Di auto interconnesse si parla da un po’, ma l’argomento nel 2018 diventerà attualissimo con l’introduzione della cosiddetta eCall, il sistema automatico di chiamate di emergenza che si attiva da solo in caso di incidente, in grado di inviare automaticamente un segnale di soccorso al numero di emergenza unificato 112.
A riguardo va detto che nella programmazione 2014 – 2020 la Commissione Europea ha inserito nei Fondi CEF (Connecting Europe Facility – strumento finanziario diretto a migliorare le reti europee nei settori dei trasporti, dell’energia e delle telecomunicazioni) la possibilità di attivare una nuova iniziativa sull’eCall aperta a tutti gli Stati Membri.Ora, si è sempre detto che una volta che su un’automobile fosse stata imposta l’installazione di una scheda di connessione dati, l’ingresso dell’auto nel web (e viceversa) sarebbe stato immediato. E’ vero, anche se, in realtà, a ben pensarci, l’automobile interconnessa è già una realtà spontanea per ciascuno di noi: il cellulare viene utilizzato spessissimo come navigatore e molte volte come vettore musicale collegato all’impianto audio della vettura e qualche volta anche come ricevitore radio. Con il Bluetooth o con un cavetto jack-jack molti di noi hanno realizzato artigianalmente dei più o meno efficaci mirrorlink, la più banale delle soluzioni carplay per ascoltare lo streaming in auto.
Ciò posto, se è vero che il mirrorlink – che si chiama così perché costituisce uno specchio dello smartphone sul cruscotto dell’auto, che quindi diviene uno schermo del telefonino con la possibilità di visualizzarci quello che compare – è la più immediata delle soluzioni, tutte le case automobilistiche hanno progettato – e quasi tutte già reso disponibili – dei modelli captive per l’interconnessione dell’auto.
Ovviamente quello che qui interessa è l’impiego radiofonico delle soluzioni per la connected car.
In tal senso le problematiche principali sono di natura tecnica: posto che il vettore unico dei contenuti testuali, sonori e visivi sarà in un lasso di tempo presumibilmente non inferiore a 15 anni il web (nel senso che qualsiasi contenuto sarà veicolato via IP), da qui ad allora dovranno convivere i vari carrier all’insegna del principio che deve guidare tutti gli operatori radiotelevisivi “raggiungere comunque e dovunque l’utente”, presidiando tutte le piattaforme atte allo scopo.
Se quindi ciò significa negli ambienti indoor essere presenti oltre che in FM, DAB+ e IP anche sulla tv DTT, sat e smart, in auto il target è di realizzare la cosiddetta hybrid radio, cioè un sistema che consenta di switchare la trasmissione da FM a DAB+ o IP e viceversa in funzione di una scala di priorità che possono andare dalla maggiore qualità sonora in presenza di livelli di segnale equivalenti, fino all’ultimo segnale utile in caso di disagio di sintonizzazione per passare da altre valutazioni come il risparmio di banda. In tal senso sono ormai disponibili dei ricevitori o dei rilevatori switch in grado di effettuare il costante monitoraggio dei vettori relativi al contenuto preferito scegliendo quello più opportuno in un dato momento.
Limitatamente al vettore IP, alla sua estensione concorreranno tre fattori: lo sviluppo della diffusione della banda larga in tutte le aree urbanizzate e su tutte le arterie stradali rilevanti, soprattutto attraverso l’introduzione della tecnologia 5G (che entrerà a regime nel 2020 ma con una progressione già dal 2018 passando dal 4,5G), l’abbattimento delle tariffe telefoniche (presumibilmente con l’introduzione di soluzioni “sostanzialmente flat” considerato che una disponibilità di 30 GB/mese corrisponde di fatto ad una tariffa flat) e lo sviluppo con l’IP6 del limite delle contemporaneità degli ascolti in streaming in maniera esponenziale a parità di costi per la stazione radio.
Il problema in prospettiva (cioè nella fase successiva della hybrid radio, quindi nell’era totalmente IP) tuttavia non è di natura tecnica, quanto strategica: potenzialmente tutti i flussi streaming del mondo saranno ricevibili sulle auto interconnesse. Come facilitare quindi la scelta?
La snodo è costituito dagli aggregatori, cioè i collettori ed organizzatori di flussi streaming delle radio: TuneIn per citare il più famoso al mondo e FM World per far riferimento a quello italiano.
Come sugli smartphone, è impensabile che un utente possa scaricare 6-12 app di singole radio (questa è la media del numero di stazioni fruite) che sovraffollerebbero lo schermo del device inutilmente: meglio allora una singola app che permetta di gestire le stazioni preferite, raggruppandole per generi, geolocalizzandole e filtrandole dopo aver effettuato la profilazione dell’ascoltatore.
Ed è proprio sugli aggregatori che si giocherà la guerra del controllo del cruscotto delle auto: TuneIn, che fa riferimento a Google, è enormemente avanti rispetto ai broadcaster, che non si sono ancora organizzati con un proprio aggregatore.
La posta in gioco è la vita delle emittenti e si fonda sulla pigrizia dell’utente che generalmente sfrutta quanto preinstallato: se trovo l’icona di Spotify sul display è molto probabile che la sfrutti.
In questo senso è in atto un confronto serrato tra l’OTT dell’aggregazione – cioè TuneIn – e i grandi gruppi radiofonici. L’argomento è: chi agevola chi. E’ l’aggregatore che porta ascolti alle radio con la sua diffusione capillare su smartphone dove quell’emittente ancora non c’è o sono le emittenti che portano acqua al mulino del collettore? La risposta determina un ruolo più o meno rilevante nelle negoziazioni della pubblicità (cui ambiscono entrambe le parti) coi centri media.In realtà la risposta sta nel mezzo: vettore e contenuto si sostengono l’un l’altro. Lo stesso Google non avrebbe ragione di esistere senza contenuti da ricercare e catalogare.
Il punto, tuttavia, è un altro: occorre cambiare metro di valutazione. La radio del futuro sarà costruita sui contenuti e non più sulle infrastrutture di diffusione, con effetti rilevanti sulle rendite di posizione.
Esserci sul display ed essere rintracciabili è quindi essenziale per garantirsi il futuro sull’auto interconnessa. (M.L. per NL)