Continua e s’intensifica il processo di ibridizzazione della radio nella tv: nuova frontiera è lo spot karaoke.
Mentre si affacciano sul mercato italiano nuovi prodotti ibridi che prendono atto del processo di trasformazione delle tv all news nella direzione delle talk radio (e viceversa), Lorenzo Suraci (deus ex machina di RTL 102.5), colonizzatore insieme a Mario Volanti (fondatore e presidente di Radio Italia) del piccolo schermo per fini radiofonici (anche se il primo l’ha sempre considerato un’estensione diffusiva, mentre il secondo l’ha impiegato con fini di complementarietà dell’offerta, evitando il simulcasting), in attesa dell’imminente diffusione dei dati TER sull’ascolto per device (dai quali secondo rumors si attendono molte sorprese), prende atto che la pubblicità in radiovisione, al pari di quella radiofonica in senso classico, è soggetta ad un ascolto diverso rispetto a quello tipicamente televisivo e promuove lo spot radiovisivo modello karaoke.
“La pubblicità radio è di sottofondo, mentre quella tv è rivolta ad un pubblico assorto nel programma che si sta seguendo, con l’effetto che i due messaggi impongono approcci differenti al pubblico, che è diverso”, spiega Giovanni Madaro economista della task force Radio Tv 4.0 di Consultmedia (struttura di competenze a più livelli collegata a questo periodico). “Utilizzare lo stesso messaggio sui due mezzi è un errore che si è compreso già alla fine degli anni ’70 quando i primi approcci della pubblicità nazionale sulle emittenti radio locali sfruttavano inopportunamente l’audio degli spot tv”, continua Madaro.
“Allo stesso modo, l’ascolto della radio attraverso il televisore non è assimilabile a quello tipico della tv tradizionale: il primo è una fruizione in background, più leggera, meno attenta. Ciò non significa che sia inefficace, anzi: necessita però di uno sfruttamento attraverso tecnicismi specifici”, osserva l’advisor.
“Nella maggior parte degli esercizi pubblici la musica è ormai garantita da device televisivi sintonizzati su canali musicali, quasi esclusivamente radiofonici (RTL, Radio Italia, Radio Freccia, R 101, Radio Dee Jay, Radio Bruno e diverse locali che hanno saputo ritagliarsi nicchie interessanti). Il ricevitore FM – ormai ridotto al 40% dell’indoor – sopravvive ormai prevalentemente al sud Italia, mentre al nord il piccolo schermo domina e dove non c’è spesso è presente Spotify (questo spiega la clamorosa assenza nei bar di un’emittente pur premiata dal pubblico come Discoradio, del gruppo RDS, completamente assente dal DTT, ndr).
Nel caso della visual radio in simulcasting con il prodotto tipicamente radiofonico in occasione degli spot pubblicitari la scelta è quella di lasciare il solo audio con la scritta “pubblicità” e qualche riempitivo grafico neutrale, o quello di dedicargli una componente visiva ad hoc. RTL ha quindi adottato la scelta – a mio avviso vincente – di sottotitolare il contenuto dello spot, sul modello del noto karaoke – termine risultante dall’unione tra la parola giapponese kara (vuota) e il termine ōkesutora (orchestra) -, consentendo così all’ascoltatore distratto del bar (che non raramente è affollato al punto tale da consentire all’avventore di seguire solo le immagini diffuse dall’apparato tv).
Con lo spot karaoke si valorizza l’estensione del televisore quale strumento di ricezione radiofonica, dedicandogli una funzione specifica, che lo differenzia dall’impiego per la visione di programmi televisivi in senso pieno”, osserva Madaro.
“Chi insiste a vedere l’unione della radio con la televisione come un abominio, ha ormai perso di vista la realtà oggettiva di due mezzi in continua e profonda trasformazione; anzi, in naturale evoluzione. D’altra parte Charles Darwin (o Clarence Darrow, secondo taluni) ha detto che la specie che sopravvive è quella che è in grado di adattarsi e di adeguarsi meglio ai cambiamenti. E la radio (insieme alla tv), sta facendo esattamente questo)”, conclude il consulente. (E.G. per NL)