È arrivato, puntuale come ogni anno, “The Infinite Dial”, il report di Edison Research e Triton Digital sul mondo dei media digitali. Si tratta sostanzialmente di un sondaggio che indaga i trend in fatto di digital radio ed aree connesse, come l’IP radio, la radio satellitare, i download di musica e podcast.
Benché la modalità di rilevamento sia certamente vetusta (metodo CATI, telefonico quindi), lo studio ha una grande importanza vista la sua longitudinalità e longevità: viene svolto sugli stessi argomenti ogni anno, da ormai vent’anni, quindi i relativi report costituiscono un archivio fondamentale dei trend del mercato dei media digitali.
L’outcome più interessante di quest’anno riguarda certamente Amazon: sembra infatti che il lancio – tardivo – di Alexa Music (Amazon Echo) sul mercato si stia rivelando una strategia vincente e foriera di guadagni per l’azienda.
Nei confronti del mercato musicale Amazon ha sempre attuato una strategia “ad inseguire”: ha lanciato il proprio store di brani in formato mp3 solo nel 2008, ben cinque anni dopo l’esordio di Apple con iTunes, ed ha atteso un altro lustro dopo l’avvento di Spotify prima di rendere disponibile negli Stati Uniti Amazon Music Unlimited, il proprio servizio di streaming on-demand in abbonamento.
Al lancio nel 2016, Amazon Music Unlimited sembrava non poter competere con la concorrenza (Spotify, Apple Music, Google Play Music e tutti gli altri player di questo affollato settore). La strategia dell’azienda di Seattle, però, era quella di legare il servizio al device proprietario Echo (marchio che identifica una serie di altoparlanti intelligenti, meglio noto come “smart speaker”) che integra l’assistente personale virtuale Alexa. L’intenzione di Amazon era quella di sfruttare la facilità d’uso degli altoparlanti (che grazie ad Amazon Echo – Alexa possono essere utilizzati mediante comandi vocali) per rendere più semplici, veloci e diretti gli acquisti anche su Amazon Music Unlimited.
Come rendere effettivo il legame tra piattaforma on-demand e altoparlanti? Con un sistema di abbonamenti “scontati”: il prezzo della sottoscrizione ad Amazon Music Unlimited, infatti, è di 10 dollari al mese per utenti che utilizzano un qualunque device non brandizzato Amazon, mentre è di 8 dollari al mese per i sottoscrittori di un account Amazon Prime e addirittura di soli 4 dollari al mese per chi utilizza la piattaforma musicale tramite device che supportano Amazon Echo – Alexa.
Ci si potrebbe chiedere in che modo Amazon sia riuscita a convincere le etichette discografiche a concedere uno sconto così alto per i suoi utenti “qualificati”. Neppure Apple è riuscita a fare altrettanto: l’azienda di Cupertino ha dovuto rinunciare all’idea di lanciare abbonamenti a 5 dollari a causa delle resistenze delle label musicali.
Per tornare allo studio Infinite Dial, sembra che la strategia di Amazon stia dando i suoi frutti. In particolare, viene rilevato come il numero di possessori di smart speaker abbia raggiunto quota 8% degli intervistati (a fronte del 7% dell’anno passato). E, dettaglio ancor più interessante, l’83% degli smart speaker in questione è a logo Amazon.
La restante quota di smart speaker in circolazione è prodotta invece da Google, che – sempre secondo lo studio – penetra il mercato per il 28% (questo perché alcuni possessori di smart speaker ne possiedono più di uno, sia marchiato Amazon, sia Google).
Infinite Dial evidenzia che la differenza tra le due case è sostanziale anche per un altro aspetto: se Amazon Music è due volte più popolare tra i possessori di altoparlanti smart che nella totalità degli intervistati, Google Play Music è utilizzata con lo stesso grado di preferenza dai due segmenti di pubblico. Questa sarebbe la dimostrazione di come Amazon sia riuscita a legare la piattaforma al proprio device Amazon Echo, risultato invece non raggiunto da Google. Seguendo il filo del discorso, la motivazione di questa disparità potrebbe essere riscontrata nella diversa strategia di Google, che non prevede sconti sugli abbonamenti alla piattaforma musicale per i possessori dei propri speaker: in assenza di un “incentivo”, non c’è motivo per cui un consumatore debba preferire Google Play Music ad altre piattaforme (ad esempio Spotify) che può comunque utilizzare sul device.
Tirando le somme, il report Infinite Dial mostra come nell’ultimo anno la popolarità di Google Play sia stazionaria al 6%, quella di Apple Music sia salita dall’8% al 10%, ma non sia più ai livelli alti del 2016 (12%), mentre quella di Amazon sia in netta crescita passando dal 6% al 9%. (V.D. per NL)