Radio. Brand e marchi, Tribunale di Venezia afferma la non tutelabilità di un claim radiofonico. Troppo debole e non caratterizzante l’impiego

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Marchi e format: troppo debole per meritare tutela secondo il Tribunale di Venezia, che, con ordinanza (ora impugnata), ha rigettato la richiesta di inibitoria avanzata da tre soggetti (il titolare del marchio e due emittenti radiofoniche licenziatarie) contro un pay-off in parte sovrapponibile a quello impiegato da una terza stazione.

Sintesi

Il Tribunale Civile di Venezia ha definito, in primo grado cautelare (sicché bisognerà verificare gli ulteriori gradi di giudizio) un particolare contenzioso in tema di marchi tra società esercitanti l’attività di radiodiffusione avente oggetto il claim Forever Young dal celebre brano del 1984 del gruppo musicale tedesco Alphaville.
La decisione, estremamente tecnica nonostante la sommarietà tipica del procedimento cautelare, costituisce un interessante precedente su un tema che Newslinet da qualche anno segue con grande attenzione: quello della tutela di marchi radiotelevisivi in un momento storico (quello della progressione della disintermediazione) in cui il brand assurge ad asset strategicamente ed economicamente significativo per le imprese.

La vicenda

Nel dettaglio della vicenda, con ricorso d’urgenza, la persona fisica titolare del marchio e due emittenti radiofoniche locali (licenziatarie del medesimo marchio) avevano convenuto in giudizio avanti al tribunale civile di Venezia una società editrice concorrente, chiedendo l’inibitoria di ogni utilizzo del motto Forever Young, nonché il ritiro dal commercio, l’eliminazione di ogni materiale pubblicitario e promozionale, con cancellazione anche dai social network e dalle pagine ufficiali, con pubblicazione del dispositivo su un quotidiano nazionale ed anche sulla presente testata specialistica.

Istanza respinta

Il giudice dell’organo giurisdizionale di Venezia accogliendo le richieste della società resistente, assistita dal professor Emanuele Montelione e dall’avvocato Gian Luca Barneschi, ha tuttavia respinto l’istanza dei ricorrenti.

Forever Young espressione ormai comune

Nelle difese della società resistente era stato evidenziato come Forever Young fosse un’espressione ormai di uso comune, associata ad uno stato d’animo, oltre che, ovviamente e soprattutto, il titolo di una celebre canzone degli anni ‘80 (il notissimo pezzo del 1984 del gruppo tedesco Alphaville) e di numerose opere di vario genere.

Difesa: rischio di confusione assente

In ogni caso, secondo la tesi difensiva, non vi sarebbe stato alcun rischio di confusione da parte del pubblico all’ascolto.

Debolezza del marchio

Il giudice di Venezia, con motivazione estremamente argomentata (nonostante si trattasse di un procedimento per sua natura sommario), ha rilevato il difetto di titolarità attiva relativamente alla posizione delle cessionarie del marchio oggetto di causa (il pay-off risultava concesso in licenza dal soggetto titolare – persona fisica – a due emittenti, di cui una facente capo al medesimo intestatario dell’insegna) e, soprattutto, la debolezza del marchio stesso.

Impiego del claim

Tale fondamentale assunto decisorio è stato motivato sulla base dello specifico utilizzo delle ricorrenti e della comune percezione dell’espressione Forever Young.

Valenza distintiva bassa

Uno slogan ritenuto, quindi, per la sua valenza distintiva bassa, insuscettibile di uso esclusivo tale da escludere l’ammissibilità dell’uso di sue varianti.

Associabilità

A ciò si è aggiunto il riconoscimento della non illiceità di quanto contestato in conseguenza dell’utilizzo dell’espressione in questione sempre unitamente al logo e/o al nome dell’emittente radiofonica e ad altra locuzione, associabile dall’ascoltatore medio non tanto alla tipologia di musica trasmessa, ma all’eterna gioventù richiamata dal nome dell’emittente resistente.

Differenza dei format delle emittenti

Nella sua contestualizzata analisi, il giudice chiamato a decidere sul caso ha anche evidenziato la differenza tra i format musicali trasmessi dalle emittenti radiofoniche delle vertenti (altro tema caro a Newslinet per la sua estrema attualità) e, soprattutto, la tardività dell’azione, rispetto al verificarsi del preteso illecito concorrenziale.

Condanna alle spese ed appello

Al rigetto del ricorso ha fatto seguito condanna alle spese delle società ricorrenti, che tuttavia hanno appellato la decisione e che, pertanto, potrà essere oggetto di revisione nei successi gradi di giudizio.

La rilevanza del contesto storico-culturale del marchio

La decisione del Tribunale di Venezia è particolarmente importante in quanto si colloca in un momento storico, attentamente monitorato da Newslinet, che vede la tutela del marchio, del brand, del format e del layout di stazioni radiotelevisive assurgere ad esigenza primaria.

La differenza tra intensità dei marchi

Entrando del merito dell’importante precedente settoriale, il giudice veneto ha approfondito un elemento su cui spesso ci siamo soffermati su queste pagine: la distinzione tra marchio forte e debole, evidenziando che un marchio è considerato forte quando vi è un distacco concettuale tra il segno e il prodotto o servizio a cui si riferisce.

Marchio forte

Sul punto, è stata richiamata dal Tribunale di Venezia la sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 39764/2021, dove è stato chiarito che “il marchio è tanto più forte quanto più vi sia un distacco concettuale tra il medesimo e il prodotto o il servizio a cui si riferisce, secondo un’ideale curva progressiva del parametro della capricciosità e dell’arbitrarietà del collegamento, che va dalla generica denominazione del prodotto o servizio stesso (che possiede un tasso di distintività pari a zero), sino all’assenza assoluta di collegamento logico (distintività massima), attraverso gradini intermedi che declinano in via decrescente l’intensità del collegamento logico fra segno e prodotto o servizio”.

Marchio debole

Il marchio, dunque, secondo gli ermellini, è debole quando risulta concettualmente legato al prodotto, “perché la fantasia di chi lo ha concepito non è andata oltre il rilievo di un carattere o di un elemento del prodotto stesso, oppure quando è costituito da parole di comune diffusione che non sopportano di essere oggetto di un diritto esclusivo” (cfr. Cass. n. 30951/2018, n. 738/2020 e n. 26872/2021).

Esempio di marchio forte…

Ad esempio, Google è considerabile un marchio estremamente forte in quanto è altamente riconoscibile e distintivo, popolare al punto che il termine è stato trasformato in un verbo in diverse lingue, incluso l’italiano (“googlare“), per indicare l’atto di effettuare una ricerca sul web.

… e di marchio debole

Viceversa, sono marchi deboli quelli che che descrivono direttamente il prodotto o servizio (es. “Pane fresco” per un panificio), che coincidono con il nome comune del prodotto o servizio (es. “Pasta” per un pastificio) o che suggeriscono solo vagamente le caratteristiche del prodotto o servizio (es. “Dolcezza” per una pasticceria).

Tutelabilità

La qualificazione come “forte” o “debole” di un marchio incide sull’intensità della tutela riconoscibile al medesimo, poiché in relazione al marchio forte – spiegano ancora i giudici supremi – “vanno considerate illegittime tutte le modificazioni, pur rilevanti e originali, che ne lascino comunque sussistere l’identità sostanziale ovvero il nucleo ideologico espressivo costituente l’idea fondamentale in cui si riassume la sua attitudine individualizzante, mentre per quanto concerne il marchio debole sono sufficienti ad escluderne la confondibilità anche lievi modificazioni o aggiunte” (oltre a Cass. n. 39764/2021, sopra richiamata, cfr., ex multis, Cass. n. 12566/2021 e n. 26877/2023).

Rischio monopolizzazione di espressione di senso comune

Attraverso la distinzione tra marchio forte e marchio debole e l’applicazione del principio sopra richiamato in materia di valutazione della contraffazione, “si vuole evitare che attraverso la registrazione di un segno distintivo che utilizzi parole o espressioni aventi scarso valore distintivo o di senso comune l’imprenditore possa arrivare a monopolizzare l’uso di queste ultime e, per l’effetto, a precostituire un monopolio sullo stesso prodotto o servizio contraddistinto dal marchio” (cfr. Cass. n. 39765/2021).

Forever Young marchio debole

Nel caso specifico, il marchio Forever Young è stato giudicato debole poiché legato a un’epoca ed a un contesto musicale specifico, riducendo la sua capacità di essere percepito come unico e distintivo (e quindi riconducibile ad un prodotto singolare).

Tribunale di Venezia: espressione non oggetto di un diritto di uso esclusivo

“Si tratta di un’espressione che, pur non assumendo valenza meramente descrittiva ma soltanto evocativa del servizio offerto dai ricorrenti (diversamente, come detto, il marchio sarebbe nullo), assume una valenza distintiva comunque bassa e, per la sua diffusione e per la comune associazione agli anni ‘80, non sopporta di essere oggetto di un diritto di uso esclusivo di intensità tale da escludere l’ammissibilità dell’uso di sue varianti“, si legge nell’ordinanza dell’organo giurisdizionale.

L’importanza dell’uso contestuale del marchio

Peraltro, nella situazione singolare, il pay-off Forever Young da parte della società resistente è stato considerato dal Tribunale come non isolato (circostanza che avrebbe potuto condurre ad una sovrapposizione a quello impiegato dalle stazioni ricorrenti), ma sempre accompagnato dal logo e dal nome dell’emittente radiofonica (diverso da quella delle istanti) ed integrato dalla locuzione Forever Fun (che quindi restituiva un combinato dei due claim, con connotati di indipendenza ed originalità).

Esclusione della confusione

Questo contesto d’uso, secondo il giudice di primo grado, ha contribuito a escludere il rischio di confusione, poiché l’ascoltatore medio assocerebbe l’espressione al contesto specifico dell’emittente della resistente e non a quello degli anni ’80 delle ricorrenti.

La tardività dell’azione legale

Un altro elemento chiave della decisione è stata la tardività con cui le società ricorrenti avrebbero agito legalmente. Nonostante fossero a conoscenza dell’uso del marchio da parte della concorrente dal 2020, esse avrebbero atteso tre anni e mezzo prima di presentare il ricorso. Il ritardo è stato, quindi, interpretato come un’assenza di urgenza, indebolendo ulteriormente la loro posizione incidendo sul requisito del periculum in mora.

La funzione della tutela cautelare

Il Tribunale ha infatti ricordato nella sua ordinanza che “la tutela cautelare è uno strumento rapido e anticipato, ma non può essere utilizzato in modo indiscriminato. La mancata azione tempestiva da parte delle ricorrenti ha reso inappropriata la richiesta di un provvedimento cautelare, poiché non vi era un’effettiva urgenza di intervento”.

Tutela cautelare in materia industrialistica

Sulla questione il giudice si è particolarmente soffermato, rilevando come, nella tutela cautelare in materia industrialistica il periculum in mora non può ritenersi in re ipsa, ma deve essere valutato caso per caso, giacché il fatto che l’art. 131 c.p.i. «non preveda un termine per l’attivazione della procedura cautelare e che si riferisca espressamente a “violazioni in atto” o anche solo al pericolo di “ripetizione” non abilita a ritenere il tempo di reazione del tutto irrilevante o rilevante solo allorquando la condotta da inibire abbia già prodotto effetti irreversibili, tali da rendere ormai inutile l’intervento.

Il ruolo dell’inerzia

L’inerzia, invero, pur non rilevando in quanto tale, può, in presenza di determinate circostanze, rappresentare indice dell’assenza di periculum in mora. In particolare, secondo l’autorevole opinione di dottrina e giurisprudenza, la mancata proposizione della domanda cautelare per un prolungato lasso di tempo (di regola superiore all’anno) in caso di consapevolezza da parte del titolare e della violazione in atto e dell’autore dell’illecito è idonea ad escludere il periculum in mora, ciò a maggior ragione laddove il lasso temporale trascorso sia addirittura pari alla durata media di un giudizio di merito.

Rischio di svilimento della funzione

A ragionare diversamente si tradirebbe la funzione stessa della tutela cautelare inibitoria, anche industriale, che è quella appunto – strumentale – di evitare che, nel tempo necessario a ottenere l’accertamento pieno del proprio diritto, si manifesti o aggravi la lesione: il fattore tempo riveste, pertanto, un ruolo essenziale, poiché è proprio il tempo necessario a giungere a sentenza che comporta l’esigenza di una tutela rapida e anticipata, con sacrificio per la completezza dell’istruttoria e per il pieno estrinsecarsi dell’attività difensiva» (cfr. Trib. Brescia, sez. impresa, ord. 18 marzo 2024; per un altro esempio in cui è stata rigettata un’istanza cautelare per carenza di periculum in mora perché la ricorrente si era attivata dopo tre anni dalla condotta illecita cfr. Trib. Milano, sez. impresa, ord. 29 novembre 2021; il medesimo principio, infine, è stato applicato anche da Trib. Roma, sez. impresa, ord. 15 luglio 2020).

La differenza tra emittenti locali e nazionali

Quanto all’ambito d’impiego del claim oggetto di contestazione, l’organo giurisdizionale veneziano ha anche sottolineato che, nonostante la diffusione digitale e in streaming, le emittenti radiofoniche coinvolte mantenevano una connotazione locale. Ciò avrebbe contribuito a ridurre il rischio di confusione, poiché il pubblico di riferimento era geograficamente e culturalmente distinto, a seguito di offerte musicali diversificate.

La rilevanza della diversa associazione

Il magistrato di Venezia ha riconosciuto, inoltre, che l’espressione Forever Young, nel caso specifico della resistente, era stato associato nell’uso ad un personaggio simbolo di eterna giovinezza (nel caso di specie il soggetto letterario dello scrittore J. M. Barrie), piuttosto che alla musica degli anni ’80.

Distanziamento dell’uso del pay-off Forever Young delle parti

Un’associazione che distanzierebbe ulteriormente l’uso del marchio da parte della resistente da quello delle ricorrenti (il nome e il logo dell’emittente convenuta in giudizio sono evidentemente diversi), riducendo il rischio di confusione; circostanza rilevante quanto al requisito del fumus boni juris necessario per l’accoglimento dell’istanza cautelare insieme a quella del periculum in mora.

Le implicazioni per il futuro dei marchi deboli

L’ordinanza del Tribunale di Venezia, posta la sua tecnicalità, potrebbe avere implicazioni significative nei contenziosi che interessano marchi radiofonici considerati deboli, specialmente per quelli legati a espressioni di uso comune od a contesti culturali specifici.

Evoluzione giudiziaria

Sarà interessante verificare ora l’evoluzione della vicenda in sede di appello. Che non mancheremo di seguire, considerato l’interesse crescente per il settore della materia. (M.L. per NL)

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