Tra radio e automobile c’è da sempre un rapporto d’elezione, che dimostra di non tramontare neppure con l’evoluzione dall’FM alla digital radio via etere (DAB+/HD Radio) e all’IP Radio (l’hybrid radio, in sostanza).
Secondo alcuni esperti, però, perché questo rapporto privilegiato resti tale, forse la radio deve cominciare ad adattarsi, spostando il proprio focus dal sonoro al visuale: in altre parole, la radio deve cominciare a preoccuparsi di “come si vede”, oltre che di “come suona”. Anche in automobile.
In un recente webinar realizzato per la NAB (Associazione Nazionale dei Broadcasters statunitensi) intitolato “Il futuro della radio in auto: best practices per una corsa al digitale”, è intervenuto Fred Jacobs, presidente della Jacobs Media – una delle maggiori società di consulenza per radio e televisioni americana – illustrando una panoramica dei mercati della radio FM, che raccoglie le informazioni che passano sui display delle autoradio, sia HD, sia RDS (siamo negli USA, nb); in una la fase intermedia dell’evoluzione del medium, quella che viene dopo l’FM/AM analogica ma che precede il “totally IP” tipico delle connected car post hybrid radio.
Questa panoramica “ci ha aperto gli occhi – ha detto Jacobs –molte delle informazioni sono state caricate anni fa, spesso senza l’aiuto di un direttore dei programmi, ma a cura del proprietario originario”.
Dall’analisi della panoramica, Jacobs ha tratto otto buone regole da seguire per far si che la radio in-car si sviluppi con successo nell’era digitale e le ha elencate durante il webinar.
La prima delle best practice, secondo Jacobs, è un cambio di paradigma nell’organizzazione del lavoro: l’implementazione della radio in-car richiede la collaborazione di ingegneri, programmatori e anche direttori delle vendite, perché le informazioni video che compaiono sul display hanno un’importanza cruciale soprattutto per i messaggi commerciali. Non ci si deve dunque limitare a rendere riconoscibile un brano, un artista o una trasmissione, bensì si possono fornire informazioni utili che rendano più pervasiva ed interattiva la pubblicità, cogliendo “opportunità non ancora sfruttate per lanciare il proprio brand”.
Alla riorganizzazione del lavoro, deve accostarsi una standardizzazione dell’utilizzo dello spazio: i display RT sfruttano campi da 64 caratteri, fin qui usati per mostrare titolo dei brani e nome dell’artista, ma che con un uso degli spazi più razionalizzato e un’accurata rimozione di note e metadati non utili, può essere efficacemente utilizzato per mostrare altre informazioni, ad esempio i nomi di chi presenta o degli ospiti nelle trasmissioni.L’impressione a video dei nomi di chi “fa” la radio, sostiene poi Jacobs, è cruciale: “Il maggior investimento di capitale di una stazione radio, solitamente, è nelle voci e nelle trasmissioni. Eppure queste sono in massima parte escluse dalle informazioni che passano sui display. In questo modo la radio dimentica di promuovere se stessa, nel modo accurato ed efficace con cui invece promuove artisti e case discografiche”.
La necessità di rendere visuali i contenuti (ad esempio mostrando i nomi delle trasmissioni e di chi le presenta) è un grande incentivo ad organizzare i palinsesti radio secondo una programmazione meglio definita, best practice che a volte manca soprattutto nelle c.d. “radio parlate”, dove si passa in maniera fluida da un contenitore all’altro. Secondo Jacobs, invece, la demarcazione è importante per accrescere il valore del contenuto.
Oltre che per le trasmissioni, poi, il display può avere un ruolo fondamentale per l’offerta commerciale. Durante la pubblicità, sottolinea con forza Jacobs, è importante mostrare sul display il numero di telefono collegato ad un brand, negozio o venditore: dall’analisi della ricerca sarebbe infatti emerso che questo incentiva gli ascoltatori a chiamare per avere ulteriori informazioni sull’annuncio.Per quanto riguarda la musica, invece, bisognerebbe migliorare l’identificazione dei generi: la ricerca ha rilevato come l’hip-hop sia classificato come R&B da alcune radio, come “other” (cioè “altro genere musicale”) da altre. La mancanza di chiarezza e uniformità nell’utilizzo degli ID format non è accettabile e deve essere superata.
Lo sforzo richiesto, però, non può essere solo lessicale: la presenza degli schermi HD, che possono mostrare anche immagini a colori, rende necessario un lavoro grafico e artistico professionale, sia da parte delle radio, sia di chi crea le inserzioni pubblicitarie.
Infine, considerando la presenza di display HD multicast, è opportuno uniformare l’immagine delle radio su tutti i canali (HD2 e HD3), non solo su quelli HD1. Un ottimo esempio, secondo Jacobs, è quello di WIP a Philadelphia: la radio trasmette le trasmissioni all-news di KYW 1060, identificandole correttamente con logo e testo anche sui canali HD2. (P.B. per NL)