Nell’ambito delle recenti attenzioni dedicate da NL allo sviluppo della Radio IP, abbiamo incontrato il fondatore dell’interessante progetto Poli.Radio, innovativa stazione nativa digitale, Emanuele Campagnolo, trentenne appassionato da sempre di radio, ora in forza ad un importante gruppo nazionale, al quale abbiamo rivolto numerose domande di natura tecnica, stante la sua competenza specifica (è un professionista applicato alla materia).
(Newslinet) – Sappiamo che da sempre sei un grande appassionato di radio: la prima volta che ci siamo incontrati stavi auto-costruendo uno sfumino. Da dove nasce l’idea di Poli.Radio?
(Emanuele Campagnolo) – Quella dello sfumino quasi me la stavo dimenticando; mi fa sorridere ricordare quella giornata: era la prima estate di Poli.Radio e stavamo effettuando dei piccoli upgrade tecnici nel primo studiolo della diretta. La radio era nata appena sei mesi prima anche se il progetto esisteva già da un anno. Sarò sincero, questa “versione integrale” non l’ho mai raccontata in modo ufficiale prima d’ora. L’idea di Poli.Radio nasce a febbraio del 2007 da un sentimento profondo, anche negativo, uno di quelli che quando arriva non ti abbandona più finché non reagisci: la nostalgia. Quando un ragazzino a 12 anni inizia per gioco a fare il dj nelle radioline di quartiere in Sicilia, si ritrova a 18 anni catapultato a Milano e sommerso dal mondo universitario, ad un certo punto sente che manca qualcosa sotto ai piedi.
Dopo aver ricevuto dei “no” dai grandi network alle mie candidature spontanee e aver scoperto e studiato il fenomeno appena nato delle radio universitarie italiane, ho scritto un post su un forum di studenti del Politecnico proponendo l’idea. E a quanto pare a un bel po’ di studenti è piaciuta. È stato quindi fondato un gruppo studentesco, elaborato un progetto ufficiale, un primo business plan e presentato il tutto alla commissione per le attività studentesche: è andata bene, a luglio avevamo i finanziamenti, a novembre abbiamo ricevuto i locali e poco prima di natale abbiamo inaugurato le trasmissioni.
Se volete saperla tutta, siete entrati in studio ad ammirare lo sfumino-sperimentale pochi mesi dopo e una di quelle radio nazionali che mi avevano risposto con un “no”, qualche anno dopo mi ha assunto come tecnico audio. La vita in fondo è bizzarra ma bella anche per questo.
(NL) – Un maniaco dell’audio come te non può che avere investito per la sua radio per avere il massimo della qualità. Come è equipaggiata Poli.Radio? Raccontaci le tue scelte.
(EC) L’investimento è fondamentale, sicuramente in termini di tempo e attenzione e, quando capita e se ne ha l’opportunità, magari anche in termini economici, anche se il principale finanziatore è proprio il Politecnico di Milano. Poli.Radio ha sede all’interno del campus Leonardo del Politecnico di Milano, occupa il primo piano di una palazzina indipendente dove c’è la redazione, luogo d’incontro per l’associazione e lo studio principale di diretta, totalmente analogico, con attrezzature storiche, ereditate anche da grandi radio del passato e mantenute ancora in vita dai singoli studenti. Si passa da un mixer Soundcraft Series 15 a microfoni SE Electronics, processori DBX e Symetrix, ibridi telefonici, cuffie Beyerdynamics e catena di processo per l’ascolto interno autoconfigurata e tarata. Il sistema di automazione è Rivendell, su piattaforma Debian e mondata internamente per la gestione di script e automazioni. Il processo finale è dato da StereoTool, che in aggiunta a silence detector, logger ed encoding verso Icecast (su server proprietario) chiude la catena di emissione ed è tutto linux based e auto-compilato. La saletta al piano terra invece è nata come ripostiglio per le attrezzature da esterna e come laboratorio tecnico e nel giro di un anno è stata destinata a diventare il secondo studio della radio ma partendo con un approccio totalmente digitale. Approccio che ha aperto alla sperimentazione e al progetto di digitalizzazione di tutta la palazzina, con sistema Axia e protocollo Livewire+ AES67, microfoni dinamici AudioTechnica, console dj Denon e Serato DJ di supporto agli host. Nel progetto di migrazione al trasporto dei segnali over-ip la catena di processo prevedrà Omnia come stadio finale ed encoding.
(NL) – Poli.Radio è una radio vivace e attiva, non solo una playlist che gira o delle prove.
In onda infatti ci va chi ha fatto rodaggio fuori microfono per un po’, giusto?
(EC) – Non sbagliate, ma ci sono due idee di pensiero che si sono fatte strada in parallelo, negli anni. I primi anni, nei quali mi occupavo della direzione artistica, organizzavo delle simulazioni di diretta a casa mia, ad orari improbabili, in un piccolo studio allestito nella cabina armadio, con un microfono, due cuffie e un pc. Questo ci è servito tanto per prepararci alle situazioni più critiche di una messa in onda di 24 ore su 24, 7 giorni su 7. E ne ha giovato man mano che riuscivamo ad aggiornare e potenziare la struttura tecnica all’interno dello studio al Poli. Negli ultimi anni la palestra reale è diventata lo studio di messa in onda nelle fasce più disponibili per i studenti appena entrati in radio, fasce che erano meno considerate dal palinsesto e dagli ascoltatori, e che adesso hanno acquisito anche un buon seguito e, malgrado siano frequentate da nuove leve, anche una buona fidelizzazione. Posso comunque confessare che, per quanto l’onda sia la migliore palestra per un appassionato alle prime armi, tralascia molti dettagli che andrebbero approfonditi in un sistema di formazione anche fuori microfono, e non nego di avere un progetto per i ragazzi che riguarda proprio questo. Spero di poterne parlare prossimamente, appena sarà partito.
(NL) – Come è organizzata la proposta di Poli.Radio e quale la sua missione?
(EC) – Poli.Radio è una radio IP nativa, con un anima musicale che segue il formato Adult Album Alternative e schiaccia l’occhio al formato anglosassone Xtra (Urban Contemporary) nelle ore notturne. È autogestita e programmata da studenti, che ne ricoprono i ruoli direttivi e le figure artistiche e tecniche in tutte le sue sfaccettature. La missione è legata alla vita studentesca, essendo un’associazione formata da tali, che possa essere da un lato un punto di incontro e di sfogo dove poter esprimere la propria passione, musicale artistico o culturale che sia, e dall’altro un laboratorio incentrato sulla ricerca e sviluppo tecnico-informatico, che possa realizzare idee e progetti che si studiano e teorizzano nella vita politecnica di tutti i giorni.
(NL) – E per questo fate anche molti live con i gruppi…
(EC) – La musica è fondamentale, se non ci fosse stata quella, credo che Poli.Radio non sarebbe mai partita. Al contrario di altre realtà universitarie, dove il centro di tutto è un progetto editoriale mirato sull’informazione, al Poli la musica la fa da padrona. I live in studio sono stati la prima scommessa tecnica complessa attuata già nella prima settimana di trasmissioni, a dicembre 2007. Il format in questione è Soundcheck, e da 11 anni ospita band e artisti in studio a chiacchierare e suonare dal vivo. Se dovessi fare una lista dei nomi “sconosciuti” di qualche anno fa arriveremmo facilmente alle vette delle classifiche di oggi e anche a quei commenti sui social sugli artisti sanremesi che citano “ma chi sono questi?”. Ecco, e lo dico sorridendo, credo che Poli.Radio potrebbe raccontare un po’ di aneddoti a proposito.
(NL) – …. e capita di trovare Poli.Radio a qualche evento e animazione a Milano.
(EC) – Una delle cose che ammiro di più e sulle quali forse avrei scommesso poco, se avessi ancora 19 anni. Gli eventi ci sono sempre stati, inizialmente quelli legati al Politecnico, in seguito anche altre grandi piazze e brand anche di forte impatto commerciale. La musica ti spinge ovunque, c’è poco da fare. È attrazione magnetica ed è un’emozione forte vedere ragazzi che inseguono la musica in giro per gli eventi di mezza Italia. Ogni estate siamo in rappresentanza in giro per molti festival, a raccogliere impressioni e realizzare contenuti con gli artisti. Lato tecnico posso confessare che nelle ultime estati ho visto più video e audio dei festival da produrre e pubblicare che spiagge su cui poter prendere il sole.
(NL) – Poli.Radio è l’auspicata palestra per giovani talenti. Sappiamo che molti dei ragazzi cresciuti qui hanno poi trovato una collocazione nel mondo della radio e della tv.
(EC) – Sì, credo che se segui la tua passione, e ci credi davvero, si mettano in moto quelle energie che le cose poi le fanno accadere realmente. Molta gente che è passata da Poli.Radio ha poi coltivato e realizzato a livello professionale quelli che potevano essere i propri sogni nel campo radiofonico, televisivo o redazionale. Alcuni conduttori hanno scritto e pubblicato romanzi, in Italia e anche all’estero, hanno intrapreso carriere di speaker in radio locali o di lettori e doppiatori pubblicitari. C’è chi ha seguito la direzione di progetti radiofonici dal punto di vista artistico, chi si è occupato di redazione e produzione di programmi oggi lavora in network italiani e diversi tecnici lavorano tuttora in aziende che si occupano di progettazione e sviluppo tecnologico Audio e IT per il broadcast, a supporto di molte realtà radiotelevisive italiane.
(NL) – Che ne pensi del mondo della radio digitale e come pensi sarà la radio tra 5 anni?
(EC) – Se per radio digitale si parla di DAB+ posso dire che la vivo quotidianamente, affiancato all’FM ma non sono sinceramente così entusiasmato da una tecnologia che, seppure si stia finalmente affacciando anche in Italia, vedo molto superata da altre possibilità che devono invece ricevere a mio avviso più attenzioni. Il concetto più rispettoso è quello di ibridazione: l’utente non deve preoccuparsi di “come” riceve l’informazione ma di riceverla in primis. Ecco dove saremo tra 5 anni. Oggi siamo tutti d’accordo che dovremmo concentrarci su ciò che utilizziamo quotidianamente e come da ciò trarne il meglio. Ben Cooper lo aveva consigliato già quattro anni fa: “occupiamoci dei dispositivi che abbiamo in tasca” (cit.) e infatti BBC lo ha fatto. La loro piattaforma “Sounds” presentata qualche mese fa parla chiaro. È lì che l’utente punta. Contenuti distribuiti e indipendenti da un flusso lineare, podcast, playlist, sistemi di self-scheduling, smartphone e smart speaker. Siamo immersi e sommersi dall’on-demand.
Non possiamo far finta che questo non sia ciò che vogliamo, al momento in cui lo stiamo già usando.
(NL) – Da quasi millennial, cosa consigli a tutti i ragazzi che iniziano a pensare al ‘’fare la radio’’ come una possibilità?
(EC) – Credo che oggi la radio sia il territorio adatto a chi sta pensando di fare radio, perché la storia contemporanea racconta di un cambiamento tecnologico ma soprattutto culturale in atto, che quindi va cavalcato con le idee e le possibilità contemporanee. Quello che mi insegna ogni giorno Poli.Radio è che l’ultimo arrivato è sempre quello che tira fuori dal cappello l’idea geniale, che ovviamente sarà acerba e un po’ fuori dal contesto, ma può essere completata e implementata al meglio unendo l’idea futurista con l’esperienza tradizionalista. Ciò che è stato e che è va studiato e imparato, copiato e approfondito. Ciò che sarà, parte da oggi. E l’oggi va considerato come una grande possibilità e un grande investimento.
(NL) – Ultima cosa, dove possiamo ascoltare Poli.Radio.
(EC) – Ben Cooper ti direbbe “nel tuo smartphone”! E in effetti è vero. Potete ascoltarla da pc e mobile, su Poliradio.it, su TuneIn, su FM World, chiedendo a Google Home o ad Alexa, in live streaming su Twitch, in podcast su Mixcloud, Anchor, Spotify, Apple e Google Podcast e attraverso i singoli contenuti su tutti i social: Facebook, Instagram, YouTube, Twitter. Ah, su Spotify ci sono anche le playlist musicali ufficiali, da non tralasciare. (E.G. per NL)