Ma tutte le emittenti radiofoniche nazionali illuminano almeno il 60% del territorio e tutti i capoluoghi di provincia? La domanda è lecita, posto che è tuttora vigente l’art. 3 c. 5 L. 249/1997, che fissa detto limite inferiore di copertura per preservare il titolo concessorio nazionale.
Così, sebbene l’art. 2 c. 1 lettera u) del D. Lgs. 177/2005 (T.TU. dei servizi di media audiovisivi e radiofonici) si limiti a definire "ambito nazionale" l’esercizio dell’attività di radiodiffusione televisiva o sonora non limitata all’ambito locale (ex art. 2 c. 1 lettera v costituito dall’esercizio dell’attività di radiodiffusione televisiva e sonora con irradiazione del segnale fino a una copertura massima di 15 mln di abitanti), l’art. 54 c. 1 lettera del medesimo testo normativo ha fatto salvo il predetto art. 3 c. 5 L. 249/97, che quindi è a tutti gli effetti vigenti. Proprio sulla scorta di tale presupposto normativo, secondo insistenti rumors che circolano da giorni, sarebbero in corso delle verifiche da parte degli organi di controllo, forse incentivati da segnalazione di terzi operatori su almeno un paio di soggetti che potrebbero non garantire il rispetto del suddetto requisito. In verità, più probabilmente, la verifica consegue ad una segnalazione della Corte dei Conti a seguito della relazione del 28/12/2015 sulle misure di sostegno alle emittenti radiofoniche e televisive in ambito locale (art. 45 L. 448/1998). In tale occasione la suprema magistratura contabile dello Stato aveva osservato come il dimensionamento territoriale nel rispetto dei canoni di legge “potrebbe avere effetto anche sulla ricorrenza dei presupposti per l’erogazione dei contributi, dal momento che appare legata al carattere di nazionalità, inteso come diffusione analogica del segnale su tutto il territorio italiano”, invitando il Ministero dello Sviluppo Economico a “compiere accertamenti sulla diffusione del segnale analogico sull’intero territorio nazionale”. (M.L. per NL)