Sta facendo discutere in Francia il “libro bianco” sulla radio (“livre blanc sur l’avenir de la radio“) pubblicato ormai da alcuni mesi dall’ARCOM, l’autorità che regola il settore Radio TV tradizionale e quello digitale. Il documento contiene una grande quantità di dati, informazioni e considerazioni che possono fungere da interessante benchmark per il mercato italiano. Inoltre, nascosta a pagina 9, il rapporto avanza una proposta che non esitiamo a definire “bomba”: imporre a livello europeo il gel, il blocco della FM per velocizzare il passaggio al DAB+.
Se la proposta venisse accettata, nessuno potrebbe cambiare il formato della propria stazione e sarebbero vietati vendita e acquisto di frequenze.
Sintesi
L’ascolto medio è di 2 ore e 40 minuti al giorno, un po’ meno delle 3 ore e 29 minuti italiane, mentre le radio esclusivamente IP raggiungono 9,2 milioni di persone.
I ricavi del settore, 722 milioni di euro nel 2023, superano i 370 milioni prodotti in Italia, segno di una maggiore attrattiva pubblicitaria.
Non mancano note negative: l’audience è calata del 14,5% dal 2003 e i giovani, in particolare, si stanno allontanando dalle emittenti musicali (circostanze, entrambe, non certo inedite in tutti gli altri paesi europei e non solo).
I dati, però, sono considerati poco affidabili, basati – come in Italia – su rilevazioni dichiarative.
Questo, secondo il rapporto, servirebbe (un po’ utopicamente, va detto) a contrastare la crescita dell’ascolto via IP (20% del totale), che mette a rischio editori, privacy dei cittadini e sovranità del regolatore e minaccia la quota obbligatoria di musica francofona.
Il documento
Il documento, pubblicato nell’estate 2024, porta la firma del presidente di ARCOM Roch-Olivier Maistre.
In 18 pagine, partendo dalle emissioni dalla Tour Eiffel del 1921 per arrivare agli scenari futuri, fornisce la “sintesi” dello stato dell’arte del medium radiofonico Francese. Andiamo ad analizzarne i principali punti.
Quaranta milioni di ascoltatori
Il rapporto (qui per consultare la sintesi) parte affermando che ogni giorno ascoltano la radio 40 milioni di persone nel paese, corrispondenti “al 70% dei francesi“. A titolo di paragone, gli ultimi dati italiani (fonte TER) parlavano di 35,01 milioni di ascoltatori al giorno su una popolazione di 52,231 milioni: il 67%. I francesi sarebbero dunque più fidelizzati al mezzo, anche se non di molto.
Oltre mille emittenti FM
La Francia “metropolitana” vanta oggi circa 900 emittenti attive sulla tradizionale banda FM a cui vanno aggiunte le circa 210 presenti nelle ex-colonie (chiamate “territori d’oltremare”, a tutti gli effetti parte del territorio francese).
Apertura francese ai privati 10 anni dopo di quella italiana
Un numero decisamente consistente, anche in considerazione dell’apertura ai privati avvenuta solo nel 1986, circa 10 anni dopo l’Italia.
Dodici alle otto
Ogni mattina alle ore 8 sono stimati in 12 milioni gli ascoltatori attivi: il 22% della popolazione maggiore di 13 anni. Interpolando dalle tabelle TER ci sentiamo di affermare che alla medesima ora gli ascoltatori in Italia sono circa 13 milioni (25%), dunque in questa metrica Italia batte Francia 1-0. La durata dell’ascolto medio in una giornata è stimata in due ore e 40 minuti. Sempre a titolo di paragone, in Italia si parla di 209 minuti, che corrispondono a 3 ore e 29 minuti.
Numero di impianti
Il numero di impianti attivi è pari a 9000. Essendo “a saturazione“, la situazione non permette di rispondere a tutte le richieste di attivazione di nuove iniziative editoriali e questo nonostante un conclamato grande “sforzo di ottimizzazione“.
DAB+
Arrivati a pagina 6 del rapporto si inizia finalmente a parlare di DAB+, tecnologia che “permette di diffondere 13 servizi su un’unica frequenza“. In un mux milanese abbiamo contato 27 emittenti: dunque l’attenzione alla qualità di ascolto sembra superiore nel paese d’oltralpe.
Copertura del territorio
A inizio giugno 2024 il 62,2% della popolazione poteva ricevere “almeno un multiplex DAB“. Si parla di popolazione e non di territorio: considerando come la Francia sia tutta concentrata sulla zona di Parigi (12,4 milioni di persone) appare evidente come si tratti di reti tutt’altro che capillari.
La mappa
La mappa che riportiamo, pubblicata da ARCOM e che mostra una copertura totale, ci lascia dubbiosi: probabilmente vengono riportate in arancione anche zone con un’intensità di campo inutilizzabile, come può verificare chiunque intraprenda un viaggio, ad esempio, tra Monte Carlo e Saint Tropez.
IP
Per quanto riguarda le web radio (o meglio: l’insieme delle radio esclusivamente trasportate dal protocollo IP) la numerosità è stimata – con qualche incertezza – a 9,2 milioni (16,5% della popolazione).
Trend negativo
Non ci sono, ovviamente, solo segnali positivi; e del resto Newslinet non ha mai chiuso gli occhi davanti ai problemi reali e gravi della radiofonia, scansando l’autocelebrazione di routine.
Così non ci stupisce leggere che dal 2003 al 2024 l’audience “cumulata quotidiana” è scesa di 14,5 punti e la durata d’ascolto si è accorciata di 18 minuti.
Dati (prevedibilmente) ancora peggiori se si analizza solo il segmento giovani, definiti – e ringraziamo – come coloro che sono nati dopo il 1990: in questo caso il calo ha colpito soprattutto le emittenti musicali.
Dati attendibili?
Il libro bianco di ARCOM mette comunque in guardia sull’attendibilità dei dati. Traduciamo direttamente quanto affermato a pagina 7: “Le misure esistenti, fornite principalmente da Médiamétrie, sono numerose. Tuttavia, sono per lo più dichiarative e non integrano in un unico indicatore le diverse modalità di ascolto secondo la temporalità (replay o diretta).
Watermarking
Queste misure non consentono quindi di conoscere il contributo di ciascuna modalità di diffusione all’ascolto della radio. Sono in corso delle evoluzioni, in particolare grazie all’audimetria audiovisiva portatile e al watermarking, mentre altri progressi potrebbero essere implementati per una misurazione più completa e precisa“.
Médiamétrie = Audiradio
Médiamétrie è l’equivalente di Audiradio. Dunque si afferma che la Francia – come l’Italia ma non come la Svizzera – è ferma alle rilevazioni basate sul ricordo e senza differenziazione tra tipologia di trasporto.
Global audience
Detto per inciso, il dibattito in Francia è aperto non tanto sull’integrazione di meter vari, ma su come contabilizzare correttamente l’ascolto on demand, ormai indispensabile per valutare la popolarità di un “contenuto”.
Precisione
A questo proposito si può leggere quanto riportato in questo articolo del quale, se ci sarà interesse, potremo parlare più approfonditamente su queste pagine.
Ricavi del settore
Il grafico a barre sopra riportato (fonte: Statista) riporta l’andamento storico dei ricavi del settore a partire dall’anno 2000. Il valore del 2023 (l’ultimo disponibile) è lo stesso citato da ARCOM, 722 milioni di Euro.
Benchmark
Vale la pena anche in questo caso fare un benchmark con l’Italia. Gli ultimi dati riportati dal sito di Confindustria RadioTV (qui) parlano di “investimenti pubblicitari” (che dovrebbero coincidere con i ricavi del settore) pari a 370 milioni di Euro.
PIL a confronto
Un fatto notevole: mentre il rapporto tra il PIL italiano e quello francese è pari a 0,754 (pertanto il PIL italiano corrisponde al 75,5% di quello francese), il rapporto tra gli investimenti tra le due nazioni è pari al 51,2%. O, se vogliamo dirla in altri termini, in percentuale sul PIL, la Francia investe di più in pubblicità radiofonica (0,0256%) rispetto all’Italia (0,0174%).
Nessuna meraviglia
La cosa non ci meraviglia: il regolatore d’oltralpe ha sempre cercato di creare un’offerta di contenuti differenziata. Oltre alle radio generaliste esistono, dunque, in ogni determinata area di ascolto emittenti dedicate alle notizie, stazioni di tipo talk, emittenti che affrontano tematiche locali o segmenti specifici di musica (quali jazz, classica, vintage e latina). E non sono ammessi cambi di “format” senza l’assenso dello stato (che concede le frequenze).
Verticalizzazione
La conseguenza ovvia è la possibilità di indirizzare, a prezzi accessibili, segmenti molto verticali, migliorando la competitività globale del settore.
Rischio di sfratto
Veniamo infine al motivo per cui abbiamo parlato di proposta bomba.
Roch-Olivier Maistre decide infatti di dedicare le ultime pagine del libro bianco al “rischio di sfratto” da parte dell’IP.
L’utopia (secondo noi)
Si parte dall’osservazione che l’ascolto via IP è ancora minoritario (20% del totale), ma che cresce (Compound Annual Growth Rate, CAGR) a un ritmo di 10,24% all’anno. O, come scritto nel rapporto, del 63% in cinque anni. Di conseguenza “la progressiva perdita di ascolti a favore dell’IP a scapito della radio tradizionale pare inevitabile” a meno che non si “cambi lo status quo“.
Rischi per tutti
Continua il rapporto: “Mentre la diffusione hertziana è robusta, efficace, gratuita e ‘trasparente’, la sua eliminazione da parte dell’IP comporta numerosi rischi per la perennità del modello radiofonico, per gli editori e per i cittadini.
Per gli editori, in quanto disintermediati da assistenti vocali e aggregatori che possono intercettare parte degli investimenti pubblicitari.
Il problema della privacy
Per i cittadini, in quanto perdono l’anonimità: la privacy che ci permette di ascoltare quanto desideriamo senza lasciare traccia in centinaia di logfiles (database).” Come se il problema della riservatezza fosse l’ascolto in streaming e non la massiccia volontaria condivisione dei propri dati personali su ogni form possibile del web…
Sovranità
Ma – si afferma a pagina 9 – il rischio è in primo luogo per la sovranità: quella del regolatore, diremmo noi. Con l’addizionale rischio di non poter imporre la famosa quota di musica “francofona” (che significa: francese e delle ex colonie).
Verso lo spegnimento della FM…
Anche in Francia, come in Svizzera, si ritiene che la FM vada “spenta”. E anche in questo caso non viene fornita una vera spiegazione, ad esempio un miglior utilizzo alternativo delle frequenze, come era era stato il caso per la TV digitale.
… per spingere il DAB+
Non è scritto chiaramente, ma questa inevitabilità è alla base della necessità di spingere al massimo il DAB+: se questa tecnologia non vedesse ampia adozione, addio alla “sovranità“.
Sono previste diverse fasi nella migrazione: 2024-2027: “preparazione”, o creazione di un “ecosistema equilibrato”;
2028-2033: “migrazione”, o spegnimento progressivo delle emissioni in FM e passaggio a DAB+.
Rischi
In cosa consista la “preparazione” non è meglio spiegato da ARCOM: conoscendo i francesi, immaginiamo si tratti di preparare procedure e funzionari alla gestione burocratica del cambiamento.
L’insindacabile scelta dell’utente
Ma esiste un rischio: che gli utenti non adottino al ritmo desiderato la tecnologia DAB, nonostante i tre anni gentilmente concessi (2025-2027).
La proposta ARCOM
ARCOM desidera dunque lanciare una negoziazione europea tesa a imporre per legge nell’Unione il congelamento delle frequenze FM: bloccare ogni attività tesa a riassegnare a diversi operatori – ad esempio per cessione – le frequenze o alla riallocazione delle stesse, ad esempio per un cambio di format.
Abbattimento del valore di impianti e frequenze
Ci sbaglieremo, ma questo potrebbe implicare un immediato abbattimento del valore degli asset di trasmissione: non essendo cedibili né riallocabili, il loro valore sul mercato non potrebbe che essere zero.
Certamente un modo efficace – anche se dal sapore poco market oriented – quello di ARCOM, di convincere i broadcaster ad investire nel DAB. Nell’interesse di chi, non sapremmo dire. (M.H.B. per NL)