Il mercato degli smart speaker è cresciuto nel primo trimestre 2020 di oltre l’8%. Gli utenti col lockdown hanno iniziato a conoscerli meglio e ad utilizzarli. Eppure la quasi totalità delle emittenti radiofoniche li subisce passivamente, non cogliendone le opportunità. Soprattutto a riguardo dell’intercettazione di nuova utenza e dei podcast.
Quasi metà del mercato ad Amazone e Google
Secondo il report di Strategy Analytics, la vendita mondiale di altoparlanti intelligenti (gli smart speaker) nel primo trimestre 2020 è aumentata dell’8,2% rispetto al periodo omogeneo del 2019, con 28,2 milioni di unità.
Il mercato è dominato da Alexa, l’assistente virtuale degli smart speaker della serie Echo di Amazon, che detiene una quota del 23,5% (+21,5% rispetto al 1° trimestre 2019).
Bene anche Google Home, che si posiziona a ridosso del colosso di Jeff Bezos, con una quota di penetrazione del 19,3% (+17,9%).
Soffrono gli smart speaker con gli occhi a mandorla
Hanno sofferto pesantemente gli effetti della crisi economica Covid-19 i cinesi Baidu, Alibaba e Xiaomi, che hanno visto le vendite in significativa flessione, anche se Strategy Analytics ha rilevato già un’inversione di tendenza, o quantomeno un ripristino del livello dell’anno scorso, nel primo mese del secondo trimestre 2020.
Streaming musica e podcast incrementi più alti
“Durante il lockdown gli smart speaker sono stati scoperti da molti utenti che li avevano acquistati ma non avevano avuto il tempo di approfondirne l’impiego – spiega Massimo Rinaldi ingegnere di Consultmedia, applicato all’area Radio Tv 4.0, -. Gli utilizzi primari degli altoparlanti intelligenti sono relativi a domande di carattere generale (51%), lo streaming di contenuti ad altri altoparlanti presenti nelle abitazioni all’interno di un sistema multi-room (50%), seguiti dalle previsioni meteo (49%), le chiamate telefoniche (46%) e dagli aggiornamenti sulle news (43%). Lo streaming di musica ed i podcast registrano tuttavia gli incrementi più alti: +36 punti percentuali (dal 7% al 43%).
Utenti senza chiavi di dialogo
Tuttavia da un nostro monitoraggio è emerso che le emittenti italiane fanno ancora troppo poco – se non addirittura nulla, nella maggior parte dei casi – per promuovere la propria presenza sugli smart speaker. Per esempio si limitano ad informare gli ascoltatori della possibilità di essere ascoltati tramite i dispositivi Amazon e Google, ma senza fornire le skill e le action che permettono di interagire efficacemente con i device. Peraltro, come abbiamo avuto modo di sottolineare più volte, la denominazione di una stazione è spesso un problema insormontabile alla presenza di omonimie o soprattutto di nomi che non vengono facilmente compresi dagli smart speaker (generalmente perché non correttamente pronunciati dagli utenti).
Intercettare nuova utenza
Ove detto problema è risultato insormontabile, abbiamo suggerito ai clienti di utilizzare skill ed action afferenti al contenuto (es. “Alexa avvia Musica Anni 70 e 80”), piuttosto che alla denominazione, magari impiegando il claim della stazione. Col partner tecnologico 22HBG abbiamo realizzato un esperimento interessante e produttivo, di cui abbiamo già parlato su NL e che dimostra che gli smart speaker non sono solo passivi dispensatori di streaming radiofonici: se sfruttati con astuzia possono infatti anche intercettare nuova utenza (cfr. articolo sul tema, ndr)”, conclude Rinaldi.
Podcast: potenziale infinito
“C’è poi l’infinita potenzialità dei podcast. Anche in questo caso, con Francesco Triolo di Meway, stiamo promuovendo l’utilizzo della piattaforma Podcaster.host, una consolle di editing, che consente grandi facilitazioni nella fase di caricamento dei contenuti, di gestione dei metadati e dei feed rss per condividerli con altre piattaforme di podcasting e siti web”, interviene Daniele D’Abrosca, che in Consultmedia cura lo sviluppo delle soluzioni di podcasting per radio e tv.
Deep-web
“Le emittenti hanno un patrimonio di contenuti enorme, che tuttavia non fanno emergere. Il paragone tra il web ed il deep-web non pare azzardato: è come se ci fosse un iceberg di contenuti di cui quella fuori dall’acqua è solo la parte indicizzata, mentre l’altra, sommersa, non può essere intercettata dall’utenza”, chiosa D’Abrosca. (E.L. per NL)