I dati del 1° semestre 2023 del TER saranno ricordati come quelli della rottura tra la società che cura la rilevazione dell’ascolto radiofonico in Italia (Tavolo Editori Radio s.r.l.) ed uno dei suoi soci di peso: la RAI. Dopo lunedì 3 luglio 2023, comunque vada, nulla sarà più come prima. E una nuova pagina della radio italiana andrà scritta. Cosa ci sarà sopra lo possiamo però facilmente ipotizzare.
La nascita della querelle
Cerchiamo di ricapitolare l’intera vicenda che, come ampiamente noto ai nostri lettori, trae origine dalla pratica di sollecitazione degli ascoltatori a rispondere agli intervistatori degli istituti incaricati dal TER.
(Non) Novità
L’incitazione dei propri utenti a dichiarare di ascoltare l’emittente non è certo una novità: da anni veniva effettuata nella sostanziale indifferenza generale. Va detto, però, che, fino allo scorso anno, il fenomeno non era particolarmente diffuso e, soprattutto, intenso come oggi.
Il fatto nuovo
Ad un certo punto è accaduto qualcosa che ha rotto l’equilibrio e quel che è successo è esattamente l’opposto di quanto (forse) ci si aspettava. E dovrebbe far riflettere.
Il caso Fun
Il 21 febbraio 2023 questo periodico pubblica la notizia che in Francia, al termine di una causa durata sette anni, il Tribunale del commercio di Parigi ha respinto le ragioni del network Fun Radio (gruppo RTL) e confermato una sanzione di 11 milioni di euro comminata alla stazione perché Bruno Guillon, uno degli animatori, durante i suoi programmi amava incitare i suoi ascoltatori a rispondere alle interviste sull’ascolto radiofonico.
L’invito di Guillon
“Se vi chiamano, una persona potrebbe farvi delle domande tipo che stazione radio ascoltavate ieri mattina. E voi direte: “Fun Radio”. E poi, chiederà: e quando tornate a casa dal lavoro, che radio ascoltate?. E voi direte: stavo ascoltando Fun Radio“, sollecitava il conduttore francese.
Manipolazione di audience e concorrenza sleale
Secondo i giudici francesi, il comportamento di Fun Radio concretava una “manipolazione di audience” attuando una forma di “concorrenza sleale” verso i concorrenti nell’ambito della rilevazione di Médiamétrie, la società corrispondente al Tavolo Editori Radio, che (come il TER) sviluppa una rilevazione con metodo CATI tramite lunghe chiamate (TER dichiara una media di 14 minuti, quella di Médiamétrie ne dura circa 20) in cui viene elencato un numero interminabile di stazioni, di ciascuna delle quali occorre ricordare se si è stati o meno ascoltatori in una determinata fascia oraria.
Talkmedia
Dopo la pubblicazione del nostro articolo, si apre un acceso dibattito su Talkmedia- FM World, che si divide tra sostenitori e contestatori della pratica.
Bella idea
Ma il punto non è questo, quanto, piuttosto, che chi, fino a quel momento, non aveva pensato alla sollecitazione, lo fa. Ed il fenomeno diviene, per così dire, virale.
Virale
Tra marzo ed aprile diviene difficile, per chi fa zapping tra le radio italiane, non ascoltare frequentemente promozioni a rispondere alle indagini TER. C’è chi lo fa in maniera sfacciata, chi in forma ironica, chi sottile. Ma, comunque sia, in tantissimi lo fanno.
RAI contesta la pratica
RAI è la principale contestatrice della sollecitazione a rispondere al TER, sostenendo la possibilità che essa (come accertato dai giudici francesi) alteri i risultati dell’indagine.
TER attende la fine del 1° semestre 2023
Intanto il TER, sull’argomento, tace, almeno fino alla fine della rilevazione del 1° semestre 2023, quando decide di invitare le emittenti aderenti a cessare la pratica, minacciando in caso contrario l’adozione di provvedimenti, anche se in forma non molto chiara (e comunque, secondo alcuni legali, non sostenibile sul piano giuridico).
Nessuna evidenza di distorsioni nell’indagine dalle sollecitazioni
In coincidenza, il presidente del TER, Federico Silvestri, sempre su NL, dichiara che non vi sono evidenze che la promozione influenzi la rilevazione (anche se l’ascolto radiofonico risulta in generale salito, come esposto dalla società), ma conferma che il fenomeno va studiato e monitorato.
La replica di Mucciante: Silvestri farebbe bene ad ascoltare
RAI diffida TER
Sta di fatto che RAI non ci sta e, poco prima di metà giugno, diffida TER dal pubblicare i dati del 1° semestre 2023 e fa sapere (su queste pagine) che in caso contrario ricorrerà al giudice civile per ottenere un provvedimento d’urgenza che inibisca alla società di rilevazione la pubblicazione dei dati (inizialmente non si capisce se tutti o solo quelli di RAI) che ritieni inquinati (dalla promozione massiva delle emittenti) e quindi inaffidabili.
TER: niet!
TER attende, poi fissa un cda in data 26 giugno in cui respinge la richiesta di RAI e conferma la pubblicazione dei dati per il 3 luglio, in anticipo rispetto agli anni scorsi.
Tempi (troppo) stretti
L’anticipazione della pubblicazione mette, evidentemente, in difficoltà RAI, perché i tempi della giustizia non consentono di ottenere (ammesso che ne vengano valutati positivamente i presupposti) un provvedimento in tempi utili (va detto che, probabilmente, la concessionaria pubblica ha commesso un errore strategico attendendo troppo ad introdurre il ricorso ex art. 700 cpc dopo la diffida).
Alea iacta est
Comunque sia, Radio RAI, superato il Rubicone, formalizza quella che fino a quel momento era stata solo una dichiarazione d’intenti del suo ex direttore Roberto Sergio, nel frattempo diventato AD RAI: l’uscita dal TER. E lo fa in forma eclatante, notiziando due soggetti a vario titolo coinvolti: UPA (Utenti Pubblicità Associati), la rappresentanza degli inserzionisti (che mai ha digerito l’esclusione dalla compagine societaria del Tavolo Editori Radio) ed Agcom.
Dico a te, suocera, perché tu, nuora, intenda
Proprio l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni aveva appunto invitato qualche tempo fa il TER a coinvolgere UPA, trasformandosi da MOC (Media Owner Committee), in quanto partecipata solo dai rilevati stessi, a JIC (Joint Industry Committee), cioè partecipata trasversalmente da tutti gli attori del mercato di riferimento, quindi anche i pubblicitari.
Altro tavolo
Ma l‘escalation del contrasto tra RAI e TER è solo all’inizio: la concessionaria pubblica dichiara a questa testata che si farà promotrice di un tavolo di confronto tra i player radiofonici “nell’ambito del quale gli investitori pubblicitari possano svolgere un indispensabile presidio di garanzia e tutela di tutte le componenti del mercato e del migliore di funzionamento delle metodologie di rilevazione dei dati d’ascolto”.
Ora che succederà?
Cosa succederà lunedì 3 luglio è abbastanza facile da prevedere.
Derive giudiziarie a parte (perché il giudizio introdotto da RAI farà comunque il suo corso), coloro che a questa tornata saranno premiati sosterranno l’ininfluenza delle sollecitazioni, opponendo che il loro risultato è figlio della rinascita della Radio e delle ottime scelte editoriali effettuate. E magari è veramente così.
Viceversa
Quelli che caleranno, ovviamente, addebiteranno la colpa alle sollecitazioni d’ascolto generalizzate (magari anche qualcuno che ha adottato la pratica ma confida nel fatto che non ci si ricordi che lo ha fatto). E magari è veramente così. (M.L. per NL)