Sono ormai quasi due anni che il principale aggregatore mondiale di flussi streaming, TuneIn, ha inibito l’iscrizione di nuove stazioni alla piattaforma.
Accendendo alla relativa pagina, compare infatti l’immagine che riportiamo in apertura.
Analogo risultato sortiscono le email, che recano il testo indicato nel seguente screenshot.
Quali siano le motivazioni che si celano dietro la procedura di “no add new station” di TuneIn (sede in California, 60.000.000 di utenti, oltre 110.000 stazioni, 4 milioni di podcast ed app in 22 lingue), ma solo la modifica di quelle già presenti, non si sa. E ciò nonostante le esplicite richieste formulate.
A pensar male si fa peccato ma spesso si indovina
Certo, un sospetto serpeggia tra gli operatori: lo “stop add new station” è caduto in sostanziale coincidenza con la definizione di accordi di TuneIn con Google ed Amazon per l’ascolto preferenziale delle stazioni radiofoniche non dotate di apposite action e skill attraverso gli smart speaker Google Home e Echo (assistente virtuale Alexa).
In altri termini, se si interrogano gli smart speaker di Google ed Amazon con le domande classiche che un utente intuitivamente pone per ascoltare una Radio (“Ehi Google, fammi ascoltare Radio Pinco” o “Alexa, sintonizza Radio Pallino“) gli assistenti virtuali (Assistant per Google ed Alexa per Amazon) rimandano al database di TuneIn, avviando il flusso live streaming delle stazioni ivi collocate.
L’alternativa, per evitare la mediazione di TuneIn o nel caso in cui l’emittente non fosse presente nel database dell’aggregatore americano, è quella di disporre di proprie action (Google) e skill (Amazon), che, tuttavia, pagano lo scotto di fare riferimento a chiavi di interrogazioni non sempre intuitive per l’ascoltare tipico (es. “Alexa, avvia Radio Pinco“. “Ehi Google, parla con Radio Pallino”).
Il dubbio che quindi TuneIn possa presto far “pagare il pedaggio” per essere veicolati sulla propria piattaforma, secondo alcuni osservatori, non è così peregrino e lo “stop add new station” potrebbe anticipare un cambiamento di quelle politiche aziendali passate che avevano consentito l’inserimento incondizionato di nuove stazioni su TuneIn (la stessa cosa, peraltro, è accaduta con iTunes).
Posizione dominante
D’altra parte, il ruolo dominante di TuneIn appare sempre più evidente: a partire dal 2016 è disponibile anche su oltre 55 modelli di veicoli interconnessi e l’OTT ha raccolto oltre 47 milioni di dollari in finanziamenti da fondi di private equity quali Sequoia Capital, GV, General Catalyst Partners e Icon Ventures. Difficile quindi che si possa farne a meno, nonostante alcune (timide) iniziative di alcuni superplayer che hanno minacciato di scendere dalla piattaforma, senza tuttavia dare seguito all’intento.
Mercatino degli Station ID
Come ovviare quindi al problema?
Per esempio, acquisendo lo Station ID di emittenti presenti che non hanno interesse a proseguire l’attività (di norma piccole web radio) e modificandone i dati (attività consentita da TuneIn).
“Ci siamo accorti di questa tendenza progressivamente, ricevendo sempre più spesso telefonate da clienti che ci chiedevano se conoscessimo stazioni presenti su TuneIn interessate a farli subentrare“, commenta Massimo Rinaldi, ingegnere di Consultmedia (struttura di competenze a più livelli collegata questo periodico). “Così, gradatamente, col fine di rendere un servizio accessorio alla clientela, abbiamo incrociati i dati dei database fornendo riscontro alla costante domanda/offerta. Potrà sembrare strano, ma in 6 mesi abbiamo ricevuto quasi un centinaio di richieste di questo tipo”, conclude Rinaldi. (E.G. per NL)