Radio. A Milano 186 stazioni in DAB: le regole di ingaggio sono ormai cambiate. Occorre farsene una ragione e agire di conseguenza. Subito

DAB, 186 stazioni

A Milano sono sintonizzabili 186 stazioni DAB, tra italiane e svizzere, nazionali e locali. Al momento non tutte con la stessa stabilità di ricezione in movimento, ovviamente, ma comunque circostanza sufficiente ad attestare una rapida sopravvenuta saturazione del mercato, di cui occorre prendere atto.
Perché nessun ritardo è sostenibile senza opportune contromisure.

Rischio effetto DTT

A luglio dell’anno scorso avvertivamo che “la stabilizzazione della radio digitale via etere (DAB+) potrebbe produrre, nell’ambito radiofonico, la stessa moltiplicazione di contenuti patita dalla tv (soprattutto locale) con l’esordio del DTT”.

Tre lustri fa

Ricordiamo che intorno al 2010 il comparto televisivo vide, mediamente, un incremento del 600% dei marchi esistenti, che dai circa 400-500 dell’epoca analogica, dopo un lungo periodo di assestamento (ovviamente in riduzione) dagli anni ’80, era arrivato a circa 3000 nel giro di pochi mesi.

Una frequenza analogica = 1 mux digitale

La motivazione, in quel caso, era stata il riconoscimento dell’equazione una rete analogica = 1 mux DTT che ospitava (nella fase iniziale) almeno 6 marchi/palinsesti, quasi sempre costituiti da canali fotocopia di quello principale (dal +1 ora, al +24 ore, ai cd. canali “story” fino alle variegate e fantasiose proposte tematiche, spesso improbabili).

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Questioni economiche

Nel tempo, tali canali avevano lasciato terreno a cd. nuovi entranti (nativi digitali), in conseguenza della necessità di mettere a reddito la capacità trasmissiva di ogni mux.

Tra operatori di rete e fornitori di contenuti

Circostanza che, da una parte, aveva favorito il business della stazione d’origine nella sua condizione di novello operatore di rete, ma, dall’altra, aveva aumentato a dismisura la competizione editoriale e commerciale sul territorio, con la generazione sul piano nazionale (quindi tra locali, nazionali e circuitali) di quasi 4000 marchi/palinsesti.

Alterne fortune in un mercato polverizzati

FSMA sopravvissuti (nella maggior parte dei casi con scarsa fortuna), o comunque succedutisi, fino al refarming del 2020.

Il comparto radiofonico

Anche il comparto delle radio locali risulta essere – come aveva riconosciuto un puntuale report del 2023 di Confindustria Radio Tv di cui ci siamo già occupati – una “realtà fortemente parcellizzata”

Coacervo variegato

Un coacervo editoriale composto “principalmente da piccole e micro imprese, a cui si aggiungono alcune realtà di medio-grandi dimensioni e una serie di gruppi, principalmente concentrati nel nord Italia”, spiegava lo studio di CRTV.

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La radiofonia nazionale

Nel 2022, secondo il report analizzato da questo periodico, operavano in Italia complessivamente 21 emittenti nazionali FM/DAB+ (servizio pubblico, commerciali, comunitarie) facenti capo a 13 società di capitali ed una associazione (Radio Maria APS).

15 commerciali nazionali

“Con il passaggio territoriale al livello «superiore» di Radio Zeta (2021), il numero delle emittenti commerciali nazionali sale a 15, seguito dalle 5 di servizio pubblico a cui si aggiunge la comunitaria, Radio Maria”, spiegava infatti l’ente esponenziale.

La radiofonia locale: 1.660 programmi

In ambito locale, secondo gli ultimi dati Agcom, l’insieme delle emittenti radiofoniche è rappresentato complessivamente da poco più di 900 editori (società di capitali, società nominali, enti e associazioni) che producono circa 1.660 programmi.

Forti difficoltà di sussistenza

“Questo contesto determina un alto numero di emittenti locali e regionali, con forti difficoltà di sussistenza e importanti marchi interregionali (superstation) che sono in grado di raggiungere ampi bacini di ascoltatori, in aree molto vaste del territorio italiano”, osservava il più importante sindacato di categoria radio-tv italiano.

1.200 stazioni commerciali e 400 comunitarie

I marchi radiofonici a carattere commerciale un anno fa erano oltre 1.200 (76%), mentre quelli a carattere comunitario circa 400 (24%).

1.100 autorizzazioni DAB (di cui 60% commerciali)

Le autorizzazioni FSMR (per le trasmissioni DAB+) rilasciate dall’attuale Ministero delle imprese e del made in Italy (2019) erano già oltre 1.100, di cui il 60% faceva riferimento a emittenti di carattere commerciale.

Stabilizzazione

“L’emittenza radiofonica locale ha sofferto le diverse crisi economiche che si sono alternate negli ultimi anni: molte società sono state assorbite e/o acquistate, diversi marchi ceduti o hanno cessato le trasmissioni”, si leggeva nello studio CRTV.

Asset FM con valori in discesa costante

Le frequenze FM, in questi anni, hanno continuato a “rappresentare un importante asset patrimoniale ed economico di scambio”, anche se la fortissima riduzione dei valori in progressione da 10 anni a questa parte (con una accelerazione vigorosa negli ultimi quattro) sta conducendo ad un bilanciamento favorito, viceversa, dall’aumento del valore economico e strategico di brand, format e contenuti, veicolati attraverso la cd. multipiattaforma (cd. omnicanalità).

A Milano 186 stazioni. Ma in tutta Italia sono già un migliaio i programmi digitali via etere

Ma oggi quale è la situazione?
Dalle ultime simulazioni condotte, la piattaforma DAB+ veicola complessivamente poco meno di un migliaio di programmi radio fra nazionali e locali, su tutto il territorio del paese, con ciò significando che molte autorizzazioni per fornitori di contenuti rilasciate dal Ministero sono ancora inattive (ma potrebbero essere operative a breve).

Stabilizzazione a venire

E ciò senza considerare che, mentre il comparto nazionale ha sostanzialmente conseguito una stabilizzazione, quello locale è in piena evoluzione e quindi il conteggio effettuato non può essere assolutamente rappresentativo della condizione che si produrrà a regime, cioè dopo l’attribuzione dei diritti d’uso ai consorzi locali (oggi presenti solo su una parte del territorio nazionale).

Scenari

Dalle citate simulazioni, se sembra escludibile uno scenario competitivo paragonabile a quello sviluppatosi con l’avvento del DTT, è plausibile un aumento dell’offerta non inferiore al 20 % dell’attuale.

Il vero problema

Il problema concorrenziale, tuttavia, non è tanto determinato dal consolidamento del DAB, quanto da quello delle piattaforme per l’ascolto della radio in streaming sulle auto (offerto principalmente da aggregatori indipendenti, come TuneIn, FM World, MyTuner, Myradionline, ecc.) o da quelli captive degli editori (RadioPlayer) e delle singole case automobilistiche.

Da 186 a 100.000

Se oggi, per esempio, su Milano possono essere sintonizzati tra FM e DAB+ ben 186 diversi contenuti radiofonici, il solo aggregatore di flussi streaming radiofonici TuneIn presenta un’offerta di oltre 100.000 stazioni. Tutte, ovviamente, ricevibili allo stesso modo.

Come farsi trovare tra 186 stazioni?

E’ intuitiva la necessità di adottare strategie per adeguare il proprio identificativo alle regole indotte dalla cosiddetta “omnicanalità”, cioè l’approccio olistico di un brand verso ogni touchpoint dell’utente su tutti i canali.

Brand & format nuovi elementi da tutelare massimamente

E’ infatti palese che, in un contesto siffatto, assume estrema importanza la tutela del proprio prodotto, cioè il marchio ed il contenuto (brand, format, singoli programmi, ecc.).

Le premesse tecnologiche

“La progressiva uniformazione della distribuzione dei contenuti attraverso le piattaforme digitali (IP, DAB, DTT, sat), ha praticamente già superato ed archiviato l’era del dominio dei segnali più forti, che aveva contraddistinto la radiodiffusione analogica italiana, almeno dagli esordi di quella privata”, spiega Massimo Rinaldi, ingegnere di Consultmedia, principale struttura italiana di competenze a più livelli in ambito radio-tv.

Competizione

“La competizione tra emittenti (il cui numero sta aumentando per la natura stessa delle piattaforme digitali che garantiscono maggiore spazio rispetto a quelle analogiche) si sta pertanto gradualmente spostando verso il contenuto ed il marchio identificativo“, osserva l’ingegnere.

Brand noti e meno

“È, infatti, di intuitiva evidenza che fuori dai casi di brand molto noti che vengono specificatamente ricercati dagli utenti negli elenchi evidenziati dalle piattaforme, il primo discriminatore è il miglior posizionamento nel catalogo, seguito dall’identificativo.

Nomen omen

Il quale, tanto più sarà rappresentativo del contenuto (cd. regola “Nomen omen”), tante più possibilità avrà di soffermare l’utente interessato (a quel contenuto) nel corso della scansione.

Radio più esposta al problema

Per quanto riguarda la radiodiffusione digitale terrestre, il problema è molto più grave nell’ambito di quella sonora che di quella televisiva, posto che nella seconda soccorre il logical channel numbering (LCN), importante facilitatore nel processo di selezione.

Ricerche complesse

Tuttavia, l’aumento imponente della fruizione dei contenuti televisivi via IP attraverso smart tv e comunque device connessi, che presuppongono logiche di somministrazione dei contenuti differenti (cioè senza liste LCN univoche), sta rendendo complessa l’individuazione generica anche di contenuti audio/video.

Il comportamento delle autoradio

Per quanto attiene alla radiodiffusione sonora in tecnica digitale, è noto che le vetture vendute dopo il 1° gennaio 2021 devono essere obbligatoriamente dotate di un ricevitore DAB+.

Elenchi alfanumerici

Nella maggior parte dei casi esaminati, i sistemi integrati nelle automobili dalle case produttrici prediligono la radiodiffusione digitale e quindi sottopongono liste dove vengono elencate per prime le stazioni DAB+. La logica di sottoposizione all’utente è alfanumerica, con partenza dai numeri (0, 1, 2, ecc.) seguita dalle lettere.

I nomi favoriti

Quindi un’emittente che si chiama, per esempio, “100 Stereo” sarà posta in elenco in posizione più alta (quindi prima) rispetto alla stazione “102 Classic”, che precederà comunque “Alfa Channel” e, a maggior ragione, tutte quelle che contengano il termine “Radio”, spiega Rinaldi.

L’escamotage italiano

Per aggirare il problema, molte emittenti hanno deciso di far precedere la propria denominazione con un carattere speciale (*, #, ‘, ecc.) che, per la logica alfanumerica suddetta, le pone all’inizio dell’elenco.

Dura minga

“Si tratta, tuttavia, di un artifizio che inevitabilmente sarà oggetto di provvedimenti inibitori degli organi di controllo (Ministero delle Imprese e del made in Italy, Agcom, Agcm) in quanto evidentemente contrastante, quantomeno, con l’obbligo di preservare la denominazione autorizzata e di non attuare pratiche commerciali scorrette“, commenta Alessio Negretti, giurista esperto di diritto industriale integrato in Consultmedia.

Seminario del 19-20/06/2024

Un tema che peraltro sarà toccato in un interessante seminario per operatori radiofonici organizzato da BVMedia, principale distributore italiano di strumentazione per la produzione di contenuti radiofonici, che si terrà il 19-20 giugno a Milano.

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I passi da seguire per la tutela del brand

Ma quali sono i passi da seguire per difendere i propri modelli distintivi?

Protezione rafforzata

Per prima cosa, si dovrà avere cura di registrare i propri marchi (tenendo a mente la durata decennale decorrente dalla data di deposito della domanda di registrazione), per usufruire di una protezione rafforzata rispetto a quella genericamente offerta dal marchio di fatto, unitamente ai domini internet ad esso riferibili”, enfatizza Negretti.

Format

“Più articolata, invece, la tutela delle componenti del prodotto radiotelevisivo nel suo complesso (cd. format). A riguardo, è opportuno informare in merito alla possibilità di depositare le opere al fine di tutelarne i diritti d’autore da esse derivanti ed, eventualmente, ricevere compensi per la fruizione di terze parti”, continua il giurista.

Attualità

“Tale opportunità risulta di stretta attualità, sia in considerazione dell’ampio numero di contenziosi in relazione alla paternità di opere diffuse sui media radiofonici e televisivi, sia per l’ingresso nel mercato di nuove emittenti, che potrebbero sfruttare format o programmi già diffusi ma non depositati presso la competente sezione SIAE (la cui tutela, quindi, risulterebbe di gran lunga inferiore)“, sottolinea Negretti.

Modelli

“E’ poi meritevole di evidenza la possibilità di depositare e registrare format inediti per tutelare l’originalità di idee di programmi futuri. Per il deposito è necessario presentare un’apposita dichiarazione, unitamente ad un’esemplare dell’opera, comprendente il contenuto minimo necessario perché la registrazione venga accolta“, conclude l’esperto di copyright.

Applicare il principio della difesa della frequenza FM alla tutela di brand e format ed alla qualità ed efficienza produttiva

Considerazioni su cui ogni editore radiofonico dovrebbe riflettere accuratamente, assegnando alla tutela di marchi e format ed alla qualità ed efficienza della produzione di contenuti la stessa determinazione che fin qui è stata destinata alla rivendicazione di un ascolto non interferito della propria frequenza FM.  (E.G. per NL)

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