Autorizzazioni sperimentali DAB+ ai consorzi locali subito o ci pensa A.G.A.
Sperequazione insostenibile con la pianificazione locale a macchie.
Piano Agcom solo dopo refarming banda 700 MHz e assegnazioni solo dopo metà 2023 (se va bene).
La situazione del DAB+ in Italia per le emittenti radio locali è allarmante.
E si va aggravando giorno per giorno con la vendita di nuove auto equipaggiate con ricevitori digitali.
Il paradosso
Un paradosso, visto che fino a poco più di un anno fa il problema della mancata affermazione del DAB+ era proprio l’assenza di ricevitori.
Cornuti e mazziati?
Le emittenti locali, insieme alle nazionali, hanno promosso l’introduzione dell’art. 1 c. 1044 della L. 205/2017 recante l’obbligo dell’interfaccia DAB+ sulle autoradio dal gennaio 2020. Ma di tale opportunità – al di fuori di pochi territori dove le frequenze DAB+ sono già state pianificate e le autorizzazioni ministeriali rilasciate – ne stanno godendo solo le nazionali.
Le nuove autoradio privilegiano la sintonizzazione digitale
Peggio: le nuove autoradio integrate di interfaccia DAB+, privilegiando la sintonizzazione digitale rispetto a quella analogica (FM), stanno penalizzando le emittenti locali che alla piattaforma digitale via etere non possono accedere.
Se ne parla (ben) oltre luglio 2022
Una situazione che, salvo il rilascio tempestivo di autorizzazioni sperimentali, rischia di trascinarsi ben oltre il termine del refarming della banda 700 MHz (per il quale peraltro si stanno assembrando nubi all’orizzonte), cioè luglio 2022. Un periodo durante il quale l’emittenza nazionale consoliderà gli ascolti digitali, mentre quella locale s’avviverà verso una progressiva ghettizzazione analogica.
Esistono soluzioni o quantomeno contromisure adottabili?
Ne parliamo con l’avvocato Mario Mossali, cofounder di MCL Avvocati Associati, law firm che cura in esclusiva l’Area Affari Legali di Consultmedia e consulente del consorzio Digital Radio Group, destinatario di diritti d’uso DAB+ e quindi player già attivo sul territorio.
(Newslinet) – L’ennesimo pasticcio italiano che sta determinando lo sviluppo della radio digitale solo per le nazionali. Anzi, causando l’arretramento di quella locale…
(Mario Mossali) – Sì, una sperequazione che rischia di aggravare le difficoltà in cui versa il comparto radiofonico locale. Non è possibile attendere il 2022: occorre rilasciare subito autorizzazioni sperimentali all’esercizio. Altrimenti il divario sarà incolmabile, perché le abitudini degli utenti si saranno frattanto consolidate.
Non si può prescindere dal rilascio di autorizzazioni sperimentali per impedire che si concreti un danno grave ed irreparabile
(NL) – Facendo due conti, considerato che il refarming della banda 700 MHz terminerà – salvo intoppi o proroghe – alla fine di giugno 2022, significa realisticamente avere un Piano per la radio digitale non prima di fine anno. E assegnazioni attraverso bandi areali non prima di metà 2023. Un quadro condivisibile?
(MM) – Sì. E temo che sia anche ottimistico. Spererei di essere smentito, ma l’esperienza ci insegna che raramente le cose filano lisce. Per questo insisto: non si può prescindere dal rilascio di autorizzazioni sperimentali per impedire che si concreti un danno grave ed irreparabile in capo alle locali. Sperimentazioni (laddove possibile) che non solo non creerebbero problemi ad alcuno, ma consentirebbero – quanto meno – di avviare un percorso operativo per quelle realtà in grado di competere. Il tutto nell’interesse degli operatori, del mercato. E, da ultimo, della stessa platea degli utenti.
Il silenzio della P.A. avanti ai Giudici
(NL) – Qualcuno ha avanzato domande per il rilascio di autorizzazioni sperimentali ed impugnato il silenzio ministeriale avanti all’Autorità Giudiziaria Amministrativa (A.G.A.) ottenendo soddisfazione attraverso la concessione di provvedimenti cautelari. A mali estremi…
(MM) – Se persistesse l’indifferenza dell’apparato amministrativo non vedrei altra strada.
La strategia di D.R.G.
(NL) – Digital Radio Group è destinatario di diritti d’uso per la radio numerica via etere, come altri consorzi radiofonici. La strategia di base però è differente: utilizzare il medesimo consorzio per conseguire diritti d’uso in aree tecniche diverse.
(MM) – Il vincolo normativo prevede solo il limite di partecipazione di almeno 12 operatori attivi nel bacino considerato. Da qui DRG è partito, realizzando una struttura consortile unica, ma declinata su più bacini. E’ stata un’opzione ritenuta più agile. E infatti in questi ultimi mesi il Consorzio sta ricevendo numerose richieste e manifestazioni di interesse provenienti da ogni area italiana. (E.G. per NL)