La stabilizzazione della radio digitale via etere (DAB+) produrrà, nell’ambito radiofonico, la stessa moltiplicazione di contenuti patita dalla tv (soprattutto locale) con l’esordio del DTT?
Ricordiamo che intorno al 2010 il comparto televisivo vide mediamente un incremento del 600% dei marchi esistenti, che dai circa 400-500 dell’epoca analogica, dopo un lungo periodo di assestamento (ovviamente in riduzione) dagli anni ’80, era arrivato a circa 2400-3000.
Una frequenza analogica = 1 mux digitale
La motivazione, in quel caso, era stato il riconoscimento dell’equazione una rete analogica = 1 mux DTT che ospitava (nella fase iniziale) almeno 6 marchi/palinsesti, quasi sempre costituiti da canali fotocopia di quello principale (dal +1 ora, al +24 ore, ai cd. canali “story” a variegate proposte tematiche, spesso improbabili).
Questioni economiche
Nel tempo, tali canali avevano lasciato terreno a cd. nuovi entranti (nativi digitali), in conseguenza della necessità di mettere a reddito la capacità trasmissiva di ogni mux.
Tra operatori di rete e fornitori di contenuti
Circostanza che, da una parte, aveva favorito il business della stazione d’origine nella sua condizione di novello operatore di rete, ma, dall’altra, aveva aumentato a dismisura la competizione editoriale e commerciale sul territorio, con la generazione sul territorio nazionale (quindi tra locali, nazionali e circuitali) di quasi 4000 marchi/palinsesti, sopravvissuti (nella maggioranza dei casi con scarsa fortuna), o comunque succedutisi, fino al refarming del biennio scorso.
Il comparto radiofonico
Anche il comparto delle radio locali risulta essere – come riconosce il report di Confindustria Radio Tv di cui ci siamo già occupati – una “realtà fortemente parcellizzata”
Coacervo variegato
Un coacervo editoriale composto “principalmente da piccole e “micro” imprese, a cui si aggiungono alcune realtà di medio- grandi dimensioni e una serie di gruppi, principalmente concentrati nel nord Italia”, spiega lo studio di CRTV.
La radiofonia nazionale
Nel 2022, secondo il report analizzato da questo periodico, operano in Italia complessivamente 21 emittenti nazionali FM/DAB+ (servizio pubblico, commerciali, comunitarie) facenti capo a 13 società di capitali ed una associazione (Radio Maria APS).
15 commerciali nazionali
“Con il passaggio territoriale al livello «superiore» di Radio Zeta (2021), il numero delle emittenti commerciali nazionali sale a 15, seguito dalle 5 di servizio pubblico a cui si aggiunge la comunitaria, Radio Maria”, spiega infatti l’ente esponenziale.
La radiofonia locale: 1.660 programmi
In ambito locale, secondo gli ultimi dati Agcom, l’insieme delle emittenti radiofoniche è rappresentato complessivamente da poco più di 900 editori (società di capitali, società nominali, enti e associazioni) che producono circa 1.660 programmi.
Forti difficoltà di sussistenza
“Questo contesto determina un alto numero di emittenti locali e regionali, con forti difficoltà di sussistenza e importanti marchi interregionali (superstation) che sono in grado di raggiungere ampi bacini di ascoltatori, in aree molto vaste del territorio italiano”, osserva il più importante sindacato di categoria radio-tv italiano.
1.200 stazioni commerciali e 400 comunitarie
I marchi radiofonici a carattere commerciale sono oltre 1.200 (76%), quelli a carattere comunitario circa 400 (24%).
1.100 autorizzazioni DAB (di cui 60% commerciali)
Le autorizzazioni DAB rilasciate dall’attuale Ministero delle imprese e del made in Italy (2019) sono oltre 1.100, di cui il 60% fa riferimento a emittenti di natura commerciale.
Stabilizzazione
“L’emittenza radiofonica locale ha sofferto le diverse crisi economiche che si sono alternate: molte società sono state assorbite e/o acquistate, diversi marchi ceduti o hanno cessato le trasmissioni”, si legge nello studio CRTV.
Asset FM
Le frequenze FM, in questi anni, hanno continuato a “rappresentare un importante asset patrimoniale e economico di scambio”, anche se la fortissima riduzione dei valori in progressione da 10 anni a questa parte (con una accelerazione vigorosa negli ultimi tre) sta conducendo ad un bilanciamento favorito, viceversa, dall’aumento del valore economico e strategico di brand, format e contenuti, veicolati attraverso la cd. multipiattaforma (cd. omicanalità).
Conclusioni
Per rispondere alla domanda iniziale, secondo lo studio Confindustria, la piattaforma DAB+, allo stato, veicola complessivamente oltre 500 programmi radio fra nazionali e locali, su tutto il territorio.
Stabilizzazione a venire
Va però detto che, mentre il comparto nazionale ha sostanzialmente conseguito una stabilizzazione, quello locale è in piena evoluzione e quindi il conteggio effettuato non può essere assolutamente rappresentativo della condizione a regime, cioè dopo l’attribuzione dei diritti d’uso ai consorzi locali (oggi presenti solo su una parte del territorio nazionale).
Scenari
Da simulazioni condotte, se sembra escludibile uno scenario competitivo paragonabile a quello sviluppatosi con l’avvento del DTT, è plausibile un aumento dell’offerta non inferiore al 30% dell’attuale.
Il vero problema
Il problema concorrenziale, tuttavia, non è tanto determinato dal consolidamento del DAB, quanto da quello delle piattaforme per l’ascolto della radio in streaming sulle auto (offerto principalmente dagli aggregatori indipendenti, come TuneIn, FM World, MyTuner, Myradionline, ecc.) o da quelli captive delle singole case automobilistiche.
Da 100 a 100.000
Se oggi, per esempio, su Milano possono essere sintonizzati tra FM e DAB+ oltre 150 diversi contenuti radiofonici, il solo aggregatore di flussi streaming radiofonici TuneIn presenta un’offerta di oltre 100.000 stazioni. Tutte, ovviamente, ricevibili allo stesso modo. (M.R. per NL)