Radio. Cosa sta dietro a richiesta di RAI di ottenere frequenze aggiuntive per rete nazionale n. 1 presentata al MIMIT e vagliata da Agcom?

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Come preannunciato, abbiamo approfondito la curiosa richiesta al MIMIT di RAI di ottenere frequenze aggiuntive per l’implementazione della rete nazionale DAB n. 1, posta all’Ordine del giorno del Consiglio Agcom del 09/10/2024). 
Prima di addentrarci nella complessa ricostruzione di possibili fondamenti della richiesta, effettuiamo, come di consuetudine, un doveroso recap.

Sintesi

Ha destato particolare interesse nel settore la nostra notizia di venerdì sulla richiesta al Ministero delle imprese e del made in Italy da parte di RAI di ottenere frequenze aggiuntive per la propria rete DAB, posta all’Ordine del giorno del Consiglio Agcom del 09/10/2024 (per il conseguimento di parere richiesto dal MIMIT).
Nell’anticipazione di fine settimana, avevamo evidenziato come non fosse dato di sapere di cosa si trattasse (stante la ristretta formulazione), anche se pareva probabile che l’oggetto – le frequenze aggiuntive – fosse un pacchetto di risorse frequenziali, tra i due disponibili, adatto per l’implementazione delle reti DAB. Parliamo, nello specifico, di quelle frequenze non richieste in sede di manifestazione di interesse dai consorzi di radio locali in alcuni bacini di utenza in occasione dei bandi DAB e quindi non assegnate e di quelle accantonate per la rete nazionale n. 12 DTT, originariamente destinata ai televisivi sebbene composta di impianti VHF in molte regioni italiane, che però l’avevano ripetutamente snobbata (stanti i ripetuti tentativi di attribuzione). E, in effetti, così potrebbe essere, quantomeno per una delle nostre ipotesi.

Le verifiche di NL

In realtà, dopo approfondimenti, potrebbe trattarsi anche di un tertium genus o, più probabilmente, di un mix di opzioni. Intanto diciamo che, da quanto ricostruito da NL, la richiesta di RAI di avere frequenze aggiuntive sarebbe finalizzata alla differenziazione della programmazione per esigenze legate alle minoranze linguistiche in alcune aree del territorio nazionale (come la provincia autonoma di Trento ed il Friuli Venezia Giulia) e punterebbe, da una parte, a sfruttare risorse previste dal Piano nazionale di assegnazione delle frequenze di Agcom ai consorzi di emittenti locali, ma non richieste dagli stessi (come accaduto nelle Marche) e, dall’altra, di utilizzare blocchi di frequenze assegnati all’Italia dall’accordo di Ginevra 2006 ma non pianificati (cioè inclusi nel PNAF) da integrare alla rete nazionale n. 1 assegnata alla concessionaria pubblica. Attribuzione peraltro contestata e sub judice avanti al TAR Lazio, posto che RAI riteneva di aver diritto alla rete n. 3, assegnata invece al consorzio Eurodab Italia.

Le conseguenze di un accoglimento della richiesta di integrazione frequenziale di RAI

L’accoglimento della richiesta di RAI nella sua interezza consentirebbe alla stessa di uniformare la rete nazionale n. 1 alle proprie esigenze, superando così le doglianze a fondamento del ricorso avanti ai giudici amministrativi. Sul punto, ricordiamo infatti che il Ministero delle imprese e del made in Italy ha pubblicato il 21/05/2024 gli esiti della procedura di assegnazione del diritto d’uso della rete nazionale DAB+ n. 3, ai sensi della delibera AGCOM 286/22/CONS, indicando come assegnataria l’attuale esercente del diritto d’uso precedentemente assentito, Eurodab Italia. Così completando il quadro nazionale, che vede attribuita al consorzio DAB Italia la rete n.2, ad Eurodab Italia la n.3 e a RAI, appunto, la n. 1.

Diritti compressi

Tuttavia, sul lato opposto, l’assenso allo sfruttamento delle risorse richieste da RAI ridurrebbe ulteriormente il margine di manovra per i consorzi di radio locali, che vedrebbero depauperata la propria provvista frequenziale, considerato che, seguendo il percorso del refarming della banda 700 MHz (che costituisce all’evidenza un precedente giuridico inequivocabile), le reti DAB per le quali non è stata espressa manifestazione d’interesse da parte dei partecipanti dovrebbero essere comunicate ad Agcom, a conclusione dell’intero iter di assegnazione (quindi dopo i beauty contest), al fine di definire i successivi adempimenti di competenza (dei quali l’ultima ratio è la destinazione ad usi non previsti dal PNAF).

Il precedente televisivo

Per esempio, nel caso televisivo, richieste di impiego per risolvere problematiche interferenziali sulle reti di 1° e 2° livello DTT erano state rigettate (peraltro per motivazioni tuttora sub judice avanti alla giustizia amministrativa).

Inevitabile deriva contenziosa

Difficile, quindi, che l’accoglimento della richiesta di frequenze aggiuntive da parte del MIMIT a seguito di un parere favorevole di Agcom potrebbe non essere impugnato dai consorzi delle radio locali e probabilmente dagli operatori di rete televisivi areali che si erano visti negate analoghe istanze (perché così si conclamerebbe una disparità di trattamento).

Meglio la rete 12

Piuttosto, l’occasione sarebbe utile per sfruttare le grandi possibilità offerte dal diverso utilizzo della rete nazionale DTT n. 12, inutilizzata da oltre due anni per disinteresse degli operatori tv, la cui decomposizione (4 blocchi DAB per i canali VHF III, destinati a tale rete in numerose regioni italiane) consentirebbe, non solo di risolvere il problema di RAI (definendo anche il contenzioso con Eurodab Italia), ma anche, attraverso un’accorta ripianificazione integrativa, la quasi totalità di quelli dei consorzi locali in zone radioelettricamente problematiche tra Veneto, Emilia Romagna e Puglia.

Le vicende DTT

Circa la vicenda della rete tv nazionale inassegnata, ricordiamo che, con Delibera n. 25/23/CONS del 08/02/2023, Agcom, all’esito della consultazione pubblica (indetta con delibera n. 366/22/CONS), aveva infatti definito la nuova procedura per l’assegnazione del diritto d’uso delle frequenze pianificate per la 12^ rete del servizio di radiodiffusione digitale terrestre, secondo quanto previsto all’art. 10, comma 4, della delibera n. 65/22/CONS.

Il merito della Delibera n. 25/23/CONS

Il provvedimento stabiliva la procedura per il rilascio del diritto d’uso delle frequenze televisive per la 12^ rete nazionale del PNAF, rimasto inassegnato al termine delle precedenti procedure di cui alle delibere n. 129/19/CONS e n. 65/22/CONS. Al momento della pubblicazione del provvedimento cessava quindi la possibilità di applicazione dell’art. 2, comma 2, lett. b), della delibera n. 129/19/CONS.

Nessun accordo tra Retecapri ed Europa 7

A riguardo, ricordiamo che gli operatori di rete nazionali Premiata Ditta Borghini & Stocchetti di Torino (nota come Retecapri) ed Europa Way (conosciuta come Europa 7), cui in occasione del refarming della banda 700 MHz sarebbe spettato mezzo mux a testa (con un diritto d’uso specifico in capo ad una ed uno generico per lo sfruttamento del 50% della capacità all’altra), nonostante diversi tentativi, non avevano infatti concluso un accordo per la gestione condivisa della 12^ rete  in ambito nazionale.

L’invito formale del Ministero

Conseguentemente, l’allora Mise, in data 20/05/2022, aveva inviato ai due player una lettera di invito a presentare un’offerta per l’assegnazione dell’unico diritto d’uso delle frequenze pianificate per la suddetta rete. Appello, tuttavia, che non aveva condotto ad una definizione consensuale della procedura, con la conseguente presa d’atto di Agcom.

Assegnazione diritto d’uso 12^ rete nazionale

L’Autorità aveva pertanto adottato un provvedimento che prevedeva che il diritto d’uso, utilizzabile esclusivamente per l’offerta dei servizi previsti con le frequenze pianificate dal PNAF, fosse assegnato mediante procedura comparativa onerosa senza rilanci competitivi.

Nuovi entranti, nessun entrante

Una procedura cui avrebbero avuto titolo a partecipare tutti i soggetti interessati, anche nuovi entranti nel mercato dell’offerta di capacità trasmissiva su reti digitali terrestri, in possesso dei requisiti previsti dal bando di gara, ad eccezione dei soggetti con divieto di partecipazione. La delibera stabiliva altresì la partecipazione di società consortili di cui all’art. 2602 del Codice civile, a condizione che assumessero, a pena di esclusione e revoca, anche successivamente all’aggiudicazione e comunque prima del rilascio dei diritti d’uso, la forma di società di capitali secondo quanto stabilito dall’art. 2615-ter del codice civile (oltre ovviamente a rispettare gli ulteriori requisiti previsti).

Nessuna novità per la 12^ rete

Fatto sta che, successivamente, non si erano registrati altri provvedimenti sul tema (qui per consultare la delibera n. 25/23/CONS), almeno fino ad un anno fa, quando si era ipotizzata di destinarla transitoriamente a RAI per le finalità di avvio del DVB-T2 attraverso la conversione di uno dei suoi mux.

L’obbligo di conversione al T2 di un mux  in capo a RAI

Il quell’occasione avevamo osservato come il nuovo contratto di servizio tra RAI e Ministero delle imprese e del made in Italy, recependo prescrizioni precedenti, avrebbe imposto dal gennaio 2024 alla concessionaria pubblica di convertire uno dei suoi mux da DVB-T (presumibilmente il mux B) in DVB-T2, per favorire la migrazione del sistema post refarming della banda 700 MHz, studiato per il T2, ma operativo, coi limiti del caso, sia quanto a disponibilità di capacità trasmissiva che diffusivi, in T1.

I penalizzati

Tuttavia, convertire un intero mux in T2 (come noto, non si può operare sui singoli contenuti) avrebbe comportato l’irricevibilità dei canali trasportati a quell’utenza priva di tv/decoder adeguati al relativo standard (sono T2 ready i tv venduti dal 2017 in poi), così penalizzando una quota più o meno rilevante di pubblico, con discriminazioni per quest’ultimo e per la RAI stessa, che avrebbe subito un calo d’ascolto sui FSMA veicolati sul multiplexer convertito (da T1 a T2) a vantaggio dei concorrenti privati (Mediaset in primis).

Nessuna proroga alla sperimentazione

D’altra parte, posticipare la sperimentazione, però, non si sarebbe potuto, considerato che la fase transitoria avviata col refarming avrebbe dovuto comunque concludersi auspicabilmente entro il 2025 (quando l’intero sistema dovrà migrare in T2).

L’idea

Di qui l’idea di sfruttare transitoriamente la rete per la sperimentazione T2. Ovviamente RAI non pretendeva un’attribuzione definitiva della risorsa frequenziale della 12^ rete nazionale, considerato che ciò non sarebbe stato possibile per vincoli sul numero di reti, ma uno sfruttamento temporaneo, nelle more della decisione finale sul suo impiego, così salvando capra (mux B) e cavoli (obbligo di sperimentazione).

Come è finita

Come è andata a finire si sa: non se ne è fatto nulla e la RAI ha dovuto convertire un suo mux con gli effetti deleteri ampiamente previsti sull’audience dei FSMA trasportati, senza peraltro alcun beneficio per lo sviluppo del T2.

Frequenze aggiuntive,  ma per tutti

La vigente occasione (quella della richiesta delle frequenze aggiuntive da parte della concessionaria pubblica) sarebbe quindi ideale per destinare, una volta per tutte, l’impiego della rete nazionale n. 12 per il DAB (peraltro il pacchetto di frequenza che la componeva era già stato oggetto di revisione proprio per agevolare la pianificazione della radio digitale via etere) e, quindi, la possibilità che le frequenze aggiuntive, di cui alla richiesta di RAI, possano essere prelevate da tale provvista insieme a quelle necessarie per la soluzione delle insufficienti pianificazioni locali. (M.R. per NL)

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