Radio 4.0. In UK per la prima volta l’ascolto digitale supera quello analogico. Ma la qualità sonora del DAB+ lo limita

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Radio Joint Audience Research (acronimo RAJAR, l’organismo ufficiale incaricato di misurare l’audience radiofonica nel Regno Unito, di proprietà della BBC e di Radiocentre, espressione dei player commerciali) ha diffuso le cifre a riguardo dell’ascolto radio in UK per device, certificando un sorpasso storico: la radio numerica (DAB, DAB+, IP, DTV, sat) è passata dal 49,9% nell’ultimo trimestre del 2017 al 50,9 nei primi tre mesi del 2018.
La migrazione starebbe addirittura inducendo il governo a valutare ipotesi di incentivazione all’abbandono delle diffusioni analogiche, anche se nessuno si azzarda a proferire il termine switch-off, dopo la deludente esperienza norvegese, che i detrattori sostengono abbia condotto ad un generale calo dell’ascolto radiofonico nazionale (solo le reti nazionali sono passate al DAB+) a vantaggio dei servizi di streaming on demand, della tv e delle emittenti locali rimaste in FM.
Bob Shennan (all’anagrafe Robert Duncan James Shennan), radio executive della BBC, è netto sul punto: “Antuie (soprannome della BBC, ndr) non ha fretta di concludere la migrazione e quando ciò accadrà la piattaforma prevalente potrebbe non essere il DAB“. Che pure è la piattaforma dominante, posto che traghetta il 36,8% dell’ascolto radiofonico ed addirittura il 72,2% dell’ascolto digitale, a fronte del 9,3% di tutta l’audience e del 18,3% di quella digitale totalizzata dai device IP e del 4,8% di tutto l’ascolto e del 9,4% dell’ascolto digitale della radio attraverso la televisione (che da noi ha un’incidenza superiore).

D’altra parte il percorso di progressiva successione del DAB è stato lungo e doloroso: dal primo trasmettitore per Londra attivato nel 1995 dopo 5 anni di test e rivolto ad un’utenza irrilevante (i ricevitori nemmeno erano in vendita), fino alla copertura dell’80% della popolazione conseguita alla fine del 2003 ed aumentata di un ulteriore 5% l’anno dopo.
“La lentezza del processo è stata determinata, oltre che dall’indisponibilità dei ricevitori, anche dalla scarsa resa audio, ben lontana dalla dichiarata CD quality, nonché da una modesta offerta alternativa di quanto già presente in analogico (cioè oltre il symulcasting, ndr). Solo con l’avvento nel primo decennio del nuovo millennio dei programmi BBC 1 Xtra, 5 Live Sports Extra, 6 Music, BBC 7, della rete asiatica, del pacchetto Digital One (Planet Rock, Oneword e ITN News Radio) e dell’impegno formale delle stazioni analogiche ad effettuare uno sviluppo in digitale a fronte di un’estensione delle licenze automatica per 8 anni, le cose hanno iniziato a cambiare“- spiega il portale UK The Register -.

“Nel frattempo un’accorta politica di pressione sui produttori di ricevitori ha condotto alla vendita di apparecchi sotto la soglia psicologica di £ 100 ed oggi la BBC copre il 97% della popolazione con i canali in DAB, con grande seguito per prodotti 6 Music, oggetto di paventata chiusura nel 2010 che determinò una protesta tale da far emergere la reale portata dell’ascolto, precedentemente sottostimato“.
Tuttavia i dati di Ofcom sulle vendite dei device DAB mostrano un sostanziale stallo dal 2010 al 2016, con 1,9 milioni di ricevitori venduti tra il 2010 ed il 2013 per poi scendere progressivamente da 1,8 nel 2014, 1,7 nel 2015 e 1,6 nel 2016. E’ un dato di fatto che le vendite dei ricevitori per la radio digitale via etere stanno diminuendo in UK secondo alcuni osservatori qualificati, come The Register, a causa delle non eccellenti performance sonore: “Dopo gli esordi, con l’avvento di altre stazioni, i bitrate sono scesi per accogliere più canali nel medesimo mux (la stessa Radio 3 non godeva di un bitrate abbastanza alto per garantire un suono di migliore qualità).

La maggior parte delle altre stazioni di musica della BBC poi operava a 128 Kbps, mentre altri contenuti non erano nemmeno diffusi in stereofonia. Lo standard DAB+ offre qualche speranza in più, in quanto utilizza la codifica HE-AAC più performante, ma i servizi che lo sfruttano sono ancora limitati“.
Tuttavia il problema non è solo quello della qualità sonora: la capacità trasmissiva è palesemente insufficiente: “Non ce n’è abbastanza per far migrare tutte le attuali stazioni analogiche”, continua The Register, che evidenzia il fiato sul collo del DAB proveniente da altri vettori digitali, come il satellite e soprattutto Internet, che può garantire spazio infinito a quei nuovi contenuti originali che possono convincere l’utente a non cedere alla corte di Spotify & C.

Eppoi c’è nuovamente il nodo gordiano dei ricevitori: “Negli ultimi anni il DAB ha finalmente raggiunto una ragionevole penetrazione delle famiglie inglesi, con il 62,3 per cento degli adulti che hanno dichiarato di possedere ricevitori digitali – attesta The Register –, che però ora dovranno essere in gran parte sostituiti”. Ma quanti utenti saranno disposti a farlo con l’avvento di smart speaker come Google Home o Amazon Echo che garantiscono una qualità audio indubbiamente superiore e capacità trasmissiva virtualmente infinita per veicolare contenuti eterogenei attingendo agli aggregatori come TuneIn (che ha stretto accordi con Google ed Amazon) o alle soluzioni brand bouquet?
Certo, si potrà obiettare che il discorso è oggettivamente valido per l’indoor mentre per l’ascolto mobile nel Regno Unito il DAB rimane l’unica alternativa realmente valida alla FM, in considerazione della sua presenza su 11 milioni di vetture (pari al 33% del parco auto UK) e dello sviluppo ancora limitato delle connected car (legato all’incedere del 5G).
Proprio per questo motivo la soluzione da adottare in UK, ma in generale nel mondo, per il prossimo decennio non può che consistere nella hybrid radio FM/DAB+/IP, in attesa della successione, non traumatica, con il vettore unico (IP). (M.L. per NL)

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