Che lo smartphone sia l’oggetto quotidiano per eccellenza è, ormai, cosa risaputa. Ma, a pensarci bene, c’è un altro strumento che caratterizza le nostre vite e che viene ponderatamente analizzato in tutte le sue peculiarità prima del decisivo momento dell’acquisto: si tratta dell’automobile.
Se prima, però, quello che faceva propendere la scelta verso un modello a discapito di un altro consisteva, principalmente, nelle caratteristiche tecniche del motore e della carrozzeria, ora l’attenzione dell’acquirente si sta progressivamente spostando anche su altre dotazioni, quali quelle relative alla connettività.
Nel dettaglio, le case di produzione si stanno rendendo conto che i due oggetti – smartphone e auto – per essere vincenti sul mercato hanno bisogno di interfacciarsi fra di loro, formando un vero e proprio ecosistema tecnologico. Ecco, allora, che l’attenzione di tutti si è spostata su questo nuovo aspetto. È nata, così, ad esempio, la Citroen C3 che, tra le altre cose, è fornita di ConnectedCam, un sistema installato sullo specchietto che – con estrema facilità – permette di scattare fotografie, fare video e condividere il tutto sui social network.
Proprio su questa particolare dotazione si è basata la campagna pubblicitaria, attirando l’attenzione dei telespettatori con l’inusuale proposta di matrimonio tramite scatti. Un’altra casa automobilistica che ha compreso l’importanza della connettività è stata Fiat, che ha creato la gamma 500 Mirror. Come spiega Luca Napolitano, responsabile del brand Fiat, i tre modelli della famiglia 500 (500, 500L e 500X), nella versione Mirror, offrono di serie uno schermo touch da 7 pollici integrato con Apple CarPlay e Android Auto. In esso, grazie al sistema Uconnect, lo smartphone “si specchia” e permette così un utilizzo in tutta tranquillità del telefono durante la guida (cd. “mirrorlink”).
A chi, infatti, non è mai capitato di posizionare il cellulare sul cruscotto o in qualche anfratto dell’auto e, alla prima curva, vederlo puntualmente cadere? Fiat ha risolto il problema e, grazie a una vera e propria integrazione tra i due dispositivi, permette – tra le altre cose – di inviare messaggi, sfruttare il navigatore e ascoltare le proprie playlist in modo semplice e sicuro.
Inoltre, con l’utilizzo del sistema di servizi telematici Mopar Connect è possibile controllare da remoto lo stato della macchina: ad esempio, “Lock doors” permette di controllare dal telefonino se l’auto è stata chiusa e, in caso negativo, rimediare; “Speed alert” ed “Area alert” trasmettono notifiche quando chi è alla guida supera la velocità preimpostata o esce da un’area prestabilita. Inoltre, per i più distratti, con “Find car” è possibile ritrovare la propria auto nei parcheggi e grazie a “My car” si può verificare anche la quantità di benzina nel serbatoio. Parlando di integrazione smartphone-car, non è possibile tralasciare due dati: da un lato, ciascuno di noi ha sul proprio cellulare almeno un’app per ascoltare musica; dall’altro lato, quasi il 90% dell’ascolto delle varie stazioni radio avviene durante la guida. Ecco allora che sarà necessario trovare soluzioni finalizzate a un sempre migliore ascolto musicale in auto.
In effetti, come abbiamo più volte spiegato su queste pagine, uno dei problemi che gli editori radiofonici dovranno affrontare nell’imminente futuro è quello della rintracciabilità dei propri contenuti in un mare magnum di oltre mezzo milione di flussi streaming dotati di pari dignità (non prevarrà più, come oggi, il segnale più forte, ma quello più facilmente accessibile ed individuabile). E’ vero che nel lasso di tempo di 10-15 anni avremo una fase ibrida, dove conviveranno le tre piattaforme distributive dei contenuti radiofonici tipiche dell’automotive: FM, DAB+ e, appunto, IP. Tuttavia si tratta di un interregno, considerato che al termine del processo la piattaforma unica sarà quella IP.
Occorre pertanto ragionare già ora in tale prospettiva cosicché, il crocevia sarà la presenza sul dashboard delle auto di indispensabili aggregatori preinstallati (che potranno essere indipendenti, come TuneIn o FM World, o captive come iHeart o United Music di Radiomediaset) organizzati per genere e geolocalizzazione. Il problema, però, sarà l’inevitabile preselezione che certamente vedrà ai primi posti i top player (in un numero da 15 a 35), salva la facoltà dell’utente di successivamente organizzare la sequenza attraverso i preferiti.
In tal senso certamente urge una forma di regolamentazione che eviti la ripetizione del dramma vissuto in tv con la ghettizzazione di contenuti attraverso una poco democratica gestione dei logical channel number (LCN). (G.C. per NL)