce, la Radio cresce. Possibile che abbiamo tutto questo tempo per ascoltare?

Soprassedendo su fluttuazioni del 15, 20 ed addirittura 30% dei dati di ascolto di specifiche emittenti nazionali di diritto o di fatto nell’arco di un anno, magari senza che siano intervenute rilevanti variazioni di palinsesto o di metodologia di distribuzione dei contenuti (quindi in assenza di elementi rilevanti che giustifichino i cambiamenti), come è possibile credere che, con l’esponenziale crescita (certificata oggettivamente) delle piattaforme di streaming audio on demand (Spotify, Youtube, ecc.), l’ascolto radiofonico sia cresciuto di tre milioni di ascoltatori fino a 36,6 milioni? Tre milioni è il 10%… E prima della pandemia (dati 2019) erano 34,8 milioni.

Su, dai…

Significa che è aumentato, in un anno (o sei mesi a seconda del metro), il tempo dedicato all’ascolto audio (sottraendolo ad altre attività quotidiane) e che, quindi, nonostante la penetrazione di fonti audio alternative, la radio è aumentata di 2 milioni tra prima e dopo il Covid?

Il dito e la luna

Il problema, quindi, non è la promozione dell’ascolto; quello è il dito. E’ la luna, invece, che andrebbe guardata.

Conservatori

“Un modello estremamente conservatore prima o poi collasserà, perché si basa esclusivamente su sé stesso e sui propri desideri, incurante dei rapporti con altre realtà. Il conservatorismo, in sé non è sempre negativo, nella misura in cui prudentemente diffida da mutamenti improvvisi (la cui incontestabile espressione è il concetto di rivoluzione). Lo diviene quando si trasforma in strumento per accentrare la gestione del potere“, spiega a NL Maurizio Bossi, esperto di sociologia dei media.

Stortura

Ed è questa, a nostro avviso, la principale stortura del TER (insieme al difetto di aggregazione della total audience) sulla quale i riflettori non puntano adeguatamente.

MOC e JIC

Non è un caso che Agcom (cui compete la vigilanza del settore specifico), avesse sollecitato tempo fa la trasformazione del TER da MOC (Media Owner Committee), in quanto società partecipata solo dai rilevati stessi, a JIC (Joint Industry Committee), cioè popolata da tutti i attori del mercato di riferimento (pubblicitari in testa). Eppure, nonostante l’invito dell’organo di garanzia, nulla è successo.

La torre d’avorio

Sarebbe quindi opportuno che gli editori intorno al tavolo smettessero di temere il confronto esterno ed aprissero la compagine societaria del TER s.r.l.

Controllo e credibilità

Ne perderebbero certamente il pieno attuale controllo; ma il mezzo riacquisterebbe quella credibilità oggi (indiscutibilmente) appannata.

Trasparenza ed autorevolezza

Perché l’attendibilità non si guadagna con glorificazioni strumentali (e un po’ ridicole), ma con la trasparenza e l’autorevolezza.

Luigi XVI

Leggendo i comunicati dei player radiofonici nazionali diffusi pochi minuti dopo la pubblicazione dei dati del 1° semestre 2023, ci è venuto in mente il re di Francia Luigi XVI.

Oggi nulla di nuovo

Il quale, 14 luglio 1789, giorno della presa della Bastiglia, annotò sul suo diario personale: “Oggi nulla di nuovo”. Ecco, appunto: niente di nuovo. (M.L. per NL)

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