Radio, AudioCoop propone quote di musica italiana nei palinsesti. Come in Francia

Le radio italiane penalizzano la musica del nostro Paese, anzi la uccidono. Questa è l’accusa lanciata da Audiocoop, la terza associazione italiana di discografici, fondata nel 2000 nell’ambito del M.E.I., il meeting delle etichette indipendenti che ogni anno si tiene a Faenza (quest’anno è previsto per i giorni 26-28 novembre).

Audiocoop attualmente gestisce il 5% di un mercato discografico, quello nostrano, in forte crisi. A peggiorare la situazione, secondo gli analisti dell’associazione, sarebbero proprio le radio che, lungi dal promuovere il made in Italy, sarebbero responsabili di cancellarne “peculiarità e diversità”, omologando “il gusto degli ascoltatori alla globalizzazione musicale”. La gran parte delle radio di casa nostra, in effetti, all’interno dei propri palinsesti, sembra preferire la collocazione di musica proveniente da altri Paesi piuttosto che puntare a quella italiana. Secondo AudioCoop questo costituirebbe un freno per i giovani autori e per l’industria discografica nel suo insieme. A ben guardare, però, le radio altro non sarebbero che parte di un circolo vizioso che comprende, oltre alle stesse etichette, la distribuzione e la qualità della musica che viene prodotta oggi nel nostro Paese. È nato prima l’uovo o la gallina? Sono le radio che penalizzano la musica italiana o è questa che, per varie ragioni, strutturali prima ancora che artistiche, ha poca attrattiva sul pubblico e quindi viene trasmessa poco? I dati, però, sono incontrovertibili: secondo AudioCoop, infatti, nel primo semestre del 2010, “i principali network radiofonici italiani hanno trasmesso una media di musica italiana che si attesta intorno al 30% a fronte di un fatturato sui dischi di musica italiana, per lo stesso periodo, che è oltre il 60%”. Vi sono, addirittura, emittenti che si sono limitate a trasmettere un misero 10% di musica made in Italy. “E’ un problema gravissimo – dice ancora il coordinamento di Audio Coop – che continua senza sosta oramai da anni e che sta distruggendo nel tempo il made in Italy e la territorialità della nostra musica”. La soluzione? Anzitutto, promuovere l’attuazione di un tavolo di confronto che metta faccia a faccia discografici, radio e tv (forse questo non è il momento migliore per promuoverlo…), negli uffici del ministero dei Beni Culturali, per studiare un sistema di incentivi alla promozione della nostra musica. Seconda e ancor più radicale soluzione sarebbe, poi, quella di istituire vere e proprie quote di musica italiana da trasmettere in radio obbligatoriamente, come avviene in Francia. Contravvenendo, però, a tutte le leggi di mercato. (L.B. per NL)

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