Con due recentissime sentenze (gemelle) il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso in appello di alcune emittenti radiofoniche locali che avevano censurato dapprima l’operato dell’Amministrazione in prima istanza e poi a seguito di rigetto in primo grado del ricorso in sede di gravame. Oggetto del contendere: le graduatorie radio locali anno 2016.
Le graduatorie radio locali anno 2016 sub judice
I diversi spunti offerti dal supremo consesso nelle proprie motivazioni vanno univocamente verso un’unica direzione: l’amministrazione deve esercitare il suo potere nei confronti del privato (nello specifico delle emittenti radiofoniche) in modo “corretto” e “non contraddittorio”.
Il quadro normativo in punto di fatto e di diritto
La vicenda trae origine dall’applicazione del D.P.R. n. 146/2017, in attuazione dell’articolo 1, comma 163, della legge n. 208/2015, il quale ha disciplinato i criteri di riparto e le procedure di erogazione delle risorse dell’esercizio finanziario 2016 in favore delle emittenti televisive e radiofoniche locali.
Il dettato del DPR 146/2017
Secondo l’art. 5 del citato DPR vengono disciplinate le singole fasi del procedimento che si articolano nella presentazione della domanda, istruttoria, la pubblicazione di una graduatoria provvisoria, a cui possono seguire eventuali reclami e rettifiche, nonché la pubblicazione della graduatoria definitiva.
Il Regolamento
Da parte sua l’art. 6 del “Regolamento” disciplina i criteri per l’attribuzione dei contributi, rappresentati – oltre che dal numero medio di dipendenti (lett. a) e dal numero medio di giornalisti dipendenti (lett. b) – con particolare riferimento alle emittenti radiofoniche, in attesa della piena operatività di un eventuale sistema di rilevazione degli ascolti, dal “totale dei ricavi maturati nell’anno precedente per la vendita di spazi pubblicitari ritenuti ammissibili sulla base della presentazione di fatture quietanzate, risultanti da dichiarazione resa da professionista iscritto nell’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili” (lett. d), nonché dal “totale dei costi sostenuti nell’anno precedente per spese in tecnologie innovative ritenute ammissibili sulla base della presentazione di fatture quietanzate risultanti da dichiarazione resa da professionista iscritto nell’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili secondo quanto stabilito nell’allegata tabella 1” (lett. e).
Le regole
In attuazione del predetto art. 5 veniva emanato, il d.m. 20 /10/2017, avente ad oggetto le “Modalità di presentazione delle domande per i contributi alle emittenti radiofoniche e televisive locali” per le annualità 2016 e 2017 il quale, all’art. 4, individua i contenuti della domanda per le emittenti radiofoniche.
Le richieste
Il D.M. richiede, in particolare:
“e) il totale dei ricavi per vendita di spazi pubblicitari nell’esercizio precedente ritenute ammissibili, secondo quanto stabilito dal punto 3, lettera b) della tabella 1 del Regolamento;
f) il totale dei costi sostenuti nell’esercizio annuale precedente per spese in tecnologie innovative ritenute ammissibili, secondo quanto stabilito dal punto 4 della tabella 1 del Regolamento”.
La documentazione
Il comma 4 della norma stessa indica nei seguenti termini, per entrambi i criteri, la documentazione da produrre: “b. dichiarazione resa da professionista iscritto all’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, ai sensi di quanto previsto dal comma 1, lettera d) dell’art. 6 del Regolamento, attestante il totale e la pertinenza dei ricavi derivanti dalla vendita di spazi pubblicitari di cui al comma 2, lettera e) del presente articolo, risultante da fatture quietanzate ovvero con documento attestante l’avvenuto incasso da presentare singolarmente in copia, riferite esclusivamente al marchio/palinsesto per il quale si presenta la domanda.”
Il facsimile
Il facsimile di domanda allegato al d.m. prevede, inoltre, in proposito (modulo B, dedicato alle emittenti radiofoniche) che costituisce parte integrante della stessa una “Dichiarazione resa da professionista e relative fatture per ricavi vendita spazi pubblicitari”.
La decisione dei supremi giudici amministrativi
Il Supremo Consesso, con i provvedimenti che qui disaminiamo, da una parte individua quale fonte normativa primaria soprattutto per ciò che concerne il “criterio per l’attribuzione dei punteggi” nel d.P.R. 146/2017, “sia in termini gerarchici di forza normativa, sia in termini funzionali”, stabilendo come “il successivo d.m. 20 ottobre 2017 “ avesse nella sostanza “valenza attuativa del primo” in una logica di coerenza tra di essi.
Nodo gordiano
“Il nodo della controversia si concentra sull’interpretazione della previsione relativa alla documentazione richiesta per il riconoscimento dei punteggi“, spiega a NL l’avvocato Marco Bielli del Foro di Roma, patrocinatore dei ricorrenti.
I principi dettati dal CdS
“Infatti l’amministrazione riteneva che secondo le previsioni di cui “all’art. 4, comma 2, lettera b) del DM 20.10.2017” vi fosse l’obbligo di presentazione, pena l’inammissibilità, di “fatture quietanzate ovvero con documento attestante l’avvenuto incasso da presentare singolarmente in copia”.
Di diverso avviso il Consiglio di Stato che detta nel corpo motivazionale alcuni principi a cui le Amministrazioni nelle procedure ad evidenza pubblica devono attenersi”, ci riferisce l’avvocato Bielli.
In primis
“Nell’interpretazione di un bando trovano applicazione le norme in materia di contratti, e anzitutto i criteri letterale e sistematico previsti dagli artt. 1362 e 1363 cod. civ“, annota l’avvocato.
“Le preminenti esigenze di certezza connesse allo svolgimento delle procedure concorsuali di assegnazione di contributi, analogamente a quelle di selezione dei partecipanti ad una procedura di evidenza pubblica, impongono di ritenere di stretta interpretazione le clausole del bando stesso: ne va perciò preclusa qualsiasi lettura che non sia in sé giustificata da un’obiettiva incertezza del loro significato letterale; per cui, secondo la stessa logica, sono comunque preferibili, a garanzia dell’affidamento dei destinatari, le espressioni letterali delle varie previsioni, affinché la via del procedimento ermeneutico non conduca a un effetto, indebito, di integrazione delle regole di gara aggiungendo significati del bando in realtà non chiaramente e sicuramente rintracciabili nella sua espressione testuale.”
Il caso di specie
“Nel caso di specie – annota il legale – va quindi garantita la prevalenza al dato letterale del regolamento – recante la disciplina di modalità di presentazione della domanda – che, in relazione alle voci dei criteri in contestazione, lettere d) ed e) dell’art. 6 d.P.R. cit., prevede la necessità, a pena di ammissibilità, rispettivamente: – di una “b. dichiarazione resa da professionista iscritto all’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, ai sensi di quanto previsto dal comma 1, lettera d) dell’art. 6 del Regolamento, attestante il totale e la pertinenza dei ricavi derivanti dalla vendita di spazi pubblicitari di cui al comma 2, lettera e) del presente articolo, risultante da fatture quietanzate ovvero con documento attestante l’avvenuto incasso da presentare singolarmente in copia, riferite esclusivamente al marchio/palinsesto per il quale si presenta la domanda”;
– con analoga terminologia, di una “c. dichiarazione resa da professionista iscritto all’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, ai sensi di quanto previsto dal comma 1, lettera e) dell’art. 6 del Regolamento, attestante il totale e la pertinenza dei costi sostenuti nell’esercizio annuale precedente per spese in tecnologie innovative di cui alla lettera f) del precedente comma 2, risultante da fatture quietanzate ovvero con documento attestante l’avvenuto pagamento da presentare singolarmente in copia, riferite esclusivamente al marchio/palinsesto per il quale si presenta la domanda”.
Il tenore della norma
“Ne discende come dal tenore letterale della previsione emerge come a pena di inammissibilità fosse richiesta, in termini formali, una dichiarazione del professionista, recante, in termini sostanziali, gli elementi indicati”, ci precisa l’avv. Bielli.
Errori
“Dunque ha errato dapprima l’Amministrazione e poi il TAR secondo cui vi sarebbe stata la necessità di allegare oltre alla dichiarazione, le fatture e di un documento attestante l’avvenuto – rispettivamente – incasso e pagamento”, spiega a NL il legale.
Interpretazione restrittiva
Da ciò ne discende come la diversa interpretazione per cosi dire “restrittiva” finirebbe per costituire un “non previsto appesantimento formale, incoerente rispetto al principio generale di non aggravamento del procedimento”.
In secundis
“In tale ipotesi, come peraltro è accaduto l’Amministrazione avrebbe dovuto assumere un atteggiamento “collaborativo” applicando la regola del soccorso istruttorio, costituente ormai un principio generale e applicativo dell’art. 97 Cost. (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez. V n. 6132 del 2021 e sez. VI n. 3664 del 2021)”, richiama sul punto l’avvocato Bielli.
Orientamento radicato
Detta regola, la cui applicazione è frutto di una ormai consolidato indirizzo della giurisprudenza amministrativa, “deve necessariamente essere applicata dall’amministrazione pubblica qualora gli atti tempestivamente prodotti contribuiscano a fornire ragionevoli indizi in merito al possesso del requisito di partecipazione ad una procedura concorsuale, non espressamente documentato”.
Soccorso istruttoria
Ed ancora “va ribadito il principio per cui nelle procedure comparative, caratterizzate dalla presenza di un numero ampio di partecipanti, il soccorso istruttorio, previsto dall’ art. 6, comma 1, lettera b), l. n. 241 cit. non può essere invocato, quale parametro di legittimità dell’azione amministrativa, tutte le volte in cui si configurino in capo al singolo partecipante obblighi di correttezza — specificati mediante il richiamo alla clausola generale della buona fede, della solidarietà e dell’autoresponsabilità — rinvenienti il fondamento sostanziale negli artt. 2 e 97 Cost. , che impongono che quest’ultimo sia chiamato ad assolvere oneri minimi di cooperazione, quali il dovere di fornire informazioni non reticenti e complete, di compilare moduli, di presentare documenti.
Doveri correttezza e non contraddittorietà
“In sostanza – chiosa la sentenza che l’avvocato Bielli ha cortesemente commentato – se da una parte nelle domande dei partecipanti vi è stato certamente l’adempimento agli obblighi formali previsti da una piana lettura delle regole di procedura, dall’altra è “l’amministrazione ad essere venuta meno ai doveri di correttezza e non contraddittorietà (…)”. (E.G. per NL)