Dopo la questione codici PI, di cui ci siamo occupati qualche settimana fa, arriva un altro duro colpo per gli editori radiofonici da parte dell’industria automotive, in un contesto di settore che già fortemente penalizza il comparto radio, tra i pochi media a resistere alle varie crisi che si sono susseguite e che hanno comunque testimoniato l’enorme duttilità e capacità di adattamento del mezzo.
Premesse
Come sappiamo, da tempo l’ascolto in mobilità su auto è diventato il presidio fondamentale per i concessionari (ed i fornitori di contenuti) FM e DAB, quando invece l’ascolto indoor è prevalentemente appannaggio dell’IP, declinato nella forma delle app, dell’ascolto su sito o dei vari device per smart speaker.
Regole poco amiche
Tuttavia, già da tempo le regole per la fruizione dei contenuti audio in auto si sono fatte più stringenti e meno “amiche” degli editori radiofonici, a vantaggio di una presunta usability da parte dell’utente medio.
* # ‘ _ & C.
Si tralascerà in questa sede di parlare dei vari segni distintivi come asterischi e cancelletti e delle numerose “furbizie” degli editori per scalare posizioni – anche comprensibilmente, vista la situazione – in quella che in parecchi bacini d’Italia sta diventando una lista lunghissima e quasi impercorribile per l’utente di nomi di emittenti, in un contesto praticamente non regolamentato (ma presto dovrà esserlo).
Scoramento progressivo
Lato automotive invece stiamo assistendo ormai da mesi a pratiche che sembrano sempre più scoraggiare gli utenti nell’effettuare ricerche tra le varie emittenti proposte, restringendo sempre più la scelta a sempre meno soggetti (si evidenzia ormai in modo non più eludibile l’importanza del marchio programmi).
La scomparsa della FM (dall’elenco)
Questi interventi – sembrerebbe mirati – si sono concretizzati in prima istanza con la progressiva sparizione della banda FM, con l’impossibilità per molti autoveicoli, specie della fascia medio-alta, di effettuare il cosiddetto scan, cioè la scansione sistematica di tutta la banda FM 88-108 MHz.
Il listone
Ma anche con la creazione del cosiddetto “listone”: un unico grande elenco (solo sul bacino di Roma conta quasi 150 emittenti e a Milano arriva vicino a 200) di radio FM e DAB (in taluni casi poi neanche distinti tra loro), con la priorità sempre accordata alla piattaforma digitale.
Discriminazione analogica
Il che significa che se una radio è disponibile in FM e in DAB sarà sempre sintonizzata attraverso il vettore digitale e se si sintonizzerà manualmente, ove possibile, la banda FM, l’emissione sarà automaticamente spostata in DAB qualora si trovi la stessa emissione su banda digitale.
Sintonia manuale bannata da Automotive
Tralasciando le ovvie difficoltà, per appassionati ed addetti ai lavori, di effettuare un controllo ed un ascolto “non indirizzato” dall’autoradio dei dispositivi ricercati, non si può non sottolineare come in alcuni sintonizzatori (per es. nelle Audi) non è più presente nemmeno la funzione di ricerca frequenza FM.
Limitazioni per l’utente
Cosa che costringe l’utente a scegliere tra una lista (limitata) di emissioni – presumibilmente le più forti in quel determinato punto geografico – e non altre.
Impossibilità di scelta autonoma
Vale a dire che l’ascoltatore di un’emittente non inserita in tale lista non avrà la possibilità di ascoltare la propria radio preferita (o di conoscerla!), se non mediante un complicatissimo meccanismo di inserimento manuale della frequenza, che andrà scritta fisicamente sul display e solo in condizione di macchina ferma, come ben evidenziato più volte dall’audio designer, programmatore e consulente radiofonico Max Pandini.
L’aggiornamento di BMW
Ad oggi però un pericolosissimo aggiornamento – già efficace in BMW e presumibilmente in via di esportazione in tutte le altre marche del gruppo – segna un nuovo inquietante punto di non ritorno per la stabilità e la pluralità del settore.
Il codice PI
In questo nefasto aggiornamento ogni emittente viene riconosciuta dal sintonizzatore unicamente dal proprio codice PI, di cui, in una condizione di mercato così poco regolamentata come quella italiana, conosciamo quanta confusione ci sia sulla scelta e l’utilizzo.
Cosa è
Per chi non lo sapesse il codice PI (che sta per Programme Identification) è un servizio dati trasmesso dalle sottoportanti rds che consentirebbe (qualora ben utilizzato) l’associazione unica ad una singola emittente radiofonica.
Codice alfanumerico
Il codice è costituito da quattro cifre alfanumeriche ed è alla base anche del servizio AF che consente lo spostamento tra diverse frequenze della stessa emittente quando l’ascolto avviene su distanze coperte da più impianti.
Le banche dati
Il problema è che adesso i sintonizzatori associano i rispettivi codici PI a delle banche dati internet, presumibilmente facenti capo alle piattaforme di streaming che comunicano il nome dell’emittente che quindi non viene più ricevuto direttamente ed istantaneamente dal mux (nel caso del DAB) o dal singolo impianto (nel caso della FM), con conseguenze abbastanza disastrose che cerchiamo di riassumere in alcuni esempi, riportati anche nel video a supporto.
Naming
Come si può vedere, non tutti i nomi sono corretti (solo per fare un esempio: a Roma troviamo Idea Radio Civvitavecchia, con due V oppure Radio Romantista in luogo di Radio Romanista) e non c’è modo in cui l’editore possa intervenire per correggerli.
PS
Alcuni nomi riportano (senza nessun senso) in quello che era il campo occupato dal PS (programme service name) del sistema rds o dal long label del DAB (controllato direttamente dagli editori o dai consorzi DAB) anche il claim dell’emittente (per esempio Radio Studio 93 – Solo Belle Canzoni o Dimensione Suono Roma, il ritmo della Capitale).
Associazione PI incontrollabile
Cosa ancora più grave, se una o più emittenti hanno lo stesso codice, il sistema abbinerà automaticamente tutte le emissioni al nome associato al codice PI in questione, rendendo praticamente impossibile per l’ascoltatore trovare o identificare la radio che viene “occultata” da un’altra denominazione.
I casi
Poniamo all’attenzione, per semplificare, un paio di esempi tratti dal bacino di Roma: 70-80.it che identifica se stessa ma anche Radio Cecchetto, che, evidentemente, ha lo stesso codice; Radio Azzurra FM appare invece in luogo di Radio Sardegna (che quindi non è sintonizzabile); ma anche Radio Jeans Network, che compare, ma occulta in realtà Radio Aelle; Radio Netweek, che evidentemente conserva ancora il codice che ora è di Engine Radio (quest’ultima quindi non più sintonizzatile); Radio Onda Ligure 101 al posto di Radio Onda Libera; Radio Stella Città per Radio Tirreno Centrale o RCI Radio Carbonia International, che “copre” Radio Top Italia.
Discriminazioni
E’ evidente quindi che un ascoltatore che voglia cercare un’emittente “occultata” da un’altra riportante lo stesso codice non la troverà mai (a meno di non provare ad ascoltarle tutte!).
Risoluzione autonoma impossibile
Ed anche qualora dovesse trovarla (e qui si aggiunge un elemento di ulteriore gravità) non gli sarà possibile modificare il nome nemmeno memorizzandola, poiché quel nome è ormai irrevocabilmente assegnato all’altra emittente.
Mali estremi da automotive e rimedi improbabili da editori
L’emittente discriminata dovrà pertanto cambiare codice (su tutta la rete, FM e DAB), cercandone uno non già utilizzato.
Conseguenze nefaste
Con tutte le conseguenze nefaste del caso, considerato che i sintonizzatori ormai memorizzano le radio con il codice, quindi un cambio di codice rende obbligatoria una risintonizzazione da parte di tutta l’utenza.
Emittenti senza codice
Meno grave, ma comunque di rilievo, è il problema rappresentato dalle emittenti che non hanno codice PI (generalmente per mancanza della sottoportante rds nella propria emissione FM) che si vedono “appiccicato” random l’identificativo di un’altra emittente, presumibilmente apparsa precedentemente nella stessa area. Per esempio, gli 89.5 MHz di Radio Krishna Centrale a Terni, privi di rds, vengono arbitrariamente etichettati come “Dimension”.
(De)semplificazione
Tutto ciò rende evidente come questo ulteriore elemento, spacciato per semplificazione lato utente, renda sempre meno semplice per gli editori controllare legittimamente i propri contenuti ed addirittura, in molti casi, non finire nell’oblio.
Il parere degli esperti
Sulla vicenda, commenta così l’ing. Francesco Berti, CEO di ITEL, azienda nota nell’ambito del broadcast: “Sulla questione del codice PI, fatto salvo che sarebbe comunque opportuna una regolamentazione interna, dobbiamo ricordare che in Italia – ad esempio – abbiamo venti regioni e dato che il secondo carattere del PI identifica la regione ma può andare solo da 1 fino ad F (quindi complessivamente massimo 15 valori), non è possibile coprire tutte le regioni del nostro paese e quindi è altamente probabile che un “55XX” si possa ripetere in un’altra regione d’Italia.
Chi predomina?
A questo punto, sull’infotainment, quale radio andiamo a mostrare se ce ne sono due che legittimamente hanno lo stesso codice? Siamo di fronte ad un problema indubbiamente molto grave e che può portare pesantissime conseguenze”.
Peccato originale automotive
Al di là degli aspetti squisitamente tecnici e di mancato aggiornamento dei database a disposizione dell’industria automotive, Berti condivide una riflessione legata all’autonomia delle singole emittenti e dei consorzi DAB: “Il problema non è (solo) aggiornare i database ma è formalmente sbagliato non mostrare sulla vettura il nome trasmesso nelle fig del multiplexer, togliendo questa importante prerogativa agli editori.
Limiti gestionali
E se un giorno in ottica di restyling decidessi di cambiare nome all’emittente mantenendo invariato il PI? Continuerei ad avere il vecchio nome in lista fino al prossimo aggiornamento database. Inaccettabile”.
RadioDNS
Commenta la questione però anche Marco Cavestro, tra i maggiori esperti di reti radiofoniche analogiche e digitali in Italia, con un punto di vista differente: “L’unico modo per uscirne è far ricorso al Radio DNS (lo standard aperto che si propone di gestire i dati ed i parametri per uniformare la radio ibrida).
Modifiche in tempo reale
Il sistema funziona bene ed i dati possono essere forniti in tempo reale dalle stesse emittenti”.
Tempus fugit
Ma gli aggiornamenti dei software dell’industria automotive quanto tempo ci metterebbero a recepire le modifiche? Temiamo troppo.
Help Agcom
L’ing. Giorgio Di Marco (Masel), invece, insieme ad altri qualificati operatori del settore, rivolge le sue attenzioni all’Agcom e alla mancanza di regolamentazione dei codici PI: “E’ una prerogativa tutta italiana. Ma una volta tanto la politica non centra: c’è già un’autorità preposta, Agcom”.
Quali sono gli scenari futuri?
Crediamo che ognuno dei soggetti coinvolti possa e debba fare la propria parte: lato automotive sarebbe opportuna una maggiore attenzione e cautela rispetto alle esigenze degli editori radiofonici, non eliminando alcune delle loro prerogative.
Prerogative incomprimibili
Come ad esempio la possibilità di variare i parametri delle proprie emittenti tempestivamente e autonomamente, la possibilità di tenere separate (o perlomeno ben distinte) le bande FM e DAB+; l’opzione di accedere ad uno scan FM (o DAB) o quanto meno di raggiungere velocemente una frequenza; la possibilità di conservare (per chi vuole accedervi) i parametri tecnici delle emissioni FM o DAB+.
Oltre il codice PI
Ma soprattutto superare l’identificazione delle emittenti con la sola logica del codice PI, che, come abbiamo visto, può portare a pericolosissime derive.
Interventi dall’alto
Al tempo stesso e visti gli sviluppi a cui stiamo assistendo, in via parallela e precauzionale, sarebbe opportuno che Agcom riprenda e completi un piano per l’assegnazione in via esclusiva per le emittenti FM e DAB autorizzate di un codice PI.
Registro dei codici
A riguardo, avanziamo una proposta: perché non creare un vero e proprio registro dei codici?
PI come LCN
Perché non si assegna, anche da parte del MIMIT o in sinergia con Agcom, contestualmente al numero di fornitura di contenuti anche un codice PI, come fatto con gli LCN per la tv?
Gli editori facciano la loro parte
Infine, anche gli editori dovranno fare la loro parte, aggiornando periodicamente i loro dati, coordinandoli e ottimizzandoli, anche tramite RadioDNS.
Proposte difensive verso decisioni automotive
Ma le ultime due sono delle proposte quasi – oserei dire – difensive. La palla sta sicuramente al comparto automotive, che dovrà assolutamente considerare le istanze e le necessità del comparto radio, ascoltando i professionisti che non da un giorno stanno lamentando sempre maggiori ostacoli e difficoltà per una corretta ed equa fruizione delle emittenti di tutti i soggetti che, con fatica e passione, cercano di portare avanti il proprio lavoro. (Emilio Pappagallo per NL)