Si stanno velocemente diffondendo le cuffie/auricolari Bluetooth per ascoltare musica attraverso lo smartphone senza fili. Soluzione che comporta un grosso problema per l’ascolto di programmi radiofonici attraverso i device che dispongono di ricevitori FM (quindi non gli iPhone, dopo che Apple ha vinto il braccio di ferro sul chip FM con la FCC USA), posto che l’antenna di ricezione è in questi casi costituita dal cavo della cuffia o degli auricolari.
Tanto che, all’attivazione, molti esemplari di cuffie Bluetooth, come quella che abbiamo testato (e rappresentato nella foto), acquistato su Amazon per circa 20 euro, suggeriscono all’utente, attraverso un messaggio, di ascoltare i programmi radiofonici per mezzo di un aggregatore di flussi streaming radio, identificato nell’ormai onnipresente TuneIn (che, tra l’altro, come sanno i lettori di questi periodico, è aggregatore preinstallato sugli smart speaker Amazon e Google e sul dashboard di 50 marche di automobili dotate di interconnessione).
Circostanza, questa, che rafforza la rendita di posizione dell’aggregatore californiano che, dopo aver vissuto momenti di difficoltà finanziaria un paio di anni fa, è letteralmente risorto assurgendo a OTT del mercato radiofonico mondiale.
“L’onnipresenza di TuneIn nelle principali piattaforme per la fruizione di contenuti in streaming dopo che sugli smart speaker Echo (Amazon) e Home (Google) ora anche su cuffie e auricolari Bluetooh apre le porte a considerazioni sulla posizione dominante che sta assumendo nel mercato della Radio”, osserva Stefano Cionini, avvocato di MCL Avvocati Associati, law firm che gestisce in esclusiva l’Area Affari Legali di Consultmedia (struttura di competenze a più livelli collegata a questo periodico).
“E’ presumibile che a breve altri aggregatori (controllati dalle emittenti o indipendenti) formulino esposti alle autorità antitrust (Commissione UE, DG Concorrenza, in primis) per segnalare la distorsione della concorrenza che la corsia preferenziale su smart speaker e device Bluetooth può comportare”, spiega Cionini.
“La questione è quantomai importante in considerazione dell’imminente sviluppo dell’ascolto della radio digitale sulle automobili in forza dell’obbligo UE di dotare i ricevitori di almeno un’interfaccia per l’ascolto delle trasmissioni radiofoniche in tecnologia numerica. Colgo l’occasione per chiarire sul punto un equivoco: non è affatto vero che sia ex lege obbligatoria la dotazione di ricezioni DAB+ sulle auto, avendo posto il legislatore comunitario (e recepito quello interno, nel nostro caso con la L. 205/2017, in attesa dell’aggiornamento del Codice delle comunicazioni elettroniche UE) meramente l’obbligo di dotare il ricevitore di un’interfaccia digitale, che ben potrebbe essere costituita da soluzioni di mirrorlink o comunque per l’ascolto via IP, anche se in realtà è altamente probabile che molti costruttori prediligano soluzioni hybrid radio, che consentano l’ascolto sui tre vettori principali: FM, DAB+,IP. Ciò è dimostrato anche dalle differenti strategie adottate dalle case automobilistiche, come per esempio FIAT, che ha recentemente lanciato una soluzione per la Panda basata appunto sul mirrorlink attraverso un router interno dotato di scheda indipendente Wind da 50 GB/mese, equivalente sostanzialmente ad un contratto con tariffe flat“, conclude il legale. (E.G. per NL)