Radio. Chi pensava che lo spettro dello sterminio di centinaia di impianti FM fosse alle spalle si sbaglia. Dentro la P.A. c’è chi lo vuole

spettro

Mentre la discussione sull’opportunità di uno switch-off FM/DAB+ al 2030 rimane al momento un mero, ancorché acceso, confronto dialettico a distanza tra gli operatori del settore, lo spettro che l’Italia possa immolare sull’altare dei good offices molte centinaia di impianti FM (privati) più o meno incompatibili con emissioni estere coordinate UIT, è ancora reale.

La brace

Sì, perché, a quanto riferito a NL, qualcuno al Ministero dello sviluppo economico starebbe soffiando sulla brace del Piano FM, che Agcom sarà chiamata a predisporre e che il dicastero di Giorgetti dovrà, poi, attuare. E non necessariamente per velocizzarne la realizzazione.

Il parere del Consiglio di Stato

Nonostante a fine settembre 2021 il Consiglio di Stato, nel parere (1582/2021) reso sul nuovo TUSMAR (Testo unico dei servizi media audiovisivi e radiofonici), avesse allertato sugli effetti deleteri che lo spegnimento degli impianti FM incompatibili con le emissioni estere potrebbe avere sull’economia delle imprese radiofoniche italiane, una corrente interna al Mise sembrerebbe orientata a cedere il passo agli stranieri (Slovenia in testa, che nel 2019 aveva dichiarato di volere “mostrare i denti”).

Attenzione ai tempi

E a proposito di passo, facciamone uno indietro.
La Sezione Atti Normativi del Consiglio di Stato richiamava “Possibili ricadute negative, anche economiche, sulla concorrenza, con particolare riguardo alla radiofonia soprattutto locale e alle imprese italiane, spesso di piccole e medie dimensioni, che operano in questo settore, che vedrebbero sacrificata la loro attività in ragione della tutela, ritenuta prevalente, dell’interesse dei paesi radio-elettricamente confinanti”.

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Il gruppo dello Spettro

Bene, immediatamente prima e dopo la conclusione di tale attività consultiva del supremo consesso di giustizia amministrativa, segnatamente il 20/09/2021 e il 05/11/2021, si tenevano due riunioni al Radio Spectrum Policy Group (RSPG) in seno alla Commissione Europea (RSPG21-042 Final Radio Spectrum Policy Group – 28th Progress Report of the RSPG Sub-Group on cross-border coordination). All’esito delle quali seguiva il report 24/11/2021, su cui ci siamo ampiamente soffermati nelle scorse settimane.

Croazia e Slovenia: nessun progresso con gli italiani

Nel corso delle citate riunioni RSGP, davanti ai responsabili italiani, Croazia e Slovenia (in particolare) si erano lamentate di come non vi fossero “stati progressi significativi da parte italiana nella risoluzione delle problematiche interferenziali in FM”.

Delusi e frustrati

I due paesi avevano definito, senza mezzi termini, la situazione italiana come “deludente e frustrante”. E, perciò, avevano chiesto garanzie che Agcom definisse un piano di assegnazione FM solo sulla base dei “diritti internazionali italiani”. Cioè delle frequenze coordinate. Che, come noto, allo stato, sono solo quelle RAI (ironia della sorte, unico player radio favorevole allo switch-off FM/DAB+).

Passare al DAB+ abbandonando la FM

Il rapporto del Radio Spectrum Policy Group sottolineava sul punto come, tenuto conto dell’elevato numero di programmi FM italiani, fosse necessario rendere disponibile una capacità trasmissiva sufficiente in DAB+ per consentire la migrazione delle emissioni in modulazione di frequenza non coordinabili.

Non accetteremo elusioni sugli spegnimenti FM

Il documento recava anche un piccato riferimento alla legislazione interna che avrebbe potuto surrettiziamente favorire l’ennesimo aggiramento politico del problema. Evidentemente il nuovo TUSMAR, ormai stagnante da oltre un mese dopo l’esame delle commissioni parlamentari.

Italia non aggiri lo spettro

L’Italia ha l’obbligo di rispettare le regolamentazioni ITU per gestire e utilizzare lo spettro radio in modo efficiente e per prevenire la produzione di interferenze – si leggeva nel report –. Solo quando si realizzerà un piano FM italiano, Slovenia e Croazia avranno sufficiente fiducia per poter negoziare un’armonizzazione delle emissioni scevre da interferenze ed una ottimizzazione della capacità trasmissiva per ciascun paese, secondo il principio dell’accesso equo”.

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Spettro e corrente

Ora, dicevamo, rumors riferiscono di una corrente ministeriale molto intrasingente, che vedrebbe di buon grado una interpretazione del nuovo TUSMAR vincolante sull’obbligo di coordinare gli impianti FM italiani con quelli esteri. Coordinamento che, però, potrebbe passare solo da un Piano FM licenziato da Agcom. Il quale, giocoforza, sterminerebbe una quota rilevante degli attuali impianti di diffusione analogici, considerato che – a quanto pare – più del 35% degli esistenti non sarebbero coordinabili.

More e lamponi

Siccome però, realisticamente, l’attuazione del Piano FM difficilmente potrebbe essere – ci si perdono il gioco di parole – pianificabile prima del 2025 (inteso come inizio dei giochi e non termine, beninteso) e difficilmente croati e sloveni sarebbero disponibili ad attendere ancora così a lungo (soprattutto alla luce di talune rassicurazioni italiane di provvedere a breve), sarebbe più “semplice” riprendere l’idea della ricognizione dell’esistente per identificare gli impianti incompatibili.

Restrizioni e somme

Assumendo poi iniziative restrittive verso di essi, nelle more della regolamentazione Agcom.
Insomma, Piano FM o ricognizione che sia, variando l’ordine degli addendi la somma dei disattivati non cambierebbe. (E.G. per NL)

 

 

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