“Il ruolo crescente del video è evidente in tutto il settore radiofonico, dal momento che più organizzazioni si ridefiniscono come veri e propri fornitori multipiattaforma. Anche nel podcast il ruolo del video sta diventando sempre più importante“.
Così la rivista internazionale Radio World, che ha predisposto un ebook sulla visual radio, trend di cui il nostro Paese è stato apripista sin dalla seconda metà degli anni ’90 con le esperienze di RTL 102,5, Radio Radio e Radio Italia, emittenti che oggi, non a caso, raccolgono i maggiori frutti dal mutato quadro d’ascolto.
In questa edizione Radio World chiede alle emittenti, ai fornitori di tecnologia, agli inserzionisti ed agli esperti quali siano le tendenze del video ad impiego radiofonico e come queste stiano cambiando il modello stesso della Radio, anche sulla scorta delle esperienze italiane.
Oggetto dell’analisi, oltre ovviamente alla diffusione in multipiattaforma di contenuti audio radiofonici (necessità esponenzialmente cresciuta negli ultimi 4 anni con la progressiva scomparsa dei ricevitori FM nell’indoor), è l’aumento della richiesta di informazione anche visive da parte dell’utenza, mutuata dall’interazione con servizi di streaming on demand come Spotify e soprattutto YouTube, di metadati e contributi visual.
Richiesta che, come abbiamo avuto modo di esaminare più volte su queste pagine, è destinata ad aumentare in forma sempre più marcata con lo sviluppo delle connected car e degli smart speaker che, dopo la prima ondata costituita da device con la sola componente audio, integreranno sempre più spesso uno schermo/display per la veicolazione di informazioni accessorie, con particolare riferimento ai metadati dei brani musicali trasmessi.
E proprio in conseguenza dell’importanza della rintracciabilità sugli smart speaker di brand radiofonici, molti editori stanno realizzando la difficoltà ad essere sintonizzati sui device Echo di Amazon, molto più restrittivi di Google Home.
Se infatti anche in assenza di action specifica (cioè di una applicazione realizzata col fine di favorire la somministrazione attraverso gli smart speaker di Google di un dato contenuto), Home restituisce di norma il flusso streaming di una radio qualora presente sull’aggregatore TuneIn (che ha una corsia preferenziale sia sui device di Google che di Amazon), quest’ultima in molti casi risponde all’utente in senso negativo.
“Per ovviare al problema occorre dotarsi di una skill realizzata secondo specifiche fornite da Amazon, che la renderà disponibile solo una volta completato il processo di verifica e validazione”, spiega Massimo Rinaldi, ingegnere dell’Area Radio Tv 4.0 di Consultmedia (struttura di competenze a più livelli collegata a questo periodico).
“Peraltro le chiavi “avvia” e “lancia” rese disponibili da Amazon sono un po’ più intuitive del “parla con”, “fammi parlare con” e “passami” di Google (come evidenziato dal video demo che riportiamo, ndr)”, interviene Francesca Santucci, Smart Speaker Developer di 22HBG, tra le prime e più importanti società italiane specializzate nello sviluppo di skill ed action ad uso radiofonico.
Ma c’è un’altra, forse ancora più importante, motivazione che deve spingere gli editori a dotarsi di skill ed action: la possibilità di somministrare ai propri utenti gli importantissimi podcast, l’area di sviluppo del mercato pubblicitario ed editoriale radiofonico più promettente.
“Senza skill ed action, l’ascolto mediato dagli aggregatori sugli smart speaker (quando possibile) è limitato al live streaming”, sottolinea Rinaldi. “Come Consultmedia, il piano di lavoro Radio Tv 4.0 per il prossimo biennio è quello di approfondire tutti gli aspetti connessi all’utilizzo degli smart speaker come ricevitori radiofonici. C’è tantissimo da lavorare, anche in considerazione del fatto che è ormai chiaro che oltre che sugli smart speaker, anche sulle automobili la modalità di selezione preferenziale delle stazioni radio entro cinque anni sarà quasi esclusivamente di tipo vocale“, continua l’ingegnere.
“Ciò significa lavorare sul posizionamento sulle varie piattaforme dei flussi streaming ma – in diversi casi – anche sul nome delle stazioni (criticità già rilevata anche negli USA, ndr). Non basta infatti essere presenti più o meno efficacemente su tutti gli aggregatori; bisogna essere rintracciabili facilmente da parte dell’utenza. Negli ultimi tre anni abbiamo determinato l’approdo sul DTT di quasi il 50% delle visual radio oggi presenti. Entro il 2022 vogliamo poter dire la stessa cosa di skill ed action delle radio italiane”, conclude Rinaldi. (E.G. per NL)