La notizia della decisione di BBC Radio di eliminare dal popolare aggregatore di flussi streaming radiofonici TuneIn i propri programmi live in UK, ha suscitato un vivace dibattito tra gli operatori ed ha spinto il broadcaster inglese ad una precisazione.
Ricordiamo che l’exit consegue al fallimento di un tentativo di mediazione che vedeva la richiesta all’OTT USA dello streaming radio da parte di BBC di condividere i dati su chi ascolta i flussi attraverso le piattaforme di TuneIn. Richiesta non accolta da TuneIn per insormontabili (ma non chiarite) ragioni di tipo tecnico.
Kieran Clifton, direttore della BBC Distribution & Business Development, dopo la comunicazione della sua decisione e le conseguenti reazioni, ha tuttavia precisato: “Inibiremo l’ascolto solo sulle piattaforme in cui è facilmente disponibile un modo alternativo di ascoltare, semplice e libero“.
“Vogliamo che i nostri programmi, prodotti e servizi siano i migliori possibili ed i dati raccolti sull’audience sono essenziali per poterlo fare. Altrettanto importante è identificare le lacune nel nostro servizio per garantire l’adozione di opportuni correttivi“, ha spiegato Clifton.
“Quando consentiamo la fruizione dei nostri contenuti su piattaforme indipendenti, chiediamo che esse prevedano l’accesso agli account BBC o forniscano direttamente i dati comportamentali dell’utenza. Sfortunatamente, TuneIn non fa nessuna di queste cose e quindi non siamo riusciti a raggiungere un accordo di condivisione dei dati“, ha quindi chiosato il direttore della BBC Distribution & Business Development.
Quindi i servizi della BBC Radio tramite TuneIn su piattaforme dove non è né tecnicamente né economicamente praticabile richiedere un login, continueranno ad essere fruibili, almeno per ora. Questi includono la mediazione di TuneIn sugli smart speaker Sonos e alcuni modelli di internet radio, mentre in UK gli utenti sono stati invitati a scaricare skill ed action dedicate ai dispositivi interconnessi (Amazon Echo e Google Home in testa).
I podcast BBC rimarranno invece accessibili su TuneIn, così come tutti i servizi live al di fuori del Regno Unito.
Ma, come dicevamo, gli operatori radiofonici si sono divisi sulla scelta di BBC. Da una parte i sostenitori della multipiattaforma dura e pura, quella del “dovunque e comunque“; dall’altra i rivendicatori della gestione diretta da parte dei fornitori dei contenuti dei propri prodotti.
“Ci sono almeno cinque motivi per cui condivido la scelta della BBC”, sottolinea a NL Tormy Van Cool, produttore musicale indipendente italo-belga ed esperto radiofonico con trascorsi importanti anche in Italia (Gamma Radio).
“Primo: la stabilità nello streaming. Sono mesi che ascolto su TuneIn e, non importa l’emittente, spesso lo streaming cade e devo fare un refresh per poter tornare all’ascolto (senza contare imprecisioni su artwork e spesso sulla notifica di trasmissioni, etc). Forse l’app va meglio, ma non ne sono cosi sicuro. Secondo: un sistema di streaming sotto il diretto controllo è aggiornabile senza interferenze negative da parte di un esterno (e questi problemi sono facilmente controllabili)”, evidenzia Van Cool.
Terzo: il numero degli ascoltatori. In FM c’è tanta fantasia e poche certezze; ma in IP c’è poco da inventarsi e si vogliono dati utili e veri. Ma non solo numeri: anche aree, generi, device; insomma N parametri utilissimi alla programmazione per mirarla. TuneIn fa cilecca da questo punto di vista. Ma per BBC, al fine di mantenere o meglio incrementare, la qualità dei suoi programmi, il dato è di vitale importanza (considerazione in effetti effettuata anche dal portavoce di BBC, ndr).
Quarto: on demand. Nessun aggregatore è in grado di offrire tale servizio. Dal momento che gli ascoltatori devono essere reindirizzati sul sito dell’emittente che lo offre, tanto vale convogliarli direttamente sul sistema del content provider in cui, magari, il problema dello streaming (primo punto) è risolto o comunque tenuto sotto controllo.
Quinto: aree di broadcasting. Aggregatori come TuneIn, a volte hanno problemi in certe aree a diffondere le radio (ad esempio Radionomy non trasmette più in U.S.), per ragioni politiche, influenzando tutte le emittenti che fanno loro capo. Rendendosi del tutto indipendenti, gli accordi vengono presi direttamente tra emittente ed autorità delle aree critiche. Certo, BBC può permetterselo; la piccola emittente no”, conclude Tormy Van Cool.
Dall’altra parte, cioè tra detrattori della scelta limitativa della BBC, si porta l’esempio del colosso USA Entercom che dopo aver deciso di abbandonare TuneIn per valorizzare piattaforme captive non è stata imitata da competitor come iHeart e Cumulus, che, anzi, con TuneIn hanno raggiunto accordi specifici. Costringere i propri ascoltatori ad abbandonare un’app che hanno scelto volontariamente è un coraggioso test sulla fedeltà al brand, ma pericoloso, ancorché (o forse proprio perché) non si conosce la percentuale di fruizione.
Gli ascoltatori dovrebbero scegliere l’app proprietaria solo perché è migliore di quella di TuneIn, non perché l’emittente non c’è più sulle piattaforme indipendenti. Pensare che il proprio prodotto sia unico ed insostituibile è arrogante e presuntuoso in una fase tecno-mediatica che consente a chiunque di accedere a mezzo milione di flussi streaming radiofonici.
Atteggiamento prudente e concreto viene manifestato da Roberto Sergio, direttore di Radio RAI, che su NL aveva così dichiarato qualche mese fa a riguardo di TuneIn e della possibilità ventilata da qualche player di scendere dalla piattaforma: “Non si può prescindere da un mezzo di distribuzione che ormai si è affermato come il più utilizzato al mondo. Anche gli smart speaker come Amazon Alexa lo utilizzano per permettere l’ascolto delle radio. Non penso quindi che dobbiamo combattere TuneIn, ma piuttosto trovare modalità che da un lato tutelino la paternità dei contenuti, dall’altro sfruttino l’enorme platea che l’aggregatore offre. Penso ad esempio a contenuti premium da creare ad hoc o ad altre forme di partnership a fronte della cessione dei contenuti free”.
Insomma, la decisione della BBC sarà un importante banco di prova per verificare l’importanza raggiunta anche in Europa dalle piattaforme indipendenti di aggregazione di flussi streaming radiofonici. (E.G. per NL)