Per chi si chiede a che punto sia la diffusione del Digital Audio Broadcasting (DAB+) in Europa, un articolo di Lawrie Hallett pubblicato sulla rivista Radio World offre prospettive incoraggianti.
Lo standard, che è risalente al 1990 (anzi, a dire il vero a metà degli anni ’80, se consideriamo le prime sperimentazioni) ed ha faticato ad affermarsi nei due decenni passati, oggi è una realtà sempre più diffusa, sebbene con differenze apprezzabili tra i diversi Stati del Vecchio continente.
Portabandiera è la Norvegia, che è passata quasi totalmente al DAB+, spegnendo la maggior parte dei segnali FM e realizzando così il c.d. “digital switchover” (o semplicemente, DSO, cioè il passaggio al digitale).
A inseguire il paese scandinavo c’è la Svizzera, che ha in programma di ultimare il DSO entro il 2024 e dove la copertura della popolazione da parte del DAB è di circa il 90%, come anche in Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Norvegia, Regno Unito (sono già affissi i manifesti che sollecitano l’utenza alla migrazione).
In Italia la copertura del DAB è solo del 75% della popolazione, ma non siamo il fanalino di coda: Ungheria e Lettonia, ad esempio, non hanno adottato ufficialmente lo standard, ma sono ancora in fase sperimentale di test.
In realtà il problema italiano è tecnico-politico: le frequenze disponibili non consentono di ospitare nemmeno le emittenti locali esistenti, figurarsi quindi la possibilità di ospitare quei nuovi contenuti che dovrebbero fare la differenza. Per destinare gli spazi sufficienti, dovrebbero essere sacrificate frequenze tv, che, naturalmente è considerata intoccabile (salvo che dalle telco per lo sviluppo della banda larga mobile).
Ad ogni modo, si calcola che solo nell’ultimo anno siano stati venduti in Europa circa 55 milioni di ricevitori per il DAB (il costo medio è di appena 14 euro, meno di 20 dollari), di cui almeno 14 milioni sono destinati all’uso “in-car”, cioè ad essere installati e utilizzati per ascoltare la radio in automobile. Questo ha dato impulso all’industria automobilistica per integrare lo standard DAB nei propri ICE (in-car entertainig systems, letteralmente “sistemi di intrattenimento per auto”): ad oggi, il 98% delle nuove auto in Norvegia e l’87% nel Regno Unito, hanno a bordo un ricevitore in grado di captare il segnale DAB+ e molte case di produzione progettano i nuovi modelli con questo tipo di tecnologia già integrata (anche se nel mentre coltivano l’accesso alla radio tramite IP, soluzione che non presenta i limiti contenutistici del DAB).
Quello dei ricevitori in-car è un mercato molto importante anche per l’Italia, considerato che si stima che il 60% dell’ascolto radio della penisola avvenga in auto.
In questi anni i progressi maggiori del DAB sono avvenuti in Europa, ma la sua diffusione è ormai mondiale: in Australia, ad esempio, il DAB+ raggiunge quasi un quarto della popolazione; in Nuova Zelanda i mux testati nel 2006 continuano ad operare con il nuovo standard; in Cina, invece, lo sviluppo del DAB è focalizzato sull’area di Pechino (dove si testa la radio digitale in FM oltre a quella IP).
Tra i paesi mediorientali il Kuwait è leader nel settore, con una copertura della popolazione di oltre il 90% e la prospettiva di raggiungere il 100% entro l’anno; nel frattempo Bahrain e Emirati Arabi Uniti stanno introducendo il nuovo standard in fase sperimentale.
L’elenco dei Paesi che stanno implementando il DAB+ è, in realtà, molto più vasto, ma questa panoramica parziale già mostra come la situazione sia cambiata rispetto a qualche anno fa.
Ma un nuovo problema si pone davanti alla (ancorché tardiva) affermazione della tecnologia: lo svilluppo della Radio IP Mobile, che qualcuno definisce DAB IP, già oggi godente di una quota rilevante di fruizione, ma che troverà la definitiva conclamazione con il prossimo avvento delle connected car. (P.B. per NL)