Una decina di giorni fa il gruppo statunitense Entercom ha annunciato la propria decisione di eliminare dalla popolare piattaforma aggregatrice di flussi streaming radiofonici TuneIn (la più importante al mondo) le proprie emittenti.
La decisione di uno dei tre colossi radiofonici (gli altri sono iHeart e Cumulus), di cui abbiamo parlato più volte a seguito dell’acquisizione della CBS Radio, discende dalla ritenuta pericolosità di favorire la crescita di un bouquet IP non di proprietà e che sviluppa una raccolta pubblicitaria senza retrocessione alcuna alle emittenti, ancorché a sua volta non chiede nulla per la veicolazione.
A seguito dell’estromissione, i flussi streaming di Entercom saranno resi disponibili alla propria utenza attraverso una piattaforma di proprietà (Radio.com), sul sito web e attraverso le singole app delle stazioni di proprietà.
David Field, CEO di Entercom, ha dichiarato: “Ci impegniamo a fare di Radio.com un leader nel digital audio“.
Una decisione, quella del broadcaster USA che giunge in un momento particolarmente critico della storia di TuneIn, che ha da poco incaricato una banca di affari di verificare ipotesi strategiche per il proprio futuro, non escludendo addirittura la vendita.
Le tensioni con i principali broadcaster che accusano TuneIn di sviluppare il proprio business commerciale (digital audio in preroll e midroll) su contenuti terzi senza retrocedere nulla ai produttori e che temono un consolidamento di un ascolto streaming mediato da una piattaforma di proprietà, così come la fortissima concorrenza determinata da sistemi di streaming on demand come Spotify, Pandora o You Tube Music, rischiano di minare alla base la struttura stessa dell’aggregatore che se registrasse importanti defezioni potrebbe ridursi ad un collettore di radio minori con seri dubbi della sostenibilità del suo business.
Ma uscire da TuneIn, è una scelta strategicamente vincente?
“Occorre ridurre la dipendenza dagli aggregatori terzi, ma uscire dalla piattaforma è sbagliato”, commenta James Cridland, futurologo della radio il cui pensiero più volte abbiamo ospitato su queste pagine.
“La maggior parte delle entrate delle radio proviene dall’ascolto radiofonico, non dalle attività web. Se si aumentano del 10% le ore totali di ascolto, grosso modo aumenteranno di una percentuale analoga le entrate – continua Cridland -. PwC ha pubblicato un report sulle previsioni di crescita della radio nel mercato australiano, annotando una sensibile crescita per le attività su Internet; pur tuttavia nel 2022 esse rappresenteranno solo il 17% del totale delle entrate. In altri termini, la migliore strategia finanziaria per un editore rimane quella di aumentare gli ascolti assoluti (cioè la somma degli stessi, ndr) presidiando il maggior numero di piattaforme”.
E TuneIn, non va dimenticato, è oggi la corsia preferenziale per la fruizione degli streaming radio attraverso smart speaker (Google Home ed Echo di Amazon in testa) e smart tv, che costituiscono un presidio essenziale, al contrario delle app dedicate delle singole stazioni che, come abbiamo già avuto modo di valutare, si sono fin qui tradotte in un sostanziale fallimento.
“È improbabile che i team delle singole emittenti abbiano le medesime facilitazioni nel dialogare con le strutture di ingegnerizzazione dell’automotive nell’ambito della gestione dell’entertainment delle connected car – continua Cridland -. E poi, quando la stazione sarà stata rimossa da TuneIn, cosa faranno gli ascoltatori? Quanti andranno a scaricarsi l’app piuttosto che sintonizzarsi su un’altra stazione concorrente presente su TuneIn? In fondo sono ben poche le emittenti che non hanno competitor… Costringere gli ascoltatori ad abbandonare un’app che hanno scelto (presumibilmente per una ragione) è certamente un temerario test di fedeltà al brand.
Inoltre, costringere gli ascoltatori a scegliere un’app probabilmente peggiore è una scelta discutibile: TuneIn su Apple Store ha una valutazione di 4.6; l’app Radio.com di Entercom ha una valutazione di soli 2,7. Su Android, l’app di Radio.com ha una revisione media di 3,5, mentre l’app di TuneIn ha una revisione media di 4.4. Perché quindi un utente dovrebbe preferirla?“, conclude il futurologo radiofonico.
Per Cridland l’imperativo è quindi uno solo: “Rendere disponibile lo streaming su ogni singolo dispositivo e su ogni piattaforma disponibile“. (E.G. per NL)