“Gli imprenditori radiofonici devono considerate le nuove piattaforme come delle opportunità. Per esempio, i vari smart speaker che entrano nelle case, da Amazon Echo a Google Home fino ad Apple Home Pod, sono una grande occasione per le radio con un forte brand. Il brand, infatti, può cavalcare benissimo l’avvento del digitale“.
Così Paolo Salvaderi, a.d. di Radiomediaset in una intervista odierna a Italia Oggi sulla “Sfida del digitale“.
Nulla di nuovo, del resto: Salvaderi non ha mai fatto mistero di considerare il brand uno degli asset più importanti delle emittenti radiofoniche nazionali.
Per questo motivo, nella prospettiva di un futuro anticipato, che vedrà il 20% del parco auto interconnesso entro il 2020 e la totalità dello stesso entro dieci anni (car play preinstallato o mirrorlink con smartphone) – come riconosciuto dalla BBC che ha rivisto i propri piani in tale ottica – Radiomediaset, attraverso l’aggregatore captive Unitedmusic.it, sta “facendo analisi, proponendo in streaming prodotti senza brand per vedere se ci sono differenze con prodotti invece a brand. Cambiano i device, ma non cambia l’affezione alla marca – sottolinea Salvaderi -. Dovremo essere capaci di mutare pelle, di valorizzare appunto il brand come hanno saputo fare tanti altri marchi nella storia”.Salvaderi tocca anche un punto importante, oggetto di ripetute riflessioni su queste pagine: il fallimento delle app delle singole emittenti: “Le app non sono un fenomeno decollato, hanno un peso irrilevante”.
In numerose occasioni, del resto, avevamo osservato come fosse improbabile che un utente scaricasse sul display dello smartphone, sul tablet, piuttosto che sul dashboard delle connected car da 6 a 12 app radiofoniche (questa la media delle stazioni più frequentemente fruite da un ascoltatore), preferendo downloadare un’unica applicazione aggregatrice (TuneIn, FM World, MyTuner, ecc.).
E poi c’è l’universo, in Italia pressoché inesplorato, del podcasting, che secondo osservatori qualificati riserverà opportunità enormi per il mercato radiofonico, soprattutto per quanto riguarda contenuti non musicali, come sport, news, talk, dominio pressoché esclusivo dei broadcaster, che non temono la concorrenza dei servizi di streaming on demand come Spotify o Pandora.
SOD che, peraltro, non spaventano Salvaderi nemmeno sull’aspetto musicale: “Spotify per ora non ci ha tolto ascolti. La radio fa da vetrina, ovviamente di prodotti di massa. Spotify, successivamente, fa lo streaming. Ma la vetrina resta ancora la radio“. (E.G. per NL)