Radio. DAB, utente non scorre 120 stazioni: servono marketing, branding e identità. Podcast Media Monitor del 06/06/2022 con Max Pandini

pandini, itel, Jürg Bachmann

Max Pandini: su internet ci sono migliaia di radio, ma pochi sono emersi. Ci sono 120 stazioni oggi in DAB, ma quante hanno un progetto vero, un progetto strutturato?  
NRJ ha oltre 170 webradio e fa milioni di ascoltatori mensili. Magari la singola radio del bouquet ha pochissimi contatti, ma la battaglia oggi si combatte anche così.
E anche con un buon processo audio. A parità di rete e di segnale oggi ce la giochiamo sull’investimento in marketing e branding.
Nel mondo, la radio locale ha un’importanza enorme. È un’area importante di crescita.
Qualità del suono? Sotto i 96 kbps alcune frequenze sono tagliate e si compromette la separazione stereo. Ma con un buon processore digitale dedicato anche 64 kbps possono dare un ottimo suono.
In Germania il conduttore/DJ è un normale dipendente: lavora 40 ore alla settimana, cerca e legge traffico e meteo, conduce il programma e risponde agli ascoltatori. Entreranno in Italia i grandi gruppi stranieri quando gli editori storici andranno in pensione?  Il tasto unico per la radio nei cruscotti automobilistici moderni non può funzionare.

Intervista a Max Pandini

Questa settimana Media Monitor incontra Max Pandini (consulente tecnico, programming, audio-designer), per approfondire alcuni aspetti nodali della transizione verso il DAB. Come di consueto l’intervista nella sua versione podcast contiene l’intera conversazione, parzialmente riassunta in questo articolo.

120 stazioni (and counting)

(Newslinet) – 120 stazioni oggi in DAB a Milano. Rischiamo un effetto internet, dove c’e’ una polverizzazione degli ascolti e nessuno emerge?
(Max Pandini) – E’ vero che ci sono 120/130 radio, ma quante di queste hanno un progetto vero, serio, strutturato?  Parli di Internet, ma – nella maggior parte dei casi – poche situazioni sono emerse dal web. Internet è un grande oceano dove molti sono quasi dei giocattoli, tranne qualche offerta strutturata. Sarà la stessa cosa sul DAB.

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Strutturare l’offerta

Da qui ad un anno o due, quanti di questi rappresenteranno un progetto vero reale strutturato per cui l’ascoltatore medio trova qualcosa di interessante da seguire? E quanti riusciranno a generare entrate (perché alla fine la radio è un’attivita’ commerciali)?

#difficoltà

(NL) – C’e’ però un problema di reperibilità concreto, nel senso che, ad esempio, cercando RTL 102.5 Doc la ricerca risulta difficile (perche c’e il cancelletto davanti e quindi non è dove ci si aspetterebbe di trovarla).
(M.P.) – Certo. E mi metto nei panni dell’ascoltatore medio: ha la pazienza e la voglia di scorrere 150 radio o si dirige verso qualcosa di gia’ conosciuto? La radio negli ultimi anni si e’ affermata – anche in Italia, grazie al Cielo – come prodotto e brand.

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Branding e non impianti

Mentre per anni abbiamo avuto l’anomalia delle frequenze, per cui la parte tecnica aveva più peso del marchio, oggi le cose sono cambiate. Penso succederà la stessa cosa accaduta col digitale terrestre: la gente cercherà il marchio che conosce.

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Centinaia di “web” radio ?

(NL) – In Francia ci sono brand anche relativamente minori – come Jazz Radio – che hanno un numero di radio digitali molto alto. Ma brand piu’ importanti, come NRJ, hanno un un numero di canali web incredibilmente alto…
(M.P.) – Sicuramente cercano di accontentare il maggior numero possibile di segmenti, perché poi l’aggregato numerico faccia dei valori importanti.

31 milioni di ascoltatori online

Qualche anno fa – se ricordo bene le cifre – si parlava di 31 milioni di ascoltatori mensili per NRJ. Poi magari la singola radio digitale fa cinque ascoltatori, ma nell’insieme contribuisce. Mentre qui in Italia la partita si gioca su FM, DAB e anche IP, là c’è molta più attenzione sul web. Inoltre, ragionano anche su un processo audio per l’online e per i podcast;  aspetti che ritengono molto importante.

Nuovi editori?

(NL) –  Restiamo ancora in Italia e sul DAB. L’impossibilità storica per nuovi marchi o editori di affermarsi – che era dovuta al fatto che le frequenze erano tutte occupate – è ormai termimata. Ad esempio in DAB ci sono 120 radio oggi a Milano (e ce ne saranno di più con i nuovi mux). Spesso sono marchi inediti….
(M.P.) – Certo, ma ti porto l’esempio di Londra, dove il regolatore non solo assegna la porzione di spettro su cui lavorare, ma addirittura specifica il formato di radio da produrre. Se si vuole lanciare qualcosa che al mercato non serve, negano l’autorizzazione. 

Posizionamento, brand e investimenti

Comuque, a parità sostanziale di segnale, ce la giochiamo sul prodotto e sul brand. Quindi se la domanda è: c’è spazio per nuovi brand?, la risposta è: assolutamente sì.
Chiaramente dipende dal lavoro che c’è dietro, quindi dall’investimento in marketing.  Come abbiamo visto col digitale terrestre nella moltiplicazione dei canali, quelli ben strutturati, con un’offerta di contenuti importante, sono emersi. 

Otto Nove e “tempo reale”

Penso a canali come Tv8, Nove o Real Time: tutti marchi all digital che non c’erano in analogico.

E l’emittenza locale?

(NL) – Però nel mondo del digitale terrestre, con questa proliferazione di canali, abbiamo anche assistito in qualche modo al tramonto dell’emittenza locale…
(M.P.) –  Guarda, ovunque nel mondo la radio locale ha un’importanza enorme, perché è vicina a te.

Tv locali vs radio locali

Si tratta di un segmento dove in italia non abbiamo mai investito abbastanza (o che qualcuno ha voluto uccidere, N.d.R.). Magari oggi ci potrebbe ancora essere questa possibilità. Permetti un esempio personale: a casa mia ormai la televisione è quasi tutta on demand.

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Berghem

Poi, però, c’è Bergamo TV, perché ti parla dell’Atalanta e c’è il notiziario delle 19 di Max Pavan che è sacro in quanto, per mezz’ora, ti racconta cosa è successo nella provincia (non si tratta di un fenomeno solo italiano: ne parleremo con Alan Curry nel podcast intervista di prossima pubblicazione N.d.R.).

Il suono “perfetto”

(NL) –  Molti ritengono che la qualità del suono sia un fattore importante, nonostante alcuni operatori di rete DAB tendano a negarlo.  Data 100 la qualità sonora di una rete analogica di riferimento, di quanto possiamo  abbassare il bitrate per dare all’ascoltatore un piacere d’ascolto pari a quello analogico?
(M.P.) – Molti dicono che la qualità del suono non conta niente, che la gente non se ne accorge. Ma cominciamo dall’intelligibilità della parola. Ricordo che una volta, discutendo con i bravissimi tecnici di Radio Maria – che ha un target molto, molto specifico,- mi spiegavano come l’intelligibilità della parola sia essenziale.

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La Radio suona. O no?

In generale il suono è una componente importante e fondamentale. Del resto la radio suona, no? E non dimentichiamoci che comunque molti se ne accorgono eccome. Pensa alle nuove vetture che se non montano un sub o un impianto Bose sono comunque dotate di impianti anche interessanti.  E comunque non sono più le vecchie autoradio.

Il suono è parte del prodotto

Qui sicuramente uno il piacere di ascoltare un bel pezzo conta. Quindi per me il suono fa parte del prodotto. Conta quello che suoni e come lo suoni. Tornando al discorso del bitrate, ancora una volta in Italia, in una scatolina piccolina ci vogliamo far stare tutti. E non va bene,  innanzitutto sotto i 96Kbps (parlo dell’AAC Plus, che è il formato che usa il DAB) non si dovrebbe andare.

Artifici

Perché, comunque, per comprimere i dati, per poter stare in pochi kbps, tagli delle parti del suono. Si creano artefatti che vengono fuori principalmente sulle frequenze alte e sulla separazione stereo.  In questo algoritmo si tagliano tutte le informazioni ridondanti tra i canali, trasmettendo in mono e ricorstruendo la separazione tra i canali tramite alcuni parametri catturati all’origine. Per avere un livello di suono decente (non dico buono) non bisogna stare sotto i 96 kbps.

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Si può fare, ma…

E’ anche vero che con alcuni accorgimenti sul processo audio si possono ottenere risultati gradevoli. Occorre usare un processore audio specifico per il digitale, una catena differente da quella per la FM. Qualcosa di nato nell’era digitale e non negli anni ’80. Prendi Radio Classica, per esempio: trasmette a soli 64 kbps, ma suona benissimo. E 70-80.it addirittura con 48kbps! 

Solo RAI e RTL!

(NL) – Col limite a 96kbps hai tagliato fuori tutti tranne i tre canali storici della RAI e RTL 102.5…
(M.P.) –  Ci sono due scuole di pensiero. La prima è: “Voglio suonare come le FM, perché comunque quando commutano da FM a DAB l’ascoltatore non se ne deve accorgere”. Hai citato RTL: l’altro giorno ero in auto con amici (non esperti di radio) e da FM, a un certo punto, la radio ha commutato in DAB.  Tutti si sono accorti che qualcosa era successo, perché comunque il cambio si sente, anche se il processo sonoro è lo stesso.

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Il DAB suona diverso e quindi va trattato diversamente

L’altra scuola prende atto che il DAB suona comunque diverso, anche con lo stesso processing. Dunque il processo digitale per il DAB deve essere dedicato e ovviamente soprattutto poi per le emittenti solo digital. Hai la possibilità di suonare meglio, la possibilità di avere una gamma di frequenze piu’ ampia che l’FM non ti dà. perché non usarla? (N.d.R.: abbiamo cercato di interpretare quanto affermato da Pandini e riteniamo parlasse delle frequenze superiori ai 15 kHz, non ammesse dagli standard FM ma non esplicitamente vietate da quelli DAB se il  broadcaster usa un sample rate audio superiore a 30 kHz.)

In Europa

(NL) – Viaggi molto in Europa: quali sono le analogie e le differenze rispetto al mondo  radiofonico italiano?
(M.P.) –  Ti dico un paio di banalità. Un dj tedesco lavora 40 ore la settimana. Opera come speaker, quindi dj e presentatore ed è a tutti gli effetti un dipendente. Non ti credere che gli stipendi siano da favola, anzi. E oltre tutto il dj fa tutto: si prepara la scaletta,  fa gli inserimenti dei contributi, lavora ai contenuti editoriali, si informa sulla viabilità, legge la viabilità e il meteo, si fa la regia. E così anche nel resto d’Europa.

Fonici?

La figura del fonico è quasi solo italiana. Quindi c’è proprio anche un metodo di lavoro diverso. E poi spesso all’estero dietro ad una radio c’e’ un grande gruppo. O quantomeno un un concetto di impresa che in Italia in molte situazioni si è un po’ andato a perdere.

Improvvisazione creativa

Siamo ancora molto legati  all’improvvisazione e al nostrio sesto senso, basato sull’ esperienza. Cose che vanno benissimo –  all’estero sono molto apprezzate queste cose degli italiani, ci vedono come dei problem solver -. Però la nostra creatività probabilmente va strutturata e messa dentro un’organizzazione ed un sistema. 

Un’età..

Tra l’altro, gran parte degli editori sono gli stessi dell’avvento del fenomeno delle radio private. Sono 45 anni che ci lavorano e tra un po’ ci sarà un avvicendamento fisiologico, oltre che tecnologico. Ora considera che la maggior parte di quelli affermati oggi, sia a livello regionale che nazionale o provinciale, sono, come si dice, too big to fail, troppo grandi per fallire. Quindi mi viene da pensare: nel momento in cui ci sarà un cambio di vertici, cosa potrà succedere?

Ben venga l’interesse estero

Fuori Italia esistono dei capitali importanti e dei gruppi già internazionali che potrebbero  portare risorse finanziarie per acquisire e proseguire l’attività. Nessuno ha la sfera di cristallo, gli scenari possibili sono molteplici, ma visto che la radio scoppia di salute, ritengo sia probabile l’interesse anche di investitori esteri. Ti dico: “ben venga”.

Elenco stazioni imposto dai costruttori di vetture?

(NL) – Recentemente hai postato sul social un video dove si vede un’automobile recente di uno di marchi più importanti europei  sulla quale non c’è nessuna possibilità di inserire manualmente stazioni non presenti nella lista creata automaticamente…
(M.P.) – Oggi siamo in una situazione ibrida ed è per questo che ho postato quel video. Perché quelli che lor signori ci propongono come il non plus ultra sono in realtà sistemi pieni di bug e con delle funzionalità mancanti, in qualche caso proprio non funzionano. Io che sono un po’ smanettone magari trovo la soluzione, ma l’utente medio prende e spegne. O mette Spotify e  quindi discrimina la radio.

Tasto Unico

Oggi siamo in una situazione ibrida tra digitale analogico e quindi finché c’è l’analogico tu mi devi dare la possibilità di lavorare anche in ambiente analogico. Ok, dicono: c’e’ il tasto unico. Ma con l’analogico…

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Tasto unico

(NL) – Spiega il concetto di tasto unico.
(M.P.) – L’icona della singola stazione sul dashboard, con la radio che decide se fartela ascoltare via DAB o IP. Dicevo, il tasto unico oggi non può funzionare. In un ambiente 100% digital magari,  ma finché abbiamo a che fare con l’analogico questo sistema non può andare. E all’utente non deve essere impedito di ascoltare le stazioni che desidera. (M.H.B. per NL)

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