Sembrano lontanissimi i fasti delle grandi convention di qualche anno fa, quando Enzo Campione, patron di Radio & Reti chiamava alla sua corte clienti, operatori e giornalisti in rinomate località, illustrando le brillanti performance della sua concessionaria di pubblicità davanti a piatti elaborati, accompagnati da costosi vini.
Quell’Enzo Campione, ammirato, invidiato, amato, odiato pubblicitario che era entrato nel settore radiofonico acquistando nel 1976 la milanese Radio Montestella e fondando, subito dopo, la Atorn, una delle prime società di produzione di spot e programmi radiofonici, evolutasi (nel 1981) nella prima grande concessionaria radiofonica milanese, con le migliori 20 radio locali in listino. Quel trentenne dalle larghe vedute che, nei luccicanti primissimi anni ’80 della Milano da bere, aveva realizzato una joint-venture con le due principali concessionarie di pubblicità dell’epoca: Radio Video delle Edizioni Paoline (editrice di Novaradio e Telenova) e la STP di Lorenzo Nicolini, da cui sarebbe sorta Divisione Radio Italia (di cui Campione sarebbe stato azionista e a.d. dal 1982 al 1987). Quell’indomito personaggio che, un anno dopo, a seguito della fusione di Divisione Radio Italia con l’antagonista SPER, avrebbe colmato la ritenuta lacuna di un mercato che era impensabile potesse essere appannaggio di una sola superconcessionaria, fondando Radio & Reti, società partecipata nientemeno che da Publitalia, che avrebbe scombussolato i piani degli utopici realizzatori della maxiconcentrazione nel settore della pubblicità radio. Negli anni ’90 l’ascesa dell’ex editore radiofonico sembrava inarrestabile: dopo la (prevedibile) implosione del colosso DRI-SPER, Radio & Reti consolidava la sua presenza nel settore, aumentando il fatturato dai 9 miliardi di lire del 1990 ai quasi 91 del 1997, sottoscrivendo importanti contratti di concessione con grandi player radiofonici, arrivandone a partecipare alcuni (come Radio Italia, Radio Italia Anni 60, Play Radio e Kiss Kiss). Poi, però, qualcosa nel complesso ed apparentemente perfetto meccanismo s’inceppa e le cose iniziano a non andare per il verso giusto. Alcune grandi emittenti nazionali (come RDS), compreso (alla luce della progressiva concentrazione delle stazioni esistenti e dello sviluppo dell’audience) di avere il coltello dalla parte del manico non sono più disponibili a vivere una condizione di (apparente o sostanziale poco importa) sudditanza rispetto ai loro rappresentanti commerciali, si dotano di concessionarie interne (cd. captive), per meglio valorizzare la singolarità del proprio layout ed evitare la (ritenuta deleteria) vendita a pacchetto. La defezione appanna l’immagine degli aggregatori di radio come R&R, che accusano gravi ripercussioni commerciali, economiche e finanziarie dalla dichiarazione di indipendenza degli editori di spicco. Ma il virus nel sistema si era già annidato tempo prima. A quel tempo, infatti, Campione aveva già commesso quello che è ritenuto il più classico degli errori strategici dei radiofonici: si era fatto abbagliare dalla tv. Dopo aver avviato, alla fine degli anni ’90, nell’ottica di un progetto multimediale, la commercializzazione degli spazi pubblicitari sui canali tv via satellite Nuvolari, Alice e Leonardo, nel 2000 R&R aveva focalizzato l’attenzione su Video Italia, spin-off di Radio Italia, per poi acquisire, nel 2004, la concessione di Sportitalia, la prima rete televisiva nazionale dedicata allo sport. A marzo dello stesso anno erano poi entrati nel portafoglio della concessionaria anche Eurosport ed Eurosportnews, reti internazionali diffuse sul bouquet di Sky. L’anno 2004 si era chiuso con un volume di fatturato di 70 milioni di euro, ma la componente radio cominciava a soffrire, mentre i margini sulla raccolta tv non apparivano poi così interessanti. Eppure, ancora nel 2006, Campione insiste nel puntare sulla tv, realizzando operazioni societarie e commerciali con alcune grandi emittenti tv locali, che, alla prova dei fatti, si dimostreranno dispersive ed inconcludenti. Così il ruolo di Radio & Reti nel settore mediatico continua a sfumarsi, la presenza diviene più flebile, le quote nel mercato core della radiofonia si riducono e le più importanti emittenti (ancora) in concessione cominciano a farsi domande sul proprio futuro. A dare la mazzata finale a Campione ci pensa la crisi economica mondiale, che lo colpisce nel momento della sua massima fragilità commerciale, economica e finanziaria, determinando la perdita dei contratti con le emittenti nazionali che costituivano il principale appeal commerciale. Seguono comprensibili problemi di liquidità e l’abbandono di account di spicco, che conducono negli ultimi mesi alla richiesta di ammissione alla procedura per il concordato preventivo. Ora l’epilogo: Radio e Reti è ufficialmente in fallimento a seguito della procedura avviata dal Tribunale di Milano lo scorso 6 agosto (prima udienza fissata per il 15 gennaio 2014) che ha nominato curatore il professionista Paolo Beretta Zanoni. A seguito del forfait di R&R dovranno quindi trovare una nuova collocazione emittenti importanti nel portafoglio di Campione quali Radio Bruno, Radio Subasio, Radio Norba e Radio Babboleo. Chissà se, a 63 anni, l’ex enfant prodige della radiofonia milanese dimostrerà ancora una volta la sua natura di araba fenice. Noi glielo auguriamo. (M.L. per NL)