La decisione della BBC di abbandonare l’intermediazione delle piattaforme distributive di Google per privilegiare l’app proprietaria BBC Sounds è un’iniziativa che secondo alcuni osservatori potrebbe risultare azzardata.
Un braccio di ferro simile a quello attuato dagli editori dell’informazione con Google News qualche anno fa, che però aveva dimostrato che limitare la distribuzione per difendere i propri contenuti dallo sfruttamento altrui sul web non sempre è una mossa lungimirante sul piano editoriale e commerciale.
Nel merito, è notizia recente che la BBC ha ritirato i propri podcast dalle piattaforme distributive di Google (Google Search, Google Assistant e Google Podcasts) per appoggiarle solo sulla app proprietaria BBC Sounds, rendendole comunque disponibili su altri vettori un mese dopo la loro pubblicazione.
I podcast musicali, i programmi e l’archivio di effetti sonori caricati sulla app (dovrebbe essere per ora esclusa l’informazione) sono pertanto da questo momento contenuti esclusivi di BBC Sounds, l’app lanciata nell’ottobre 2018 già scaricata da oltre 1,8 milioni di utenti.
Una pagina di domande e risposte (FAQ) spiega i motivi di questa mossa, fra cui, principale, rispettare i termini e le condizioni previste nella “BBC’s Distribution Policy”. Tali condizioni prevedono che i contenuti siano resi disponibili al pubblico più ampio, cosa che non accade attraverso alcuni servizi Google, in particolare Google Podcast e Google Assistant (Google Home) da cui non sono accessibili direttamente.
Questo della disintermediazione operata dalle piattaforme online più diffuse e dai nuovi servizi di assistenza vocale è un tema cruciale al quale abbiamo dedicato spesso attenzione su queste pagine, che ripropone un aspetto che nella discussione del copyright non è stato forse tenuto in dovuto conto: per i distributori dei contenuti, oltre alla remunerazione, è importante la visibilità (prominence), ma anche accedere ai dati generati dagli utenti durante la fruizione, essenziali per la costruzione di palinsesti e prodotti.
“Il valore strategico dei dati, ai fini della monetizzazione, ma anche della profilazione per lo sviluppo di servizi e prodotti è fattore competitivo cruciale, anch’esso, troppo spesso retaggio esclusivo dei maggiori OTT, come CRTV non ha mancato di sottolineare in tutti gli interventi istituzionali che hanno posto il problema della concorrenza e del level playing field con le multinazionali del web“, spiega Confindustria Radio Tv che alla decisione di BBC ha dedicato attenzione nel proprio bollettino.
BBC continua ad investire nella app BBC Sounds, introducendo nuove funzionalità quali la messa in pausa, il rewind ed il riascolto da dove si è interrotto anche degli streaming live (live restart) – tipico del modello della tv on demand come Netflix o Prime Video – oppure l’autoplay ossia la messa in fila dei podcast di episodi successivi di una serie per l’ascolto ininterrotto, oltre a raccomandazioni e messa in fila anche per il catch up (entrambi sono aggiornamenti previsti per utenti IOS e Android). Ma allo studio ci sono altre funzionalità quali track now playing, informazioni sui programmi live, la catalogazione dei contenuti live per categorie, oltre a supporti specifici studiati per le soluzioni connected car attraverso CarPlay (IOS), Android Auto and Chromecast.
La strategia dell’emittente pubblica per BBC Sounds – così come quella di molti player radiofonici che hanno deciso di limitare lo sfruttamento dei contenuti da parte di aggregatori di flussi streaming come TuneIn (cfr. intervista di NL a Lorenzo Suraci di RTL 102.5) – è di correre da sola quindi, spingendo e capitalizzando direttamente sul proprio marchio e le proprie funzionalità; ma anche di proporsi come app di riferimento per i podcast di altre radio.
L’ambizione è confermata nel piano annuale della BBC, ma ad oggi le trattative, aperte con i maggiori operatori, non si chiudono: le emittenti radiofoniche commerciali appaiono reticenti ad unirsi alla piattaforma, per ragioni, probabilmente, di opportunità (competitor) e visibilità. “Anche questo è un tema importante per il futuro della radio, che passa anche da una oculata distribuzione e dalla ricerca di una massa critica dell’offerta nazionale online“, osserva Confindustria RTV.
Più in discesa il percorso dell’altra iniziativa radiofonica del broadcaster britannico, Radioplayer, aggregatore e piattaforma tecnologica condivisa per la fruizione ibrida (cioè in multipiattaforma) dell’IP, dell’FM e del DAB+, tecnologia che nel Regno Unito vanta il primato di consumo (uno switch off “de facto” attuato dagli ascoltatori ancor prima di una congrua copertura del segnale e diffusione dei terminal): è questa tuttavia una vera e propria partnership, che a breve verrà replicata anche nel nostro paese attraverso la società Radio Player Italia, partecipata da operatori nazionali e locali. (E.G. per NL)