Smart speaker, smart tv, smartphone, connected car sono termini, volenti o nolenti, entrati prepotentemente nel vocabolario degli editori radiofonici da qualche anno a questa parte.
O perlomeno nel dizionario di quelli che pensano di avere ancora un ruolo in un futuro sempre più interconnesso.
La Radio è un mezzo resiliente, lo ha dimostrato in occasione di ogni avvicendamento sociotecnologico traumatico: dall’avvento della televisione a quello di Internet.
I più recenti cambiamenti cui la radio è stata chiamata sono stati due.
Il primo, è stato il passaggio da una sostanziale monopiattaforma via etere (generalmente FM) all’ambiente multidevice, con una frammentazione sempre più estesa su dispositivi fissi e mobili, quali tv (DTT e smart), smartphone, smart speaker, car play digitali (DAB+ e IP), pc e tablet.
Il secondo, è stato quello della tradizionale ed esclusiva fruizione “live” a quella integrata da componenti percentualmente più o meno rilevanti “on demand”.
Si tratta di una evoluzione sociocomportamentale dell’utenza che per la tv è stata (rectius, è) l’equivalente di un terremoto, con il declino di modelli tv fino a dieci anni fa considerati intramontabili, come quello della televisione lineare fondata su film e fiction.
Oggi è ormai evidente anche agli osservatori meno attenti che tale tipologia di contenuti tv a breve sarà un’area di dominio pressoché assoluto dei servizi di streaming on demand, come Netflix, Prime Video o Disney.
Ciò non significa, beninteso, la scomparsa della tv tradizionale: ad essa rimarrà comunque l’importante ed essenziale terreno del live, incentrato su informazione, infotainment, sport e talk in generale.
L’equivalente dell’on demand tv per la radio è, come noto, il podcasting, un segmento di contenuti audio che sta registrando tassi di crescita estremamente importanti, soprattutto in conseguenza del mutamento delle abitudini del pubblico mutuato dall’introduzione degli smart speaker.
Eppure, secondo Radiocentre, l’ente esponenziale che rappresenta le radio commerciali UK e cofondatore di Digital Radio UK, la live radio assorbe tuttora i tre quarti del tempo di fruizione di contenuti audio (75,2%).
“Forse gli ascoltatori non hanno ancora assimilato il concetto di catch-up radio, che rappresenta solo l’1,1% dell’ascolto audio, mentre i podcast sono ancora al 2,5% e l’insieme dei colossi dello streaming on demand (come Spotify) supera di poco l’8%, al pari della fruizione dei file audio. Il resto (4,8%) è rappresentato da CD o vinile”, si legge in un report.
Nondimeno Radiocentre riconosce che “L’ascesa nell’ascolto di radio e altri servizi audio su dispositivi collegati ha creato nuove opportunità commerciali, nella forma di pubblicità audio digitale, inserite in contenuti sonori in streaming o scaricati, tra cui la radio, la musica su richiesta servizi e podcast”.
Tuttavia l’avvento degli Autonomous Vehicles (AV) sta per portare la Radio ad un altro salto tecnologico epocale.
CarPlay e Android Auto sono sul mercato da tempo e secondo le ultimi revisioni (in anticipazione del trend) la metà di tutte le auto tra cinque anni sarà completamente interconnessa. D’altra parte, le auto connesse stanno già crescendo più velocemente rispetto alle auto tradizionali (not connected) negli Stati Uniti. Secondo gli ultimi dati, al momento sono già 20 milioni i veicoli interconnessi in circolazione nel mondo.
“Nonostante il rapporto USA Infinite Dial sostenga che l’82% dei consumatori di età superiore ai 18 anni che hanno guidato o comunque siano stati trasportati in un’auto nell’ultimo mese dicano di aver ascoltato la radio AM/FM, con la rivoluzione delle app sul cruscotto la Radio dovrà riprendere il suo ruolo ed evolvere. Il dashboard dell’auto e la vettura stessa stanno per diventare una grande nuova piattaforma audiovisiva“, osserva sul tema dello sviluppo radiofonico attraverso le connected car il periodico online neozelandese Stop Press.
Come già detto, i comandi vocali stanno sensibilmente alterando il modello di fruizione sonora e non è pertanto lontano il tempo in cui l’intelligenza artificiale preinstallata sull’auto possa ricevere il comando “accendi la mia stazione radio preferita” (mutuata dalle abitudini dell’utente registrate dall’I.A.), semplificando la fruizione dei contenuti radiofonici.
Le nuove auto vedranno l’impiego di microfoni sempre più sensibili dell’I.A. di bordo che somministrerà su richiesta news, informazioni sul traffico, aggiornamenti meteo, infotainment e, ovviamente, musica. Il tutto, rigorosamente in streaming.
Per gli editori si tratta di una sfida impegnativa, dove a far da padrone saranno soprattutto la capacità di attrarre utenti con contenuti originali, verticali ed appetibili e, soprattutto, di farsi individuare attraverso collocazioni preferenziali negli aggregatori, suggerimenti e SEO.
“Parlando di prodotti musicali verticali, è certamente possibile fare delle radio che non siano solo sequenze senz’anima alla Spotify. Anche solo la cura della playlist (intesa come scelta dei brani), l’articolazione del flusso ed il suono distingue una sequenza di Spotify da una radio musicale verticale ben fatta”, si legge in un report dedicato alla Radio Tv 4.0 di Consultmedia (struttura di competenze a più livelli collegata a questo periodico). “Capita sempre più spesso nei negozi di ascoltare in sottofondo della musica sequenziale con bianchi infiniti tra un pezzo e l’altro, evanescenze altrettanto infinite e brani musicali connessi senza logica BPM, ecc.
Ascoltare una radio musicale verticale ben fatta, con una playlist scientifica, una attenta cura dei liners, dei jingle e del suono consente all’utente di percepire immediatamente la differenza e di connotarla come radio e non come l’equivalente streaming di una compilation. Fare una radio verticale non significa necessariamente mettere in onda brani sconosciuti o solo parlato. Si può farlo anche con le hit, a condizione di dargli un senso”.
Il secondo problema è la rintracciabilità: “La rendita di posizione tipica delle diffusioni analogiche via etere (FM) che limita l’ascolto ad un massimo di una settantina di canali per bacino di utenza verrà spazzata via dalla fruibilità di centinaia di migliaia di flussi streaming contemporaneamente”, si legge nel report Consultmedia.
“La possibilità di emergere sarà quindi legata alla capacità di conseguire posizionamenti primari negli aggregatori preinstallati sui dashboard delle auto oppure attraverso suggerimenti da parte dei collettori stessi o ancora dell’Intelligenza Artificiale che governerà il car entertainment (probabilmente Alexa, Google, Siri, ecc.). La sostenibilità dell’ascolto dell’utente sarà però tendenzialmente sempre limitata ai 6-10 programmi tipici dell’ambiente analogico, ma la differenza non la farà più la sintonizzabilità sul piano tecnico, ma la notorietà del brand ed il suo posizionamento nell’elenco”.
Lato economico, ci sarà anche una serie di nuove opportunità per le emittenti ed i loro inserzionisti, che, attraverso la connettività bidirezionale con l’auto, potranno offrire e ricevere a e da i guidatori e i passeggeri contenuti e feedback. (E.G. per NL)