In sintesi: troppo sbatti per downloadare, meglio strimmare. I lettori ci scuseranno il tentativo di prosa 4.0, ma l’essenza del trend sembra essere questa: perché devo scaricare musica quando posso ascoltarla direttamente?
E’ effetto clouding di YouTube (a sua volta figlia della filosofia del web): disponibilità contenutistica immensa e costante. Che però comporta un altro scontato effetto: lo stordimento per eccesso di offerta, che induce a richiedere suggerimenti e quindi preselezioni. Tendenza già vista con la pay per view: troppa offerta riporta alla tv generalista che seleziona “il meglio” per noi.
Di qui l’idea che la radio del futuro sia un mix di tradizione (playlist rigida) ed innovazione (successive, eventuali, personalizzazioni a seguito di profilazione dell’utente).
Un segnale positivo indiretto per la radio (quanto meno per quella IP). Nel merito del tema specifico, se il trend positivo dovesse continuare il 2017 potrebbe essere il terzo anno di crescita consecutivo per il mercato musicale statunitense.
La locomotiva, inutile dirlo, è ancora una volta lo streaming che nel primo semestre dell’anno rappresenta il 62% dei ricavi totali. Secondo l’ultima analisi del RIAA, la Recording Industry Association of America, ai quasi due miliardi di dollari dagli abbonamenti (sempre in riferimento ai primi sei mesi dell’anno) vanno aggiunti i 273 milioni dalla raccolta pubblicitaria.
Se verso la fine degli anni ’90 i compact disc erano il prodotto più acquistato dagli amanti della musica, oggi invece l’80% delle entrate del settore deriva dai servizi digitali per una cifra pari a 3,235 milioni di dollari all’anno.
Sebbene le previsioni per il futuro siano più che incoraggianti, il Ceo di RIAA Cary Sherman ha voluto sottolineare i pericoli che derivano da un business in forte espansione dominato da poche company: “Abbiamo fatto il punto sullo stato della musica americana a metà del 2017. I ricavi per la recorded music sono aumentati del 17%, alimentati da 30 milioni di abbonamenti e dal lavoro di artisti di talento e professionisti del settore – ha spiegato Sherman – Questo mercato continua ad essere una grande promessa, ma il terreno sotto di noi è fragile; la crescita costante e duratura può essere compromessa da un gioco-forza irregolare”.
A partire dal 2016 il mercato dello streaming musicale ha subìto una differenziazione tra abbonamenti “full service” e abbonamenti “limited tier”; questi ultimi, che nel periodo gennaio-giugno 2017 hanno portato 225 milioni dell’1,7 miliardi dollari di ricavi totali dalle sottoscrizioni, propongono offerte on demand con restrizioni sul tipo di device di utilizzo, sulla durata del contratto o sull’accesso a categorie.Questo segmento commerciale è quasi completamente appannaggio di Amazon Prime, Pandora Plus e pochi altri che cercano di ritagliarsi un spazio nell’oligopolio di Spotify, Google Play Music, Apple, YouTube e Deezer. “Stimiamo che per la fine del 2017 il giro d’affari sia di un trilione, considerando sia i servizi on demand che la radio digitale (460 miliardi nella prima metà dell’anno )– ha precisato Sherman – È un numero incredibile e incoraggiante che simboleggia la sfida che deve affrontare la comunità musicale”.
Viceversa, sono in netta decrescita gli introiti dal download digitale (-24% nei primi tre mesi del 2017 rispetto al medesimo periodo dello scorso anno) che fino a due anni fa era la fonte principale del sistema e che oggi vale la metà in confronto al 2013.
Un dato invece sorprendente, sempre secondo la pubblicazione RIAA, è quello riguardante la vendita dei supporti fissi, con i cd in calo di un solo punto percentuale negli ultimi sei mesi e il vinile incredibilmente in crescita del 3%: evidentemente c’è ancora chi, soprattutto i cosiddetti “tardivi digitali” per utilizzare un’espressione cara a Mark Prensky, non ha ancora attraversato il limbo che separa i metodi tradizionali di fruizione da quelli di ultima generazione. Per quanto riguarda il vinile, al contrario, il lieve incremento può essere ascrivibile ai gusti di un pubblico di nicchia legato al collezionismo e all’antiquariato (il caro mondo dei giradischi, degli LP e dell’analogico). (M.R. per NL)