Radio. DAB: Agcom avvia consultazione pubblica su obbligo must carry operatori nazionali. Interessanti considerazioni sul limite minimo di CU

MUST CARRY

Must carry e capacità trasmissiva DAB: Agcom (in casuale coincidenza con la sentenza del TAR Lazio di cui abbiamo dato conto ieri), con la pubblicazione di una nuova consultazione pubblica (Delibera n. 184/23/CONS), toglie il velo sul grave problema dell’accaparramento della capacità trasmissiva nazionale e sul limite minimo di CU necessari per un contenuto di sufficiente qualità alla luce dello sviluppo tecnologico (tecniche di processamento sonoro in primis), delle modalità di ricezione e delle abitudini dell’utenza.

Sfruttamento intensivo della capacità trasmissiva in capo ai soci dei consorzi incompatibile con obbligo must carry

Così l’Autorità: “La concentrazione delle risorse frequenziali in capo ai tre operatori di rete nazionali ha determinato l’insorgere di barriere all’ingresso nel mercato dei servizi radiofonici nazionali in quanto si è determinata una carenza di offerta verso soggetti terzi della capacità trasmissiva non utilizzata in proprio”.

Non perdere di vista reale ambito di impiego DAB da parte degli utenti

“La piattaforma DAB+ non è destinata a soddisfare le esigenze di un ristretto pubblico di audiofili bensì, come più volte ricordato, all’ascolto in ambienti di per sé rumorosi (gli autoveicoli) o da dispositivi portatili di piccole dimensioni con altoparlanti integrati dalla resa sonora ben lontana dalla qualità “studio”.

Evoluzione tecnologica riduce bit-rate

“L’evoluzione delle tecniche di codifica audio nel corso degli anni ha condotto a rilevanti miglioramenti dell’efficienza d’uso della capacità trasmissiva delle reti di radiodiffusione sonora digitali, consentendo di ridurre il bitrate (cioè il numero di bit al secondo) e, quindi, l’occupazione di CU del multiplex necessari per la diffusione di un programma radiofonico, senza che ne risulti conseguentemente inficiata la relativa qualità audio percepita dall’utente.

Processo sonoro influenza più di CU

Nelle diverse fasi della catena di produzione dei programmi radiofonici i segnali audio sono, inoltre, più volte elaborati perlopiù con sistemi di codifica a perdita, al punto che la percezione soggettiva della qualità audio può risultare maggiormente influenzata dall’effetto della catena di produzione che dalla maggiore o minore bitrate (cioè dal numero di CU) effettivamente utilizzata in trasmissione”.

Dati diffusione DAB aggiornati a marzo 2022

L’Autorità, col nuovo provvedimento, fornisce anche i dati aggiornati al marzo 2022 sulla diffusione del DAB pubblicati dal World DAB, da cui emerge “una copertura dell’86% della popolazione nazionale, a fronte di una vendita di 4,9 milioni di autoveicoli dotati di dispositivi capaci di ricevere la radio digitale su un totale di 40 milioni di autoveicoli circolanti”. Estremamente ridotta appare la diffusione di ricevitori DAB indoor, pari solo al 10% delle abitazioni.

La delibera sul must carry

Attraverso la Delibera n. 184/23/CONS l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha avviato una consultazione pubblica concernente la rideterminazione dell’obbligo di cessione di capacità trasmissiva di cui all’art. 14, comma 3, lett. a), della delibera n. 664/09/CONS come modificata dalla delibera n. 455/19/CONS, nell’ambito del procedimento di cui alla delibera n. 99/23/CONS.

Le decisioni giudiziarie

Come noto, a seguito della sentenza del TAR del Lazio n. 08574 del 23 giugno 2022, che aveva accolto parzialmente il ricorso proposto nel 2020 da RAI avverso la delibera n. 455/19/CONS, annullandola, in parte qua e della sentenza del Consiglio di Stato n. 01980 del 27 febbraio 2023 che aveva respinto gli appelli riuniti in esame, proposti rispettivamente dall’Autorità e dal Ministero e dall’Associazione RBB (nonché l’appello incidentale proposto da RAI), confermando quindi la sentenza di primo grado, Agcom aveva adottato la delibera n. 99/23/CONS del 19 aprile 2023.

Le conseguenze amministrative

Quest’ultima, recava l’avvio del procedimento per la rideterminazione dell’obbligo di cessione di capacità trasmissiva di cui all’art. 14, comma 3, lett. a), della delibera n. 664/09/CONS come modificata dalla delibera n. 455/19/CONS, “in ottemperanza alla sentenza del TAR Lazio n. 08574/2022 come confermata dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 01980/2023”.

Le massime dell’Agcom

A prescindere dal merito della questione (cui si rimanda con la lettura del provvedimento), appaiono interessanti alcune considerazioni di Agcom che si mostrano del tutto allineate alle posizioni più volte espresse su queste pagine (e ribadite proprio pochi giorni fa in un articolo dedicato al tema, di fatto anticipando le conclusioni dell’Autorità).

L’accaparramento di capacità trasmissiva

“La concentrazione delle risorse frequenziali in capo ai tre operatori di rete nazionali ha determinato l’insorgere di barriere all’ingresso nel mercato dei servizi radiofonici nazionali in quanto si è determinata una carenza di offerta verso soggetti terzi della capacità trasmissiva non utilizzata in proprio.

Il velo

In considerazione delle segnalazioni in tal senso pervenute da parte di fornitori di contenuti indipendenti, l’Autorità ha pertanto ritenuto opportuno procedere all’aggiornamento e integrazione del Regolamento di cui alla delibera n. 664/09/CONS”, spiega Agcom nel provvedimento togliendo il velo dal grave problema dello sfruttamento intensivo della capacità trasmissiva nazionale da parte di fornitori di contenuti non indipendenti.

Must carry espressione di pluralismo

In tale contesto ed in funzione di garanzia dei principi generali del sistema dei servizi della radiofonia a salvaguardia del pluralismo sanciti dal Testo Unico, l’Autorità ha, pertanto, ritenuto necessaria, in linea con il Codice delle comunicazioni elettroniche, “l’introduzione con la predetta delibera, di rimedi rivolti a tutti gli operatori nazionali presenti a prescindere dal rispettivo potere di mercato, non diretti quindi ad equilibrare eventuali squilibri di forza tra di essi, non essendo prevista né ritenuta necessaria una specifica analisi di mercato stante la fase di avvio dello stesso, bensì volti ad assicurare agli utenti finali l’accesso ai servizi di diffusione radiofonica in digitale”.

Maggiore apertura attraverso must carry

Con l’obiettivo, pertanto, di “garantire una maggiore apertura della piattaforma radiofonica digitale e l’accesso alle Unità Capacitive (CU) disponibili sui multiplex DAB nazionali da parte di soggetti terzi rispetto alla Concessionaria e ai soci delle due società consortili presenti“, l’Autorità con la delibera n. 455/19/CONS ha modificato la disciplina sugli obblighi degli operatori di rete di cui all’art. 14 del Regolamento (mediante la sostituzione di tale ultima disposizione), prevedendo al comma 3 l’introduzione, nella fase di avvio dei mercati, in capo a tutti gli operatori di rete radiofonica in ambito nazionale, di un obbligo di cessione di una quota delle unità di capacità del blocco di diffusione (must-carry) a fornitori di contenuti radiofonici nazionali indipendenti

Diversificazione tra RAI, Eurodab e DAB Italia

L’Autorità, per le ragioni riportate nelle premesse del provvedimento censurato, ha ritenuto altresì di dover diversificare tale obbligo, prevedendo la misura (del must carry, ndr) nelle quantità di 216 unità di capacità in capo alla RAI (comma 3, lett. a), dell’art. 14 del Regolamento) e 144 unità di capacità (comma 3, lett. b), dell’art. 14 del Regolamento) in capo a ciascun operatore di rete radiofonica privato EuroDAB e DAB Italia.

Quantificazione obbligo must carry

La scelta dell’Autorità di differenziare la quantificazione dell’obbligo di must carry deriva anche, in particolare, dalla circostanza che, ai sensi dell’art. 12, comma 5, del Regolamento, i multiplex privati sono assegnati non ad una singola società privata (come avviene per il multiplex dedicato alla RAI), bensì a società consortili, partecipate da almeno il 40 per cento delle emittenti legittimamente esercenti l’attività di radiodiffusione sonora in tecnica analogica nello stesso ambito, che avevano già obblighi di riserva di capacità a favore dei propri soci.

Diffusione DAB

Nel provvedimento in esame Agcom fornisce anche dati sulla diffusione del DAB (pubblicati dal World DAB Forum e aggiornati a marzo 2022) dai quali emerge “una copertura dell’86% della popolazione nazionale, a fronte di una vendita di 4,9 milioni di autoveicoli dotati di dispositivi capaci di ricevere la radio digitale su un totale di 40 milioni di autoveicoli circolanti. Estremamente ridotta è, infine, la diffusione di ricevitori DAB indoor, pari solo al 10% delle abitazioni”.

Sviluppo limitato delle reti

“Lo sviluppo ancora limitato delle reti e lo stato immaturo del mercato ha posto, del resto, una criticità derivante dalla concentrazione delle risorse frequenziali in capo ai tre operatori di rete nazionali”, annota Agcom.

Carenza di offerta per i fornitori di contenuti indipendenti (da cui l’importanza di ribadire l’obbligo di must carry)

L’assegnazione dei multiplex alla concessionaria pubblica ed ai due consorzi privati mediante le procedure individuate dalla delibera n. 664/09/CONS ha, infatti, “determinato una carenza di offerta della capacità trasmissiva disponibile per i fornitori di contenuti indipendenti, costituendo di fatto una barriera all’ingresso del mercato dei servizi radiofonici”.

Danno al pluralismo dalla mancata applicazione dell’obbligo di must carry

Allo stato, secondo l’Autorità permane “ancora una domanda di capacità da parte di fornitori di contenuti indipendenti, che, in danno al pluralismo e al detrimento dell’offerta di programmi e servizi disponibili per l’utenza, potrebbe restare inevasa qualora l’obbligo qui in discussione fosse rimosso, stante l’attuale concentrazione dell’offerta in capo a tre soli operatori di rete nazionali”.

L’evoluzione tecnologica porta ad una riduzione del bit-rate

Sul punto, per Agcom, “come ampiamente riconosciuto nella letteratura scientifica di riferimento , l’evoluzione delle tecniche di codifica audio nel corso degli anni ha condotto a rilevanti miglioramenti dell’efficienza d’uso della capacità trasmissiva (nonché, in ultima analisi, dell’efficienza d’uso dello spettro) delle reti di radiodiffusione sonora digitali, consentendo di ridurre il bitrate (cioè il numero di bit al secondo) e, quindi, l’occupazione di CU del multiplex necessari per la diffusione di un programma radiofonico, senza che ne risulti conseguentemente inficiata la relativa qualità audio percepita dall’utente”.

Codifica audio

“Ciò considerato, la codifica audio per lo standard DAB+ che, allo stato, consente il più efficiente utilizzo della capacità trasmissiva è il profilo HE-AAC v2, che presenta anche il pregio di essere certamente presente sui ricevitori in commercio, come riconosciuto dalla stessa Concessionaria e infatti adottato dalla stessa. Tale codifica è assunta, peraltro, a riferimento dall’Autorità nell’elaborazione del PNAF DAB, in ossequio al criterio guida di efficienza d’uso dello spettro, richiamato all’art. 50, comma 520, del TUSMA”.

CU necessari. Effettivamente

“Attesa, pertanto, l’opportunità di impiego da parte della Concessionaria della suddetta codifica, ai fini dell’ottimizzazione d’uso della capacità sul multiplex assegnato, viene in rilievo un ulteriore aspetto. Il numero di CU necessario perché il segnale audio venga percepito dall’ascoltatore ad un certo livello di qualità dipende anche dal tipo di contenuto, essendo ciascun tipo caratterizzato da un differente requisito di bitrate.

Parlato e musica

A titolo di esempio, i programmi “parlati” (ad esempio GR Parlamento) presentano requisiti meno stringenti (minor occupazione di CU per pari livello di qualità audio percepito dall’utente) rispetto a quelli musicali. Di tale aspetto non si può non tenere conto nel determinare la quota di capacità trasmissiva del multiplex assegnato a RAI che può essere riservata ai fornitori di contenuti indipendenti, senza che ciò arrechi alcun pregiudizi all’attuale programmazione.

Esiti degli studi scientifici

Secondo Agcom, “gli studi scientifici di settore mostrano che, per trasmettere un programma radiofonico in DAB+ con un alto livello di qualità audio (quale, ad esempio, quello richiesto dai programmi musicali), risultano sufficienti 48 CU con un encoder HE-AAC v2, laddove un encoder HE-AAC v1 rendeva necessarie 72 CU e un encoder AAC addirittura 96”.

La prassi

A conferma di tale stima, “è utile fare riferimento alle prassi consolidate a livello nazionale. Dall’analisi delle configurazioni dei due multiplex DAB nazionali EuroDAB e DAB Italia, guardando in particolare ai programmi di maggior ascolto trasmessi in simulcast FM per i quali è richiesta la migliore qualità audio, si nota quanto segue: (i) una quota sostanziale di programmi è codificata con il profilo HEAAC v2 (il 45% per EuroDAB, il 65% per DAB Italia); (ii) il numero di CU occupate per ciascun programma non è mai superiore a 48 CU nel caso di codifica audio HE-AAC v2 e non è mai superiore a 72 nel caso di codifica audio HE-AAC v1″.

Analisi comparativa

“L’analisi comparativa dei due suddetti multiplex nazionali privati con quello DAB+ RAI, per altro verso, evidenzia come i programmi diffusi su quest’ultimo sembrerebbero essere caratterizzati da un numero di CU occupate significativamente superiore a quello utilizzato dai più importanti programmi nazionali diffusi con la codifica HE-AAC v1 e quasi doppio rispetto a quello dei più importanti programmi nazionali diffusi con la più efficiente codifica HE-AAC v2, comunque adottata da RAI.

Le esperienze dei Public Broadcasting Service

Volendo estendere tale analisi comparativa a livello europeo, includendo quindi altri operatori PBS (Public Broadcasting Service) come RAI, da uno studio relativamente recente22 emerge come la quasi totalità dei programmi trasmessi con codifica HE-AAC v2 occupi tra le 48 e le 36 CU (mentre la maggior parte di quelli trasmessi con codifica HE-AAC v1 occupa tra le 72 e le 48 CU). Tali evidenze risultano, pertanto, del tutto in linea con le configurazioni trasmissive adottate e i requisiti di capacità individuati dai consorzi privati EuroDAB Italia e DAB Italia per i programmi radiofonici di maggior pregio.

DAB non è per audiofili

“Tanto considerato, si può concludere che una capacità trasmissiva di 48 CU in codifica HE-AAC v2 sia in grado di assicurare una qualità audio di livello pienamente adeguato rispetto alle esigenze di servizio, anche in rapporto all’ambiente di ascolto prevalente nonché alle caratteristiche della catena di produzione dei programmi.

L’impiego del DAB da parte dell’utente

Non va, infatti, dimenticato che la piattaforma DAB+ non è destinata a soddisfare le esigenze di un ristretto pubblico di audiofili bensì, come più volte ricordato, all’ascolto in ambienti di per sé rumorosi (gli autoveicoli) o da dispositivi portatili di piccole dimensioni con altoparlanti integrati dalla resa sonora ben lontana dalla qualità “studio”.

Processamento sonoro

Nelle diverse fasi della catena di produzione dei programmi radiofonici i segnali audio sono, inoltre, più volte elaborati perlopiù con sistemi di codifica a perdita, al punto che la percezione soggettiva della qualità audio può risultare maggiormente influenzata dall’effetto della catena di produzione che dalla maggiore o minore bitrate (cioè dal numero di CU) effettivamente utilizzata in trasmissione“, conclude Agcom. (M.R. per NL)

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