Roger Lanctot, direttore associato del dipartimento Global Automotive della Strategy Analytics, ha scritto il 5 marzo scorso un articolo su LinkedIn intitolato “Technology Tyranny and the End of Radio”. Il pezzo fa riferimento ad un aggiornamento del software dei modelli Tesla Model S e Model X volto ad una migliore user experience attraverso lo streaming video.
Niente di male, se non fosse che tale upgrade rimuoverà (per ora in USA) la possibilità di ricevere contenuti radiofonici AM/FM e attraverso la piattaforma Sirius/XM. In altri termini, escluderà completamente la ricezione attraverso vettori broadcast.
I primi proprietari Tesla ad essere contattati via e-mail sono stati quelli dotati di Autopilot Computer 2.5 con piena capacità di guida autonoma, mentre quelli con Autopilot Computer 2.0 dovrebbero essere raggiunti entro la fine del mese.
Tesla come Apple e Google
“Google, Apple (che ha eliminato dagli iPhone il ricevitore FM, ndr) e Tesla hanno voltato le spalle alla radiofonia, nonostante l’ampia portata del mezzo – che supera quella della televisione – e il fatto che si tratta di contenuti localizzati gratuiti ed ideali per il consumo in mobilità“, scrive Lanctot.
“La decisione di Tesla influisce per ora solo su una porzione limitata di proprietari di vetture Tesla, dato il costo dell’aggiornamento opzionale (2500 dollari, ndr) e dei limitati miglioramenti a bordo del veicolo, ma ha risvolti inquietanti”, avverte l’analista.
Target: distribuzione contenuti solo in streaming
“L’aggiornamento del software Tesla, incentrato sull’aggiunta di video in streaming attraverso un abbonamento di $ 9,99/mese – per i proprietari che non sono già iscritti al servizio premium dell’azienda – punta a un approccio di solo streaming per la fruizione dei contenuti. Proprio come l’emittente satellitare SiriusXM si è sentita in dovere di offrire una versione IP del suo contenuto, Tesla sembra incline a trasferire la consegna dei contenuti attraverso la ricezione IP”, continua Lanctot.
Strategia logica. Dal punto di vista di Tesla
“La strategia ha senso per un’azienda che distribuisce automobili in più continenti con protocolli e metadati di trasmissione locali diversi. Il passaggio dalla ricezione radio via etere alla distribuzione IP semplifica enormemente la configurazione in-dash e – a lungo termine – può consentire una riduzione della presenza di hardware sotto forma di sintonizzatori e antenne. Fatto particolarmente rilevante in vista dell’adozione del 5G: un aggiornamento tecnologico che richiederà l’aggiunta di più antenne”.
Si deve passare da TuneIn
“I veicoli Tesla in Nord America sono sempre stati dotati dell’aggregatore TuneIn – quindi, ora, TuneIn diventa il punto di aggregazione di trasmissione IP radio preferito.
In effetti, è del tutto possibile che Tesla abbia sfruttato i dati degli utenti dai propri veicoli per determinare che l’ascolto radio nei suoi veicoli era sufficientemente minimale da valere la pena di rischiare una piccola resistenza”, continua il reponsabile di Strategy Analytics.
Test per misurare l’interesse verso la radiofonia?
“L’aggiornamento del software che rimuove l’ascolto radio in FM/AM è facoltativo. Si tratta di un test per determinare la reazione del cliente costretto a scegliere se sacrificare la radio free to air per uno streaming video a pagamento per $ 2.500? L’offerta è una ricerca di mercato? Tutto è possibile da una azienda come Tesla, che ha più volte modificato i suoi prezzi e sconti in risposta alle condizioni del mercato”, conclude Lanctot.
Ma il punto è anche un altro
“Tesla è un precursore tecnologico in ambito automobilistico e non è escludibile che la sua iniziativa possa essere in futuro adottatata da altre case”, commenta Massimo Rinaldi, ingegnere di Consultmedia, che sul tema dell’impatto delle connected car sul comparto radiofonico ha condotto numerosi studi.
“Alla luce di uno scenario che possa prevedere una futura scomparsa di ricevitori via etere dal dashboard delle auto è quantomai opportuno che gli stakeholder della Radio accellerino tutti i processi per la collocazione di aggregatori di flussi streaming (diversi dal solo TuneIn che ha inibito nuovi ingressi da due anni a questa parte) sui cruscotti o favoriscano, nel caso di sistemi che favoriscono il mirrorlink, la presenza degli stessi sugli smarphone attraverso campagne di sensibilizzazione sulla propria utenza”, conclude Rinaldi. (E.L. per NL)