Processamento del suono radiofonico: il digitale esige un approccio differente.
A breve l’IP come piattaforma di veicolazione delle emittenti radiofoniche via etere raggiungerà il 20% e insieme alla tv rappresenterà esattamente 1/3 della fruizione complessiva della Radio.
Tuttavia, nonostante l’incidenza progressiva e la consapevolezza che nel futuro (entro il 2030) l’IP sarà il vettore sostanzialmente unico (o comunque preferenziale) dei contenuti radiofonici, c’è ancora una scarsa consapevolezza delle sue particolari esigenze.
“Penso che dobbiamo intendere il suono di un’emissione digitale in maniera diversa da come abbiamo sempre fatto per l’FM; innanzitutto per la diversa natura – e di conseguenza banda passante – dei due mezzi, e poi perché, a differenza di quanto si possa pensare, chi ascolta in digitale, anche la normalissima persona non addetta ai lavori, cerca qualcosa di diverso e qualitativamente di più alto”, commenta Max Pandini Gastoldi, noto radiofonico con notevole esperienza nel sound processing e da poco in forza per una nota multinazionale come Audio Specialist per l’emisfero est mondiale.
“Le aziende produttrici che hanno una divisione sviluppo e ricerca efficiente stanno investendo molte risorse per fornire adeguate risposte al processo audio di radio digitali. Purtroppo negli ultimi decenni la corsa incessante a suonare più forte in FM ha spinto verso un processamento audio che soffocava molte sonorità. Fortunatamente oggi ci sono soluzioni che consentono di togliere lo strangolamento già in FM e a maggior ragione ci sono altre versioni studiate ad hoc e non solo come estensione del processore FM che consentono di avere un’eccellente qualità per le diffusioni digitali (IP, DAB+, DTT) – continua Pandini Gastoldi -. Mi è capitato proprio in questi giorni di curare l’Audio Design di una radio digitale e sentirmi dire dai responsabili di avere scoperto dei suoni che prima non hanno mai sentito su pezzi anni ’70 e ’80 solitamente soffocati dal processore tradizionale.”
A breve assisteremo all’esplosione del fenomeno dei brand bouquet radiofonici, costituiti da decine se non centinaia di radio verticali (in Francia NRJ ne ha 150) col fine di intercettare i gusti dell’utenza fidelizzandola prima che finisca ipnotizzata dalla analoghe proposte dei servizi di streaming on demand, come Spotify; si rende pertanto indispensabile colmare i gap di cultura tecnica sulla materia.
“Provate ad ascoltare via IP, magari con delle cuffie un suono IP ben processato e un brano con audio flat: il primo vi incollerà”, conclude Max Pandini Gastoldi. (E.G. per NL)