In riva al mare, seduto sulla sdraio tra il giallo acquistato l’altro ieri e piegato alla pagina 81 e le contorsioni di mia figlia sedicenne presa a registrare un video “da pubblicare su Tik Tok, dove ho 27.000 followers”, ho deciso di allargare i miei orizzonti facendomi coinvolgere in questo nuovo social media.
Tik Tok è un’applicazione cinese della Musical.ly Inc. fondata nel 2014 da Alex Zhu e Luyu Yang, ma assurta a notorietà nel 2016. Su Tik Tok gli utenti possono caricare video della durata di 15 secondi e aggiungere canzoni o altri suoni, ovviamente interagendo in tempo reale con i propri followers.
Nel tempo però, come spesso accade, il nuovo social si è ampliato ed oggi i suoi contenuti non sono più solo paramusicali, anche se in gran parte si fondano su elementi che con la musica hanno stretta attinenza.
Come scrivevo, ho deciso di approfondire il tema, realizzando un video nel quale, ironicamente (diciamo pure in forma moderatamente idiota), esponevo una differente esegesi dei simboli con gli avvertimenti di sicurezza (i disclaimer) presenti sul materassino. Niente di innovativo: l’avevano già fatto coi cartelli stradali su YouTube in forma molto (più) divertente. Eppure il mio video, in meno di 24 ore, sul profilo di mia figlia, ha registrato 130.000 visualizzazioni e quasi 30.000 like.
L’esperimento mi ha quindi riportato alla realtà professionale: per conseguire un risultato simile attraverso una Radio locale che sforzi sarebbero stati necessari?
Ma la riflessione immediatamente successiva è stata: la Radio deve proprio competere o vivere con l’apprensione dell’interazione con i vari Tik Tok che nascono e si moltiplicano prima che gli editori abbiano ancora compreso appieno il funzionamento degli antichi Facebook ed Instagram? Basta ascoltare gran parte delle trasmissioni radiofoniche di intrattenimento per percepire questa angosciante e costante frenesia social.
Non è forse più logico e semplice prendere atto che si tratta di due universi completamente distinti, che non ha senso abbiano interazioni stabili, cioè che vadano oltre l’estemporaneo rapporto di convenienza promozionale?
Un video del programma cult radiofonico La Zanzara di Giuseppe Cruciani su Radio 24 avrebbe successo su Tik Tok (con i volumi tipici di un tiktoker, beninteso)?
Con ogni probabilità no, perché l’utenza di Tik Tok non è interessata a quei contenuti.
E allora perché gli editori si ostinano a tentare sinergie social prive di logica? E’ vero che la multipiattaforma è un elemento essenziale nell’evoluzione radiofonica. L’abbiamo scritto e strascritto.
Ma questo non significa che la Radio debba perdere di vista il proprio ruolo e la sua natura intrinseca: quelli di un mezzo unidirezionale. Da uno a molti, per dirla in termini sociologici ed in particolare secondo il (pur superato) concetto di Marshall McLuhan.
Trasformarla in uno strumento many to many, riducendola al ruolo di amministratore/moderatore dei suoi utenti, sarebbe un’aberrazione. Ok, il many to one, che altro non è che il feed-back degli ascoltatori verso il medium (e per questo Facebook & C. come strumento di promozione ed interazione col pubblico vanno benissimo), ma non andiamo oltre nella contaminazione.
Perché forse al pubblico della Radio, quello in gran parte fatto da adulti ed in genere da coloro che al più di Tik Tok hanno solo sentito parlare, della comunicazione many to many frega marginalmente. Essenzialmente perché, se ascoltano la Radio, e’ perché dalla Radio vogliono selezioni musicali “umane”, informazione, intrattenimento, approfondimento. Rigorosamente one to many. Perché per il many to many ci sono i Tik Tok. (M.L. per NL)