In un’epoca in cui il nome ed il contenuto sono considerati spesso un tutt’uno, ha senso rimanere radicati alla denominazione di una emittente per ragioni storiche e magari romantiche quando questa non la rappresenta più?
Denominazione
Omen nomen. Un brocardo latino che a seconda dei casi può significare “il nome è un presagio”, “un nome un destino”, “il destino nel nome”, “di nome e di fatto”.
Ma Omen nomen in ambiente web è anche la regola in base alla quale il nome (di un servizio/sito/prodotto) deve rappresentare il contenuto per favorirne l’individuazione in un universo in costante espansione. Omen nomen, appunto.
L’ascolto radiofonico
Come abbiamo avuto modo di approfondire più volte, a seguito dei cambiamenti indotti prima dal lockdown e poi dalla radicalizzazione delle nuove abitudini, l’ascolto radiofonico si è modificato più velocemente di quanto fosse previsto (perché comunque erano variazioni attese).
Cambiamenti
Inizialmente a riguardo dei palinsesti, variati a causa della sospensione del drive time e dell’introduzione dello smart working degli speaker. Poi con l’assuefazione a modelli di fruizione diversi. Soprattutto a riguardo delle piattaforme.
Moltiplicazione delle piattaforme
Se la forzata riduzione della mobilità aveva ridotto di quasi i 3/4 l’ascolto in autoradio, viceversa, la presenza in casa nell’intera giornata di un numero di persone specularmente superiore aveva aumentato la fruizione attraverso altri device, quali la tv DTT (in primis), lo smartphone, il pc, lo smart speaker e, naturalmente, il ricevitore stand-alone via etere (FM ed eventualmente DAB+).
Denominazione rappresentativa
La fruizione IP (mediamente l’ascolto è aumentato del 15-20%), in particolare, ha posto in evidenza un problema su cui avevamo in almeno un paio d’occasioni messo l’accento: la denominazione delle emittenti.
Il problema delle omonimie
Accedendo a device dove sono presenti decine di migliaia di stazioni, come gli smart speaker e gli aggregatori di flussi streaming radiofonici indipendenti (FM World, TuneIn, Replaio, MyTuner, Radio.net, ecc.), l’ascoltatore può avere difficoltà a rintracciare l’emittente preferita a causa della presenza di omonimie (stazioni estere con la stessa denominazione), oppure difficoltà nella pronuncia (l’Intelligenza Artificiale è di norma regolata sulla lingua della nazione specifica e quindi in caso di emittenti italiane con denominazione anglofone ci possono essere difficoltà).
Omen nomen
“Insieme a 22HBG, lo sviluppatore di FM World (il più importante aggregatore radiofonico indipendente italiano, ndr), abbiamo effettuato alcuni esperimenti durante l’emergenza sanitaria, nel tentativo di superare tale problema“, spiega Massimo Rinaldi, ingegnere di Consultmedia che insieme alla società ferrarese segue lo sviluppo del collettore, ma anche dell’applicazione delle varie soluzioni per l’ascolto radiofonico mediato dall’Intelligenza Artificiale ed in generale dai comandi vocali.
Chi ha detto che il nome della stazione è l’unico comando vocale possibile?
“Chi ha detto che il comando vocale (skill per Amazon Echo e action per Google, ndr) debba necessariamente essere solo quello dettato dal nome dell’emittente? Per esempio, per un’emittente oldies, abbiamo testato il comando: “Alexa avvia musica anni 70-80″. Dopo poche settimane dall’introduzione, la stazione ha registrato un notevole aumento della fruizione attraverso i device Echo, evidentemente determinato dall’intercettazione di ascolto casuale di utenti che desideravano ascoltare quel tipo di musica senza necessariamente rivolgersi ad un’emittente specifica”, precisa Rinaldi.
Cataloghi
“Una diversa prova effettuata, questa volta applicata direttamente all’aggregatore FM World, è stata quella della catalogazione: abbiamo lasciato la consueta lista principale delle emittenti, integrata però con raggruppamenti per contenuti prevalenti (news & sport, contemporary, oldies, local, thematic), con possibilità che una stazione appartenga anche a più categorie (es contemporary e local). Sulla base delle esperienze dello streaming on demand (Netflix, Prime Video, ma anche Spotify), riteniamo che uno dei compiti delle piattaforme di aggregazione sia quello di aiutare l’utente nella ricerca, semplificandola”.
Rischio esponenziale
Come detto, il problema della denominazione si pone attualmente in forma prevalente nel dialogo con gli smart speaker Google Home ed Amazon Echo (assistente Alexa), che non raramente faticano ad individuare certe emittenti in considerazione delle pronunce dei nomi da parte degli utenti, oppure per la preesistenza nel database di omonimie con stazioni estere.
Car entertainment
Se tuttavia oggi tale criticità è contenuta, stante la tutto sommato marginale (almeno nel nostro paese) presenza di altoparlanti intelligenti nelle case, la progressiva diffusione di automobili dotate di comandi vocali anche per le funzioni di car enterntainment rende in prospettiva la questione estremamente rilevante.
E si badi bene: nel caso delle automobili, ad essere interessate non sono solo le veicolazioni IP, ma anche quelle DAB+ e FM, perché l’I.A. della vettura governerà anche la somministrazione di tali contenuti.
Come ovviare al problema?
Il primo segnale d’allarme viene direttamente dagli smart speaker. Se gli utenti o la stazione stessa in fase di accreditamento delle chiavi di interrogazione per le action di Google o le skill di Amazon riscontrano problemi che vanno al di là della nota mediazione di TuneIn (aggregatore preferenziale per i citati OTT, integrato ora anche da Apple), allora è altamente probabile che la denominazione dell’emittente sia critica.
In questo caso le scelte sono sostanzialmente due: o si forma il proprio pubblico sulle corrette modalità di interazione con l’Intelligenza Artificiale che governa i device, oppure si adatta la denominazione dell’emittente alle nuove esigenze.
Uno e trino
Ma in una prospettiva di Radio 4.0 c’è un altro problema legato alla denominazione che viene alla luce: oltre ad essere rispettosa delle due esigenze citate (pronuncia non equivoca ed assenza di omonimia), ferma l’importanza di un brand, essa dovrebbe in sé rappresentare il formato della Radio (è il caso, ad esempio, del progetto Giornale Radio). La regole dell’omen nomen di cui dicevamo in apertura, cui tutti i contenuti del web, gradatamente, si uniformeranno.
SEO Radio
Insomma, come nel caso della visual radio, la fase 4.0 della radiofonia importa nuove figure professionali chiamate a favorire i processi di indicizzazione ed in generale di SEO specifica per le emittenti. Un’opportunità interessante per chi saprà coglierla. (E.L. per NL)